Genitori Tosti , l’accessibilità (anche digitale) e il Comune di Verona

“Le nostre pagine, naturalmente, sono aperte a ogni motivata replica e precisazione da parte, nello specifico, della stessa Amministrazione Comunale di Verona. (S.B.)”

Terminava così il bell’articolo pubblicato su Superando lo scorso 25 agosto per raccontare la denuncia di Genitori tosti sui bagni per persone con disabilità installati in  un parco nella città di Verona, inaugurato  lo scorso agosto, il cui restyling è stato finanziata dalla Banca d’Asti.

L’amministrazione scaligera non si è fatta sentire, nè pubblicamente nè in privato, e nessuno, a parte l’associazione Genitori Tosti e l’osservatorio territoriale Verona Polis, ha mai più commentato l’accaduto.

L’associazione Genitori Tosti ha pensato allora di richiedere al  Comune di Verona l’istituzione di una commissione congiunta tra commissione urbanistica e sociale per affrontare il tema del PEBA(piani di eliminazione dele barriere architettoniche) esteso a tutta la città e soprattutto applicato prevedendo una progettazione “a monte”, in modo da non vedere mai più simili interventi di… inaccessibilità. L’accessibilità non riguarda solo un assessorato o un ufficio di un Comune, ma deve comprendere l’intera amministrazione: ogni qualvolta viene predisposto un intervento anche solo un evento, questo deve essere accessibile – per esempio: quanti eventi, che hanno anche il patrocinio o il contributo di un Comune includono davvero le persone con disabilità? Sono davvero tutti attenti affinché ci siano gli ingressi accessibili, i sottotitoli o le audiodescrizioni o gli interpreti LIS o, più “banalmente”, parcheggi dedicati vicinissimi all’ingresso e bagni accessibili?

Pensiamo perciò a quando un Comune deve riqualificare un’area o ristrutturare o persino costruire ex novo: tutto deve essere accessibile e quindi implica che esista un esperto o un gruppo di esperti che “faccia il tagliando dell’accessibilità” all’intervento, altrimenti avremo opere pubbliche che discriminano le persone perché non accessibili.

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Buon compleanno Jacopo

Per la prima volta, come associazione, abbiamo affrontato un evento solidale nei confronti di una persona.

Di solito abbiamo fatto raccolte fondi per progetti (Barriere mai più per finanziare attrezzature, ausili e quanto sia necessario per rimuovere e abbattere le barrierenei luoghi pubblici) o per cause, come quella per il recupero di un’area degradata alla periferia della Città di Verona.

Poi succede che, dopo 18 anni di battaglie con la propria asl, ancora ti viene detto che l’ausilio non esiste, non si trova e che la famiglia si deve arrangiare, a epilogo di 5 anni in cui siamo stati tenuti in sospeso. 5 anni per un ausilio di base come la sdraio da doccia!

E allora, anche convinti dalla competenza della nostra responsabile della sezione di Valeggio sul Mincio, Amelia Dessì, abbiamo preso parte a quest’avventura, che si è rivelata davvero istruttiva per molti aspetti e ci ha donato gioia e tanta energia.

Innanzitutto c’era la voglia di fare una festa come accade a chiunque, per i 18 anni del proprio figlio.

Ma tutti noi “genitori tosti”, sappiamo che i nostri figli non riescono ad avere amici a causa sia della vita che i servizi li costringono a fare (quanti di loro hanno un orario scolastico ridotto perché devono fare le terapie?) e poi perché a causa delle innumerevoli barriere, non solo architettoniche, i nostri figli non fanno una vita come i loro coetanei normodotati, che possano andare dappertutto e praticano qualsiasi sport o hobby.

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Niente Giardino d’estate nè bagno se sei persona disabile a Verona

Il Comune di Verona sta approntando una serie di interventi volti a riqualificare tante zone in degrado o a lungo non mai manutentate dell’area urbana.

Una di queste zone è l’ex Sporting club vicino al quartiere San Zeno e a Corso Milano, un’area di 4000 mq che è stata riconvertita a spazio per giochi e aggregazione.

Nel 2022 è stato siglato un patto di sussidiarietà tra il Comune e il comitato “Bacanal del gnoco” che se ne sarebbe occupato.

Poi con l’intervento dell’amministrazione è comparso uno sponsor privato (Banca D’asti) che ha permesso di installare le pavimentazioni antitrauma e i bagni.

Avendo noi GT l’occhio clinico subito ci siamo domandati chi avesse progettato e realizzato i lavori per questi bagni che, come si vede dalla foto 1 sono stati effettuati da qualcuno che non sa assolutamente che cosa sia l’accessibilità.

Abbiamo fatto notare la cosa sul profilo FB dell’assessore deputato che a quanto pare è responsabile di questa riqualificazione, il quale ha prontamente risposto dicendo che la foto da lui messa su Fb risale a “lavori in corso” e che i lavori finiti sono quelli che si possono osservare nella foto 2.

Chiunque, a partire dalle persone in sedia a rotelle e a salire poi ad architetti, progettisti etc ha avuto un moto di ribrezzo: la pedana non è norma, non ha la giusta pendenza e quindi è invalicabile e poi è impossibile aprire la porta (che per le toilette per persone disabili dovrebbe essere scorrevole) ed infine rimane la grandissima barriera dei prefabbricati per cui c’è un’ulteriore barriera costituita dalla cosiddetta lama della porta – chi bazzica i prefabbricati sa di che cosa stiamo parlando.

A completare la versione inaccessibile da manuale, per eccellenza, di quello che è un bagno destinato alle persone disabili è il ghiaino del suolo: non solo il ghiaino ma pure il suolo irregolare con depressioni e rigonfiamenti che è come l’anticristo per chi è in sedia a rotelle anche se motorizzata! Il ghiaino è ovunque, dall’ingresso in poi, come si può evincere dal video fatto dall’architetto e socio GT Giacomo Albertini.

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Che cosa significa l’emergenza di un genitore anziano, nel 2023, in una regione modello.

Ospitiamo sul nostro blog di familiari /genitori di figli con disabilità e quindi caregiver familiari la testimonianza della nostra associata Gaia Perniceni dalla Lombardia, che ringraziamo per il tempo dedicato nello scrivere.

Il tutto ci fa riflettere sull’organizzazione dei servizi, quelli che dovrebbero alleggerire il carico assistenziale di noi caregiver familiari.

Stiamo parlando della regione più  più popolosa d’Italia che ha già la legge regionale per il caregiver familiare (recentemente approvata) e vanta un modello sanitario all’avanguardia. Eppure pratiche considerate abusanti si consumano tutt’oggi, con la giustificazione della mancanza di personale e quindi di soldi,  giustificazione che sappiamo essere una giustificazione fuori luogo e perseguibile.

Lo scorso gennaio mio padre è caduto dalle scale ed è stato ricoverato, e dopo qualche giorno operato, per trauma cranico. I soccorsi sono stati veloci e il reparto di neurochirurgia molto efficiente dal punto di vista medico. Hanno salvato mio padre e un ringraziamento a medici, infermieri e volontari che sostengono la sanità pubblica è d’obbligo.

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Che fine stiamo facendo noi caregiver familiari italiani?

Non solo una replica a questo post di Simona Lancioni, ma un’occasione per affrontare i nodi fulcrali della questione intorno alla legge sul riconoscimento del caregiver familiare.

Una pronuncia che riguarda una lavoratrice part-time, di ente pubblico, unica caregiver di due familiari disabili e conviventi, sarà senza dubbio emblematica, ma la realtà dei caregiver familiari (e non) in Italia è assai più complessa. Se io non lavoro perché assisto h 24 mio figlio dalla nascita e sono coniugata, non rientro nella casistica contemplata dalla pronuncia. Così come se lavoro ma non per un ente pubblico, così come se assisto un solo congiunto. Quindi quella pronuncia, per quanto altisonante (l’ONU!) per me e per decine di migliaia di caregiver familiari italiani non vale. 

Reso il concetto? 

Le tutele per i caregiver familiari devono comprendere tutto ciò che riguarda lo status di lavoratore. L’assicurazione per infortuni, uno stipendio che ti permette di vivere dignitosamente, le ferie, la malattia, la pensione – il che implica che ad una certa età puoi riposarti finalmente e qualcuno prenderà il tuo posto. 

Il caregiver è un lavoratore, non sceglie di assistere ma vi è costretto per la lacuna esistente nel nostro sistema sociosanitario discendente da un vacuum normativo, e solo grazie a questo lavoro il familiare assistito e amato vive una vita dignitosa. 

Esiste di tutto, è vero, ma continuare ad insistere sugli abusi che potrebbero patire gli assistiti è qualcosa di malsano e offensivo nei confronti di chi si sacrifica in tutto e mai si sognerebbe di nuocere al proprio caro. 

Facciamo invece un check in di RSA e RSD di cui abbiamo quasi quotidianamente notizia di maltrattamenti ed abusi! Noi Genitori Tosti l’abbiamo detto fino a perdere la voce e l’abbiamo scritto nel saggio “L’esercito silenzioso”: attorno ai caregiver familiari va costruita una rete di servizi e operatori attraverso gli enti locali sia pubblici che privati, sui territori. E questa organizzazione dei servizi dovrebbe essere normata da una legge regionale, cioè ogni regione dovrebbe, in base alla legge nazionale, stabilire il protocollo sul proprio territorio. É chiaro che se la legge nazionale latita, le Regioni si trovano senza base di partenza e non si capisce perché per esempio la Conferenza Stato Regioni non abbia mai fatto pressione su chi di dovere per ottenere la legge nazionale. Da quando il nostro saggio è uscito (fine gennaio 2022) due Regioni hanno emanato la loro legge: Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Nel primo caso abbiamo letto della protesta di associazioni che non erano nemmeno state interpellate mentre nel secondo tutto tace. 

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