Che cosa abbiamo chiesto, noi GT, al Parlamento Europeo

Di seguito il testo (*) della petizione che abbiamo inviato al Parlamento Europeo a settembre 2021 che è stata accolta a fine marzo 2022.

L’effetto principale è stato quello dell’avvio di un’indagine per verificare che il nostro Governo avesse applicato ogni legge/direttiva e quant’altro in merito.

Vale davvero la pena rileggerne il testo, in un periodo in cui si parla di giustizia nel lavoro, di reddito minimo, di diritti dei lavoratori, di dignità delle persone, di pari opportunità,di politiche a favore delle donne e delle famiglie, di Europa.

Cogliamo anche l’occasione di augurare a tutti un sereno Natale.

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In Italia la Costituzione dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (art. 1).

La Costituzione, in Italia, dice anche che:

-Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (art.3)

– La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. (art.35)

– Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

– La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

– Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali

retribuite, e non può rinunziarvi.

– La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. (art.37)

Inoltre ricordiamo che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – OHCHR recita:

1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. (art.23)

– Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite. (art.24)

– 1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

– 2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale. (art.25).

In Italia esistono almeno un milione di persone che hanno rinunciato al proprio lavoro e quindi non hanno reddito, per prestare assistenza continuativa h24 ad un proprio familiare coabitante.

L’ordinamento giuridico italiano ha definito queste persone caregiver familiari in base a quanto scritto nel comma 255 della Legge Finanziaria del 2018.

Il 90% di queste persone sono di sesso femminile.

Nel caso di donne/mamme di persona non autosufficiente dalla nascita, accade che l’assistenza dura anche 40 e più anni. Queste donne non percepiscono nessuno stipendio per il loro lavoro di cura e non hanno nessun tipo di riconoscimento per cui i servizi sociali territoriali o centrali predispongano interventi di tutela, sostegno, affiancamento, formazione e nel caso di malattia, sostituzione con personale adeguatamente formato. Spesso rinunciano a curarsi perché non sanno a chi affidare il proprio caro così come non si riposano mai, nemmeno la domenica, nemmeno di notte.

Nel caso di morte del caregiver e nel caso in cui il caregiver sia tutto il nucleo parentale esistente, l’assistito finisce chissà dove, in quale struttura e assistito chissà come.

Lo Stato Italiano non è in grado di fornire strutture, servizi e personale per sostituire l’encomiabile lavoro svolto dai caregiver familiari al proprio domicilio, che non si limita solo all’accudienza, ma si occupa di qualsiasi settore della vita compresa l’istruzione se il proprio caro è in età scolare.

L’associazione Genitori Tosti In Tutti I Posti

chiede

che il Governo italiano riconosca i caregiver familiari italiani che hanno rinunciato al lavoro per assistere il proprio caro come lavoratori e quindi li doti di ogni tutela connessa a questo status che significa stipendio, malattia, ferie e pensione.

Al Senato è tuttora giacente la legge che dovrebbe dare questo riconoscimento ma lo Stato italiano attraverso i suoi organismi non intende riconoscere il lavoro di queste persone, dichiara che non ci sono soldi per una simile operazione e che il massimo che si può fare è un bonus mensile fino a 500 euro, ovviamente con il meccanismo della richiesta ad esaurimento del fondo stanziabile che, in base alla legge finanziaria 2021 è di 30 milioni all’anno per il triennio 2021-22-23.

Però a livello regionale e comunale ci sono già assegni mensili, che non risolvono assolutamente il problema posto dall’assistenza e dal tipo di lavoro svolto dai caregiver familiari.

La legge italiana invece dovrebbe normare la categoria, dare la dignità di lavoratore a queste persone smettendo di discriminarle ed impedendo loro di avere un reddito dignitoso; inoltre la legge dovrebbe gestire le risorse e coordinare gli interventi sul territorio attraverso le leggi regionali – che mancano nel 70% del Paese.

L’associazione Genitori Tosti In Tutti I Posti chiede al Parlamento Europeo attraverso la commissione dedicata, ed in base alla Direttiva (UE) 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza recentemente approvata, di sollecitare al Governo italiano il riconoscimento dei caregiver familiari (intesi come persone che si occupano di un parente, con il quale coabitano e per il quale hanno rinunciato a lavorare, alla propria vita e a tutto per fare in modo che il proprio caro avesse un tenore dignitoso e il più possibile inclusivo) come lavoratori, in modo che queste persone abbiano un reddito come chiunque che svolge un lavoro e che sia loro riconosciuto il valore sociale del lavoro che svolgono.

Lo scorso anno una sentenza della corte costituzionale ha imposto al Governo italiano di aumentare la pensione delle persone con disabilità maggiorenni in stato di gravità (art.3 comma 3 legge 104/92) al minimo considerato dignitoso per vivere nel nostro paese e quindi oltre il doppio di quello che invece sarebbe la pensione mensile (287 euro).

Si parla, a livello europeo, di approvare il salario minimo, cioè un reddito da lavoro sotto al quale non si può scendere.

Noi crediamo che sia possibile trovare un reddito mensile dignitoso per i caregiver italiani e che sia sostenibile dalle casse statali del nostro Paese.

(*) questo testo è contenuto nel saggio “L’esercito silenzioso- i caregiver familiari italiani” di A. Corradi e G. Barin, disponibile qui

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L’esercito delle caregiver, che lavorano con i familiari (senza essere pagate)

Da “Il Fatto Quotidiano” del 23 marzo 2022

VOLONTARI PER NECESSITÀ – Alessandra Corradi e Giovanni Barin hanno condotto uno studio approfondito sulla categoria, definita per legge, che deve prendersi cura di un parente non autosufficiente. Nell’80% dei casi – secondo la loro indagine – si tratta di donne, che sacrificano il proprio mestiere e la propria indipendenza economica. Solo l’Italia non riconosce loro un sostegno consistente.

DI ELISABETTA AMBROSI
23 MARZO 2022

“Viviamo in un paese con una cultura obsoleta e maschilista, dove la donna è
‘ancilla’ per antonomasia, la serva, nel senso che si occupa di chiunque in
famiglia ed è normale che lo faccia, ci si aspetta questo da lei in quanto donna e per
‘amore’. L’uomo è quello che procura il reddito e quindi va al lavoro, così come
l’uomo preistorico usciva a cacciare. Ancora nel 2022, nel nostro paese è così:
indistintamente a nord, centro e sud”. Alessandra Corradi, mamma di tre figli, di
cui uno tetraplegico e cieco di diciassette anni, fondatrice dell’associazione
“Genitori Tosti” è anche autrice, con Giovanni Barin, del saggio denuncia
appena uscito “Caregiver. L’esercito silenzioso”. Libro in cui, tra le altre cose, è
possibile trovare i risultati aggiornati di un sondaggio condotto dai due autori su un
campione di 2000 caregiver, una piccola ma rappresentativa fotografia di questo
esercito di persone che lavorano nell’ombra. Da cui emerge che l’80 per cento dei
caregiver che hanno risposto è donna e due terzi di questo 80% non
lavora per assistere il familiare non autosufficiente e non ha dunque alcun
reddito. Dati che si avvicinano a quelli di recente pubblicati dal Centro Studi di
Senior Italia FederAnziani, secondo cui il 71% dei caregiver familiari è donna e 3 su 4
familiari che si occupano di un anziano che ha bisogno di cure sono donne, che sei
volte su dieci (60,9%) sottraggono tempo alle proprie attività per curare.

Se il 60% dei caregiver ‘non lavora’

Alessandra Corradi tiene a precisare che il caregiver è una figura definita: non sono, secondo le norme, caregiver le madri di neonati, e neanche le nonne di nipoti, anche se, nonostante questo, avere una stima dei numeri è difficile. “No, il caregiver è una categoria precisa, con una definizione legale per cui non sono più ammissibili lacune o confusioni: quanto recita il comma 255 della legge finanziaria del 2018, descrive chi è e cosa fa il caregiver familiare”. Ovvero persona che si prende cura e assiste un familiare che, a causa di malattie, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non è autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé. Insomma, spiega sempre Alessandra Corradi, “la tipologia deriva dalla condizione del familiare assistito: se ti nasce un figlio con gravi e multiple disabilità sei caregiver da subito, senza scampo. Ma può essere il tuo coniuge, che si ammali di una di quelle patologie a esordio tardivo ma progressive, che subisca un trauma da incidente o pesanti decorsi a causa delle cure oncologiche.
Ci sono anche fratelli e sorelle (i cosiddetti “sibling”) caregiver, e quindi esistono anche i caregiver minorenni, che sono i figli che accudiscono i propri genitori, spesso con patologia psichiatrica. Solo una parte sono figli anche molto adulti che hanno i genitori anziani con patologie dovute all’età. Eppure dappertutto si parla solo ed esclusivamente di quest’ultima tipologia, ignorando e contribuendo a far ignorare tutte le altre. Esistono anche uomini caregiver, ma sono una percentuale
molto inferiore”.
Sempre secondo il censimento pubblicato nel libro, il 58,9% dei caregiver non lavora e tra questi il 22,9% non ha mai potuto lavorare, il 67,9% ha dovuto abbandonare e il 9,2% è in pensione. “Chi ha una mole di assistenza H24 lascia il lavoro, non è una scelta o una opzione, è un’imposizione dovuta al nostro sistema sanitario che non prevede tutto quello che serve per dare una vita dignitosa a queste famiglie”, spiega ancora l’autrice. Famiglie che sono spesso lasciate con la sola opzione di istituti come ghetti segreganti separati dalla società, mentre basterebbe una rete di servizi organizzata ed efficiente, con assistenti
qualificati a domicilio, con un’assistenza da remoto grazie alla tecnologia che possa dare supporto ogni momento, per evitare l’alternativa tra dover lasciare il lavoro e confinare un malato per sempre.

Il rischio del burn out e qui 68 milioni scomparsi

Il problema di fondo è la qualità di vita di chi assiste. “Bassissima, molti caregiver
spesso finiscono per strada, per non parlare del burn out del caregiver, che spesso fa
sprofondare nella depressione o nella psicosi. Alcuni di noi per questo uccidono il
proprio caro assistito e si suicidano perché non reggono il carico psicologico e non
vedono via d’uscita”, spiegano gli autori.
Ma cosa vorrebbero i caregiver? Basta scorrere le risposte al questionario per
avere un’idea chiara e univoca: “riconoscimento della fatica”, “part time senza dover
ridurre lo stipendio”, “stipendio adeguato per chi non può lavorare”, “possibilità di
farsi assumere dal parente disabile”, “figura a domicilio in caso di malattia del
caregiver”, “diritto alla salute e al riposo”, “canale preferenziale per fare analisi e
controlli perché i caregiver si ammalano”, figura a domicilio per 6-8 ore settimanali
per permettere al caregiver di fare una doccia e uscire”, “assistenza nelle faccende
domestiche”, “formazione per i caregiver”, “reversibilità ai figli”, “nessuna
penalizzazione se si prende congedo straordinario”, “riconoscimento dei contributi
figurativi”, “tutela pensionistica”, “pensione anticipata”, “scorporo dei risparmi del
disabile dal calcolo Isee perché le famiglie risparmiano per il futuro di chi assistono”,
“diritto alla pensione sociale”, “assicurazione infortuni/vita”, “una tutela per il “dopo
di noi”.
Se le richieste sono chiare, al momento purtroppo sostegni strutturali ai
caregiver non esistono, come non esiste neanche un censimento che dica quanti
siano effettivamente. Sempre nella finanziaria 2018 è stato stabilito che il fondo
creato dalla legislatura precedente dovesse finanziare la legge, i cui lavori sono
iniziati con la nuova legislatura. Poi con il coronavirus si è fermato tutto (e tra l’altro
i caregiver e i disabili sono gli unici a non aver ricevuto alcun sussidio durante la
pandemia) e verso la fine del 2020 la ministra Bonetti ha deciso di dirottare il fondo
di 75 milioni alle regioni stesse perché lo distribuissero ai caregiver con esiti per
nulla chiari. Ebbene, “al momento, marzo 2022 non si sa chi ha usufruito o
usufruisce da questi soldi dati alle regioni. Stiamo chiedendo a tutti gli
assessori, i soldi non si sa dove siano finiti e perché da 75 milioni siano passati a 68”,
spiega sempre Corradi. Ad oggi solo tre regioni hanno utilizzato i fondi, con
criteri di volta in volta in volta diversi. Non solo: come evidenziato dal
direttore del sito specializzato in disabilità HandyLex.org, Carlo Giacobini, i fondi
destinati alle Regioni sarebbero limitati solo a chi assiste congiunti con disabilità
gravissima, “escludendo tutte le situazioni, pur impegnative, in cui un familiare sia
‘solo’ disabile o borderline o altro”. Inoltre, come sempre in Italia, occorre come al
solito passare sotto la tagliola dell’Isee, che spesso taglia fuori chi abbiente non è o
sta cercando di accumulare risparmi per il futuro. Esiste ad esempio un bonus per
genitori soli, occupati disoccupati con figlio disabile a carico: gli importi sono
ridicoli (150 euro al mese), la percentuale di disabilità alta e l’Isee
assurdamente basso (3000 euro). In breve, di fatto, ad oggi quindi le misure
sono a discrezione di regioni e comuni: l’Emilia Romagna ha una legge regionale, la
città metropolitana di Roma prevede un assegno mensile di 700-800 euro. Ma non
c’è una misura universale.

Il caregiver è un lavoratore. Punto

Il problema che causa dispersione di fondi e abbandono dei caregiver è a monte: il
caregiver, questo chiedono tutte le associazioni, deve essere riconosciuto come
lavoratore, e quindi avere stipendio, malattia, ferie e pensione, oltre a
riconoscere prepensionamento e anni di contributi utili alla pensione per chi il
lavoro è riuscito a conservarselo. Sono persone che non possono lavorare e che,
dunque, hanno diritto a un lavoro. Nel manifesto dei caregiver
dell’Associazione Gilo Care si chiede anche che non solo venga riconosciuto
come lavoro usurante, ma che lo stipendio venga completamente svincolato dalla
verifica del patrimonio esistente, perché ciò lede i diritti costituzionali di uguaglianza
dei cittadini di fronte alla legge. Infatti “non è che un qualsiasi altro lavoratore viene
retribuito solo se entro certe fasce Isee”, si legge.
Attualmente, i disegni di legge sui caregiver in esame al Senato sono tre e
sono stati unificati in un unico testo, che, spiega sempre Carlo Giacobini,
“restituisce la responsabilità e le iniziative alle singole Regioni ed evita di fissare un
qualsiasi obiettivo di servizio, mentre rimanda sine die l’impegno dello Stato di
intervenire in ambiti delicati come quelli previdenziali, di tutela della salute, malattie
professionali, infortuni e altro”. Non solo. Resta nei disegni di legge il retropensiero
di fondo per cui l’attività di caregiving “vada incentivata in quanto scelta volontaria e
apprezzabile (…) anche se in moltissimi casi non è una scelta ma il risultato
dell’assenza o della carenza di servizi territoriali sufficienti, adeguati, efficaci al
sostegno delle persone e delle famiglie. Una condizione che – è utile ribadirlo –
colpisce soprattutto le donne”.
Manco a dirlo, all’estero tutti hanno riconosciuto i caregiver familiari.
“L’Inghilterra addirittura riconosce tutti gli anni in cui si è fatto caregiving ai fini
pensionistici, cioè li riconosce come lavoro – qui da noi inizialmente c’era la
proposta di riconoscere tre anni di contributi lavorativi ma poi ci hanno detto di aver
fatto i conti e che assolutamente non ci sono i soldi. La scusa dei soldi è sempre
buona nel nostro arretrato paese, ma a tutti fa comodo sfruttare milioni di persone,
all’80 per cento donne e sgravare il bilancio dalle spese per l’assistenza alle persone”,
conclude Corradi. Oggi, i caregiver, che chiedono un sostegno di tra 1000 e
1500 euro al mese, sperano nella petizione depositata a Bruxelles e nel lavoro di
network delle associazioni di familiari assistenti di tutta Europa. Lavoro da cui
scaturiranno nell’autunno linee guida elaborate dal Parlamento europeo a cui il
nostro Paese si dovrebbe allineare. Mettendo fine, si spera, all’abbandono di chi ha
dovuto lasciare tutto per dedicarsi notte e giorno alla cura sfinente di un malato
cronico o disabile grave. Fantasmi, appunto, invisibili alla nostra politica e alle
nostre istituzioni.

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Stipendio minimo e caregiver familiari sfruttati

Pubblicato sul blog GT il 16 luglio 2021

Da “Stipendio minimo in Italia: l’importo per ogni settore lavorativo” di Laura Pellegrini 17/02/2021 –  su Money.it

“Qualora dovesse essere introdotto un salario minimo, secondo l’Unione Europea, in Italia dovrebbe ammontare a 950 euro. A tal proposito, è interessante consultare i vari CCNL di categoria per vedere quali sono gli stipendi minimi da riconoscere ai lavoratori subordinati. Trovate i dati – aggiornati al 2021 – nella tabella di seguito, dove abbiamo pubblicato le cifre minime previste nei vari settori per gli impiegati nel livello retributivo più basso.

SETTORE DI IMPIEGO RETRIBUZIONE MINIMA MENSILE

Impiegati nell’agricoltura 1.235,87€

Operai agricoli 771,75€

Alimentaristi 1.423,07€

Pesca marittima 1.297,47€

Telecomunicazioni 1.029,61€

Pulizia 1.168,11€

Edilizia-Area legno imprese artigiane 1434,27€

Edili-Cemento, calce imprese artigiane 895,30€

Trasporto merci 1.328,17€

Imprese portuali 1.395,30€

Autoferrotranvieri 1.186,72€

Tessile-abbigliamento P.M.I 1.222,84€

Area tessile-calzature 1.265,24€

Turismo-alberghi 1.291,81€

Turismo-stabilimenti balneari 1.237,16€

Agenzie di viaggi 1.542,04€

Istituti di vigilanza 1.296,79€

Lavoro domestico- Colf e badanti 636,71€ (conviventi)- 4,62€ l’ora (non conviventi)

Farmacie urbane 1.350,00€

Assicurazioni 1.577,42€ (società di assistenza), 1.251,30€ (Agenzie gestione libera ANAPA), 1.224,03€ (Agenzie gestione libera UNAPASS)

Bancari 2.228,64 (ex 2° area – 3° livello)

Odontotecnici 1.179,85€

Metalmeccanica 1.299,11€

Cinema 1.075,66€ (monosale o multisale)

Giornalista 1.293,21€ (pubblicista)

Poste italiane 1.587,43€

Parrucchieri 1.139,90€

Agenti immobiliari 1.265,56€

Dipendenti del Terziario: Commercio, Distribuzione e Servizi 1.281,31€”.

————————————————————————————————————————Tutti ricorderete poi  la bellissima sentenza del Tribunale costituzionale, uscita un anno fa, che ha obbligato il Governo italiano a corrispondere una pensione mensile, dignitosa e adeguata al costo della vita,  alle persone maggiorenni certificate legge 104 in stato di gravità. Quindi si è passati da 297 euro al mese (sfido chiunque a vivere con una simile cifra) a ben 640 euro e rotti cent – il famoso “incremento al milione”.

Pensiamo adesso alle misure attivate per contrastare l’impoverimento delle famiglie con il reddito di cittadinanza o il reddito di emergenza. Il reddito di cittadinanza per le persone dal 67esimo anno in poi si trasforma in pensione e si rinnova automaticamente.

Quindi: i caregiver familiari, quelli che davvero lo sono e hanno rinunciato a tutto per fare caregiving e quindi si sono impoveriti (mollare il lavoro o non poterlo fare =impoverimento del nucleo familiare) perchè non possono avere uno stipendio derivato dal loro lavoro di cura?

Non si tratta di avere soldi in sè – che cmq tutti ne dovrebbero avere se lavorano, si tratta che se sei un lavoratore hai ferie, malattia, pensione=TUTELE, concrete, non aria fritta, parole sulla carta, pacche sulla spalla.

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Il fiore della pazienza – che forse è lassativo

Pubblicato sul blog GT l’8 luglio 2021

In questi giorni in cui il dibattito intorno al DDL Zan si è esarcebato nei toni, nei modi e nei contenuti, mi chiedo quanto tempo occorra perchè un disegno di legge faccia il suo corso e arrivi trasformato in legge cioè pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale?

E mi domando anche quali siano i fattori che condizionano, rallentano o velocizzano le tempistiche dell’iter di una legge.

Un giurista che ha fatto formazione al corso che ho da poco finito di frequentare, dedicato al rapporto delle associazioni con le amministrazioni pubbliche, in una lezione ha detto che le leggi sono il frutto del compromesso tra le varie forze politiche; più il linguaggio utilizzato è oscuro e difficile, più la genesi della legge è stata combattuta.

Provate a leggere la Costituzione e poi prendete una qualsiasi legge del terzo millennio: noterete una differenza di lessico e stile e ritmo delle frasi. La Costituzione la capirebbe pure mia figlia decenne da tanto lineare e chiara è. Una legge dal 2000 in poi faccio fatica a decrittarla  pure io, classe 1971, che ho un’istruzione superiore.

Così per curiosità sono andata cercare quando è stato presentato il DDL Zan per la prima volta: 2 maggio 2018. Quindi appena 3 anni fa.

Ho voluto farmi un’idea, un po’ più estesa, e ho proseguito la ricerca: Legge 170/2010 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”: presentata nel 2002. In 8 anni tutti gli studenti con dislessia, discalculia etc sono protetti da una legge – che, come al solito, viene applicata in base a chi la conosce.

Quindi: Legge n. 112 del 22 giugno 2016 “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave nonché delle persone disabili prive del sostegno familiare” (altrimenti nota come “Legge sul dopo di noi”). Presentata il 19 marzo 2014. Quindi in due anni è uscita. A beneficio di inventario sappiate che è in giacenza un DDL che va a modificare questa legge dopo solo 5 anni che è stata pubblicata quindi divenuta vigente.

Legge 162 del 1998 cioè la legge sulla Vita indipendente. Leggiamo, dal sito Lab.care: “è una modifica alla legge 104 del 5 Febbraio 1992, riguardo le misure di sostegno in favore di persone con handicap grave. La legge 162/98, in relazione alla legge 104/92, prevede la collaborazione tra le Regioni e gli enti locali per la realizzazione di programmi di aiuto alle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell’autonomia personale nello svolgimenti delle funzioni essenziali della vita, allo scopo di garantire il diritto alla vita indipendente.” Non sono riuscita a trovare il dato puntuale ma, in pratica, nell’arco di 6 anni è stata prodotta questa norma che renderebbe davvero favolosa la vita delle persone in stato di gravità mentre, in realtà, è stata applicata a spizzico magnifico e finanziata in maniera esigua per cui è quasi imbarazzante parlarne. Inoltre grazie alla creatività dei consueti topici soggetti, a livello regionale sono stati inseriti dei criteri assolutamente arbitrari che pongono limiti di età o di condizione, insomma la solita macelleria praticata sulla pelle dei più deboli.

Quindi sono andata a cercare qualcosa sul cavallo di battaglia di certuni, che erroneamente accostano la tematica al caregiving e vorrebbero inserirla nel DDL collegato: legge sulla non autosufficienza. Presentata dalla triade dei sindacati confederati nel 2005. Tuttora non risulta, a chi scrive, nessun testo al Senato.

Di pochissime settimane fa è l’avvio delle manovre per il referendum sul fine vita/eutanasia attivato dall’associazione Luca Coscioni e quindi dai radicali italiani. Non esiste legge, per tutte quelle persone con malattie incurabili per cui c’è solo la medicina palliativa – ma anche qui: come viene applicata l’assistenza ai malati terminali? E ai malati terminali pediatrici? Ma anche per tutte quelle persone che comunque non hanno scampo, la cui condizione è di progressiva degenerazione, non c’è una normativa che li affianchi. Insomma: dal caso Englaro il cui padre battagliò per un decennio fino all’epilogo del 2009, in Italia la questione non è mai stata affrontata come legge e se lo è produce una spaccatura abissale tra i due fronti che inevitabilmente si verrebbero a formare. ‘E stato depositato un testo al Senato che verrà discusso il 13 luglio prossimo, insieme al DDL Zan. Ma intanto si raccolgono firme per il referendum.

Veniamo adesso al famoso DDL 1461 quello sul riconoscimento della figura del caregiver familiare.

Forse in pochi sono a conoscenza del fatto che i primi passi per la creazione di un disegno di legge dedicato a questa categoria sono stati mossi nel 1994 .

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NETWORK VS CAREGIVER

Pubblicato sul blog GT il 20 giugno 2021

La foto che ho scelto per questo post riprende un brano dell’articolo pubblicato su l’inserto “Buone Notizie”, de Il Corriere della Sera uscito martedì 1 giugno, intitolato “La riforma per gli anziani “ora serve più assistenza”.

La domanda che sorge spontanea: perchè, gli anziani ne hanno poca? ‘E tutto un fiorire di nuove case di ricovero, si sente solo parlare di anziani, tutti gli interventi pubblici e quindi i fondi pubblici sono per gli anziani principalmente ma, alla fine della fiera, la verità è che c’è ancora molto poco.

Infatti, anche solo cercando con Google, si scopre che in Italia l’offerta assistenziale per gli anziani è molto al di sotto della richiesta, motivo per cui ci sono le liste di attesa.

Chi non riesce ad accaparrarsi un posto in una struttura di ricovero si deve arrangiare a casa.

E a casa significa che, se la famiglia ha i soldi, si procura la badante o le badanti, se non li ha ci si divide (nel caso di più figli se esistono e vanno d’accordo) il compito di assistere al proprio domicilio. Non osiamo pensare a che magari non ha figli o aprenti e si trova solo.

Ci avete pensato che TUTTI, se non moriamo prima, diventiamo anziani?

Allora come è possibile che un Paese, ancora nel 2021, non sia in grado di affrontare e gestire al meglio tutto quanto riguarda gli anziani e le loro esigenze?

Per ovviare a tutte le carenze del nostro sistema (sociale, politico e ovviamente sanitario) ecco che si è costituito questo network composto da varie organizzazioni di cui 9 hanno elaborato una proposta per il PNRR.

E quali sono queste 9 organizzazioni? Leggiamo dall’articolo: Associazione italiana Malattia di Alzheimer, Alzheimer Uniti Italia, Caritas Italiana, Cittadinanzattiva, Confederazione Parkinson Italia, Federazione Alzheimer Italia, Forum Disuguaglianze Diversità, Forum Nazionale terzo Settore, La bottega del Possibile. 

Continuiamo a leggere.” … sostenuta poi dalla maggior parte delle associazioni di anziani, familiari, operatori e gestori del nostro Paese. Grazie alla pressione esercitata da questa ampia coalizione sociale, le parti più importanti della proposta sono state inserite nella versione finale del Piano”.

Il Piano è appunto PNRR e cioè il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che è stato messo a punto durante gli ultimi mesi dello scorso anno (quindi Governo Conte II) e presentato alla Camera dall’attuale premier Mario Draghi verso la fine dello scorso aprile.

Le pagine che interessano noi  (=caregiver familiari) nel faldone delle oltre 300 prodotte, sono fortunatamente solo una decina quasi, le potete leggere da voi da pag.208 a pag. 211.

Appurato quindi che nessuna cifra, dei 191 miliardi che l’Europa ci mette a disposizione  sarà destinata al riconoscimento della figura del caregiver familiare come lavoratore, di che cosa vogliamo parlare?

Il Network così come ci è illustrato dal Corriere della Sera è praticamente l’armata  dell’impero Klingon e noi caregiver familiari (soprattutto di familiari minori e non anziani), siamo 4 gatti inermi e macilenti sopravvissuti alla distruzione dell’Enterprise.

Se poi andate a leggervi il DDL 1461 troverete che nelle  integrazioni degli emendamenti, accolti a luglio 2020, sono citate queste ”  Associazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative per la tutela della figura del caregiver familiare”.

E quali sarebbero le associazioni di categoria che ci tutelano? Ognuno tragga le proprie conclusioni.

Per questo è anche più importante inviare questa e-mail a tappeto, noi caregiver familiari non abbiamo nessun network da opporre, a malapena il nostro lavoro di assistenza al nostro caro ci lascia tempo ed energia per fare alcunchè. Almeno le armi che la tecnologia ci mette a disposizione usiamole, inviare una e-mail non sarà chissà che impegno, ma può fare la differenza in un ambito in cui gli interessi in gioco sono altissimi ma le porte dello stadio sono sempre state chiuse a tutti.

Chiudo accludendo questo flyer che è la campagna 2021 per il 5×1000 di Cittadinazattiva. ‘E stato postato il 22 aprile 2021 sulla pagina FB dell’associazione accompagnato da queste parole:

  ̀ , ̀ .


, …questo è il numero di #caregiver in Italia. Genitori, figli, fratelli, partner, amici…un esercito di invisibili che ogni giorno dedica il proprio tempo a persone che hanno bisogno delle loro cure.
Sostienici con una semplice firma! potrai aiutarci a realizzare progetti, attività di tutela e corsi di formazione gratuiti per prestare un’adeguata assistenza.
F ,

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