La condizione di equilibrio è tema comune a differenti “saperi”. Parliamo di equilibrio chimico, termico, di mercato, di Cournot. Ci sono però anche l’equilibrio di Nash e quello di dinamico di Piaget. Il tema della decima edizione di Caleidoscopio fest, i colori della mente affronta il tema dell’equilibrio dal punto di vista esistenziale. Del vivere sentendosi vivi. Nonostante le difficoltà indotte da situazioni di disturbo mentale. In questo caso, la condizione di equilibrio è anche una questione di diritti. Non solo alla salute intesa come assenza di malattia ma anche e soprattutto come diritto ad esistere. La condizione di equilibrio è un punto di armonia e di sospensione tra due estremi che invece inevitabilmente provocano sbilanciamenti e tensioni. È così nelle relazioni: nel loro oscillare tra antipatie e simpatie, tra amori passionali e rancori distruttivi. E così per la salute: nel suo andare e venire, in modi e forme a volte già noti e in altre no o del tutto inattesi. È così per le questioni di diritto: in bilico tra lecito e illecito, giusto e sbagliato, consentito e vietato, corretto e scorretto, stabilito per legge o dagli usi. Ecco che la salute mentale, indicata dall’organizzazione Mondiale della Sanità come condizione di equilibrio psicofisico, diventa espressione concreta di un pensiero di cura in senso ampio. Sprone di atteggiamenti inclini – a osservare e ascoltare in modo attivo ogni persona affidata alle nostre cure – a educare l’Altro a riconoscersi anche attraverso ciò che lo fa sentire bene o male Poco importa quanto tempo dura. In quanto punto di armonia e sospensione, la condizione di equilibrio psicofisico può anche essere la piattaforma da cui ripartire dopo aver preso fiato. Poco importa quanto tempo dura. In quanto punto di armonia e sospensione, la condizione di equilibrio psicofisico può anche essere la piattaforma da cui ripartire dopo aver preso fiato.
Forse la vita non è stata tutta persa Forse qualcosa s’è salvato Forse davvero non è stato poi tutto sbagliato Forse era giusto così
(da Sally, Vasco Rossi)
Spunti di riflessione. Sollecitazioni alla costruzione di un pensiero più ampio e articolato a cui vi invitiamo a partecipare attraverso il form che segue.
Genitori Tosti parteciperà con Alessandra Corradi nella giornata del 10 ottobre con un intervento su “Sessualità e disabilità”. Dalle ore 17, a Lodi, via Solferino 72 – Sala Granata.
A seguire, una collaborazione particolare con l’ASD Gheta Aikido Dojo di Lodi, affrontando il rapporto tra equilibrio e squilibrio nell’ottica psicofisica del contatto tra due persone. Un parallelo e un intreccio di condizioni tra resistenza e controllo, anticipazione ed efficacia, dove non c’è vincita ma conquista dell’equilibrio passando per lo squilibrio.
Ne parleranno Giovanni Barin, vicepresidente Genitori Tosti e presidente dell’ASD Gheta Aikido Dojo assieme a Laura Meucci, presidente di ASAI, Associazione Sportiva Aikido Italia, VI Dan e il Maestro Guglielmo Masetti, Direttore Tecnico Nazionale del settore, VII Dan
E come si coniuga con le mura magistrali veronesi , patrimonio Unesco?
Una cordata di associazioni Veronesi (Genitori Tosti, Verona Polis, Cai- sezione di Verona e Centro Studi di Architettura Militare) prova a illustrare il tema nel giro di 60 minuti.
L’evento gode del patrocinio della Provincia di Verona.
Nella location totalmente accessibile della sede CAI – sezione di Verona, nella bellissima ex caserma Principe Eugenio, nel quartiere storico di Veronetta.
Sarà presente un interprete LIS (Lingua Italiana dei Segni).
A seguire un aperitivo per tutti, gestito da Hosteria Fincato.
Media Partner: La Cronaca di Verona e Radio Studio Verona.
Grazie al CAI sezione di Verona per l’ospitalità, a Gastronomia Buona Lessinia, Ristorante di specialità libanesi Tabulè e Studio Renoffio (per la grafica)
Non è la solita conferenza noiosa.
Per qualsiasi info: 3392118094 – osservatoriovrpolis@gmail.com
dis-1 [dal lat. dis-, che si riduceva a di- davanti a consonante sonora (v. di-1), si assimilava davanti a f (come in differre, difficĭlis), e in qualche caso si mutava in dir– (come in emĕre – dirimĕre)]. – Prefisso verbale e nominale che in molti vocaboli derivati dal latino o formati modernamente indica separazione (per es. disgiungere), dispersione (per es. discutere, che propr. significa «scuotere in diverse parti»), e più spesso rovescia il senso buono o positivo della parola a cui si prefigge (per es., onore – disonore; simile – dissimile; piacere – dispiacere). In molti casi il vocabolo nuovo si forma non per aggiunta, ma per sostituzione del prefisso (per es., accostare – discostare; assennato – dissennato). ◆ In moltissimi verbi, e nei loro derivati, il pref. dis– si alterna col più comune s-; si rinvia a queste forme per quei vocaboli, di uso assai raro, che non fossero registrati qui di seguito.
dis-² [dal gr. dys-]. – Pref. usato in molti termini del linguaggio medico per indicare alterazione, malformazione, anomalia e sim.
Come sapete dal giugno 2020 abbiamo lanciato la campagna, tuttora aperta, per i concerti e gli eventi dal vivo accessibili in Italia, cioè per fare in modo, finalmente, che anche in Italia il settore del divertimento, declinato in ogni sua accezione, sia fruibile anche dalle persone con disabilità.
Da allora abbiamo scritto, telefonato e contattato un sacco di interlocutori. Ma i risultati sono stati molto differenti da quanto ci aspettavamo e stiamo pensando di raccontarli tutti in un prossimo libro.
Avevamo già scritto in passato alla Rai per il festival di San Remo, quest’anno abbiamo deciso di scrivere direttamente al suo direttore artistico cioè Amadeus, che è anche concittadino della scrivente.
“Caro Amadeus, mi chiamo Alessandra Corradi e sono veronese. Ti scrivo a proposito di un tema a me molto caro, in quanto presidente di un’associazione di genitori di figli con disabilità (qualunque tipo) e cioè l’accessibilità del festival di San Remo. Tutti in questi giorni stanno leggendo articoli riguardanti la performer interprete LIS che viene affiancata ai cantanti in gara e quindi si fa un gran parlare di accessibilità per le persone sorde. Sappiamo che la Rai ha un sistema di sottotitolazione per le persone sorde non segnanti, cioè tutte quelle persone sorde che non parlano la LIS e che sono la stragrande maggioranza. Non so se esiste un sistema, offerto dalla Rai, di audio-descrizione per le persone cieche . Sul sito web del festival invece non mi risulta che siano applicati gli standard di accessibilità digitale per cui persone con disabilità (tutte, esistono anche le persone con limitazioni cognitive che devono comunque avere diritto alle informazioni online) riescono a fruire correttamente dei contenuti. Infine arriviamo all’accessibilità “fisica” del festival, cioè il luogo in cui si svolge la nostra più importante kermesse musicale italiana: il teatro Ariston. Suppongo che essendo uno dei teatri più rinomati del Paese e sede del festival, sia super accessibile con bagni attrezzati e con il personale formato adeguatamente nell’accoglienza delle persone disabili. Nemmeno sul suo sito web, però, a partire dalla home page non c’è nulla che faccia capire che è un sito accessibile secondo la Legge Stanca (che risale al 2004) e poi in base alla recente legge 120/2020 (art.29). Infine: sappi che il festival di San Remo è stato scelto come decisore nella petizione, lanciata dalla associazione che rappresento per la campagna concerti ed eventi accessibili in Italia, che puoi leggere qui: https://www.change.org/p/concerti-ed-eventi-dal-vivo-accessibili-in-tutta-italia Sperando che questa mia non venga eliminata e cancellata, ma che sia il punto di partenza per un confronto concreto, finalizzato a rendere sia il festival di San Remo che l’intrattenimento in generale, accessibile in Italia, ti auguro ogni successo e riuscita al debutto della 73treesima edizione del festival della canzone italiana: in bocca al lupissimo! Cordiali saluti.”
Di seguito il testo (*) della petizione che abbiamo inviato al Parlamento Europeo a settembre 2021 che è stata accolta a fine marzo 2022.
L’effetto principale è stato quello dell’avvio di un’indagine per verificare che il nostro Governo avesse applicato ogni legge/direttiva e quant’altro in merito.
Vale davvero la pena rileggerne il testo, in un periodo in cui si parla di giustizia nel lavoro, di reddito minimo, di diritti dei lavoratori, di dignità delle persone, di pari opportunità,di politiche a favore delle donne e delle famiglie, di Europa.
Cogliamo anche l’occasione di augurare a tutti un sereno Natale.
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In Italia la Costituzione dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (art. 1).
La Costituzione, in Italia, dice anche che:
-Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (art.3)
– La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. (art.35)
– Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
– La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
– Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali
retribuite, e non può rinunziarvi.
– La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. (art.37)
Inoltre ricordiamo che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – OHCHR recita:
1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. (art.23)
– Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite. (art.24)
– 1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
– 2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale. (art.25).
In Italia esistono almeno un milione di persone che hanno rinunciato al proprio lavoro e quindi non hanno reddito, per prestare assistenza continuativa h24 ad un proprio familiare coabitante.
L’ordinamento giuridico italiano ha definito queste persone caregiver familiari in base a quanto scritto nel comma 255 della Legge Finanziaria del 2018.
Il 90% di queste persone sono di sesso femminile.
Nel caso di donne/mamme di persona non autosufficiente dalla nascita, accade che l’assistenza dura anche 40 e più anni. Queste donne non percepiscono nessuno stipendio per il loro lavoro di cura e non hanno nessun tipo di riconoscimento per cui i servizi sociali territoriali o centrali predispongano interventi di tutela, sostegno, affiancamento, formazione e nel caso di malattia, sostituzione con personale adeguatamente formato. Spesso rinunciano a curarsi perché non sanno a chi affidare il proprio caro così come non si riposano mai, nemmeno la domenica, nemmeno di notte.
Nel caso di morte del caregiver e nel caso in cui il caregiver sia tutto il nucleo parentale esistente, l’assistito finisce chissà dove, in quale struttura e assistito chissà come.
Lo Stato Italiano non è in grado di fornire strutture, servizi e personale per sostituire l’encomiabile lavoro svolto dai caregiver familiari al proprio domicilio, che non si limita solo all’accudienza, ma si occupa di qualsiasi settore della vita compresa l’istruzione se il proprio caro è in età scolare.
L’associazione Genitori Tosti In Tutti I Posti
chiede
che il Governo italiano riconosca i caregiver familiari italiani che hanno rinunciato al lavoro per assistere il proprio caro come lavoratori e quindi li doti di ogni tutela connessa a questo status che significa stipendio, malattia, ferie e pensione.
Al Senato è tuttora giacente la legge che dovrebbe dare questo riconoscimento ma lo Stato italiano attraverso i suoi organismi non intende riconoscere il lavoro di queste persone, dichiara che non ci sono soldi per una simile operazione e che il massimo che si può fare è un bonus mensile fino a 500 euro, ovviamente con il meccanismo della richiesta ad esaurimento del fondo stanziabile che, in base alla legge finanziaria 2021 è di 30 milioni all’anno per il triennio 2021-22-23.
Però a livello regionale e comunale ci sono già assegni mensili, che non risolvono assolutamente il problema posto dall’assistenza e dal tipo di lavoro svolto dai caregiver familiari.
La legge italiana invece dovrebbe normare la categoria, dare la dignità di lavoratore a queste persone smettendo di discriminarle ed impedendo loro di avere un reddito dignitoso; inoltre la legge dovrebbe gestire le risorse e coordinare gli interventi sul territorio attraverso le leggi regionali – che mancano nel 70% del Paese.
L’associazione Genitori Tosti In Tutti I Posti chiede al Parlamento Europeo attraverso la commissione dedicata, ed in base alla Direttiva (UE) 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza recentemente approvata, di sollecitare al Governo italiano il riconoscimento dei caregiver familiari (intesi come persone che si occupano di un parente, con il quale coabitano e per il quale hanno rinunciato a lavorare, alla propria vita e a tutto per fare in modo che il proprio caro avesse un tenore dignitoso e il più possibile inclusivo) come lavoratori, in modo che queste persone abbiano un reddito come chiunque che svolge un lavoro e che sia loro riconosciuto il valore sociale del lavoro che svolgono.
Lo scorso anno una sentenza della corte costituzionale ha imposto al Governo italiano di aumentare la pensione delle persone con disabilità maggiorenni in stato di gravità (art.3 comma 3 legge 104/92) al minimo considerato dignitoso per vivere nel nostro paese e quindi oltre il doppio di quello che invece sarebbe la pensione mensile (287 euro).
Si parla, a livello europeo, di approvare il salario minimo, cioè un reddito da lavoro sotto al quale non si può scendere.
Noi crediamo che sia possibile trovare un reddito mensile dignitoso per i caregiver italiani e che sia sostenibile dalle casse statali del nostro Paese.
(*) questo testo è contenuto nel saggio “L’esercito silenzioso- i caregiver familiari italiani” di A. Corradi e G. Barin, disponibile qui
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