…febbraio 2023…

Gli eventi susseguiti in questi ultimi anni ci hanno travolto per portata, complessità e velocità: sullo sfondo di una situazione ambientale in costante cambiamento, abbiamo attraversato la pandemia mondiale, viviamo tutt’ora la crisi economica e un conflitto ogni giorno più cruento, pericoloso, mortale per migliaia di persone. Eventi che, a pensarci bene, erano già presenti anche se con minori impattati sulla nostra regione: Ebola con SARS e MERS; la crisi del 2008; le tante guerre (ben 59 in atto nel 2022!) tra cui Afghanistan, Yemen, Siria, ecc.

Sommandosi l’uno all’altro, diventa difficile capirli a fondo, saperne le cause e le conseguenze sulla nostra vita. Comprenderli è però di vitale importanza per orientarci nelle idee e nelle scelte, anche politiche.

Certo non tutti sono preoccupati da queste tematiche che, apparentemente, non riguardano tutte le persone con disabilità; ma da genitore non posso non chiedermi quali risvolti avrebbe su mia figlia uno scenario di repentina, profonda crisi economica o, peggio, di guerra: che impatto sulle sue fragilità? Ci saranno gli ausili fondamentali per la vita sociale e lavorativa? Memori del passato, le fragilità non verranno segregate o peggio?

Ci impegniamo ogni giorno per rendere il contesto di vita più inclusivo, con passi avanti a volte microscopici, altri enormi. Il cambiamento delle condizioni di fondo può buttare all’aria tutto quanto in pochissimo tempo?

Mi chiedo spesso come una persona con disabilità viva questo periodo…

Se riesce difficile, se non impossibile, poter influire personalmente nella gestione di un conflitto armato, molto si può fare sulla sensibilizzazione delle persone, per ragionare in particolare sui motivi che hanno portato alla guerra: siamo sicuri che non possano presentarsi anche da noi? Siamo tranquilli per i risvolti economici, sulla situazione politico/sociale nel nostro Paese?

Dovremmo tutti chiederci se non si stia consolidando quel “modo di pensare e di comportarsi in sintonia con la logica della guerra: l’indifferenza alle sofferenze altrui e il cinismo nel provocarle”, che Gino Strada descriveva nel suo ultimo libro, “Una persona alla volta”.

In Lombardia a giorni, l’11 e il 12 febbraio, ci sarà l’elezione del governo regionale. Strano questo periodo dove appare imperante un solo credo politico, del tutto analogo al nazionale. Eppure non possiamo scordare quanto accaduto pochissimo tempo fa: nella regione simbolo dell’efficienza, la diffusione del virus invisibile ha fatto collassare miseramente il sistema sanitario, sociale, lavorativo. La protezione di massa è diventata paravento per mascherare l’inefficienza di un sistema sanitario pubblico distrutto a favore della speculazione privata. Le carenze emerse con la pandemia sono state drammatiche. Per citarne alcune: terapie intensive inesistenti perché diventate troppo costose da mantenere per poi moltiplicarle a emergenza ormai rientrata; farmaci insufficienti, introvabili; personale sotto organico, tardiva corsa a rimpolparlo con finale amaro di mancata stabilizzazione. Per tornare in crisi con l’influenza stagionale…

Il confronto con l’estero, più ricco ed efficiente (non solo a parole), è impietoso quanto imbarazzante. I tanti medici che in piena pandemia invocavano, dimostrandola, una cura efficace basata sui farmaci da sempre disponibili per tutti e in grado di guarire dalla malattia se aggredita subito secondo le regole basilari della prevenzione, sono stati zittiti ed emarginati. Nel frattempo, protocolli inadeguati facevano aumentare la somma dei morti. E al termine dell’emergenza, sembra che tutto sia dimenticato.

La disabilità ha pagato un prezzo altissimo per la pandemia, sia in termini di decessi che di segregazione: è bene ricordare che i centri per le persone con disabilità sono stati gli ultimi a tornare alla normalità. Anche dopo mesi rispetto a qualsiasi altro ambito erano vietate visite e uscite. Segregati nelle strutture in nome di una sicurezza sanitaria ormai inutile, sacrificando la socialità di persone già discriminate dal contesto.

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Persone con disabilità e DDL Zan

Pubblicato sul blog GT il 10 luglio 2021

Ieri ho postato nei commenti del post di Selvaggia Lucarelli che ha fatto una delle sue cavalcate su Fedez e consorte (e la querelle con Renzi) e la sua performance, non evidentemente brillante, durante la videocosa online che ha fatto con l’onorevole Zan e l’avvocato Marco Cappato dell’associazione Luca Coscioni.

 

Il mio intervento riguardava il fatto che in mezzo a tutto il bailamme verificatosi intorno alla tematica, nessuno ha mai parlato delle persone con disabilità, relativamente al DDL Zan, che pure le contempla.
Ho scritto anche che poi i video confronto era sessista perchè non c’era nessuna donna – magari potevano invitare Sofia Righetti in quanto attivista per le persone disabili e sempre in prima linea nella difesa dei diritti delle persone LBGTQI.- al pride di Milano sul palco insieme all’On. Zan lei c’era.



Ho ottenuto, con il mio post sulla pagina di Lucarelli, 13 reazioni, di cui due con la faccina che ride – perchè? Sì, lo so che la gente spesso clikka a vanvera ma, magari, questi due trovavano divertente il mio post, va a sapere per quale ragione, che ritengo sempre utile scoprire perchè, davvero, la varietà dei punti di vista è, fortunatamente, infinitae a volte spiazzante.

Direi che è preoccupante, se non imbarazzante, il silenzio che proviene dagli ambienti “con disabilità” italiani sul DDL Zan.
Anche perché, se lo avete letto il problema è che un italiano su due non sa manco di cosa parli davvero questo DDL, ad un certo punto trovate, art. 7: “La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione”.
Vedete voi, da qualche parte, incluse in questa giornata le persone con disabilità?
Ne ho chiesto spiegazione proprio all’on. Zan sulla sua pagina FB – manco a dirlo non ha risposto.
Gli ho scritto allora in privato: niente anche così. Eppure lui o chi per lui ha letto quanto da me scritto.
Come potete immaginare leggo svariate riviste/testate che si occupano di disabilità e non ho trovato articoli al riguardo. 
Ho visto un comunicato Fish risalente a maggio ma, per esempio, su FB nei vari gruppi o nei profili di attivisti disabili ma anche non attivisti non ho letto nulla, mai.
Sappiate che l’unica legge esistente che tutela le persone con disabilità è la 67/2006 che punisce le discriminazioni – per esempio appellandosi a questa i genitori riescono a farsi risarcire il danno derivato dal taglio delle ore di sostegno che abitualmente i Dirigenti scolastici praticano come fossero periti giardinieri in un parco incolto da decenni.
Ma non esiste nulla che protegga e dia giusta riparazione alle persone con disabilità se vengono insultate, picchiate, stalkerizzate, ricattate, rese oggetto di violenze anche psicologiche etc. eppure ogni giorno leggiamo storie che fanno accaponare la pelle.
Questo DDL a prima firma Zan sarebbe stato lo strumento efficace per tutelare queste persone che spesso non hanno proprio la possibilità, anche fisica, di difendersi.
Inoltre mi permetto di far notare che esistono le persone con disabilità gay/lesbo, trans, bi, queer etc quindi non capisco l’inclusione della “categoria” con disabilità nel DDL ma l’esclusione, di fatto, da qualsiasi dibattito/promozione/illustrazione  al riguardo.
Martedì 13 luglio il DDL Zan viene discusso nel palazzo: non so se tra quelle persone che voteranno ci sono persone con disabilità o persone che siano competenti in materia.
Auguriamocelo, così come speriamo che nel 17 maggio di festa vengano incluse anche le persone con disabilità.
Ne abbiamo abbastanza delle facciate, di cui potete ammirare un’immagine che ho scelto come foto per questo post. 

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E altri continuano a non rispondere

Come avevamo accennato, abbiamo scritto ovunque per la questione della legge sul caregiver familiare.Per esempio il 19 novembre scorso abbiamo inviato una pec collettiva a:
Premier Conte
Ministro Fioramonti (MIUR)
Ministro Bonetti (Famiglia)
Ministro Catalfo (Lavoro)
Ministro Bellanova (Politiche Agricole)
Segretario generale CGIL Maurizio Landini
In questa lettera chiedevamo che tutti focalizzassero la questione e pensassero a come fare una buona legge, tenendo presente la platea di quasi 9 milioni di persone e che, forse, sarebbe stato il caso di fare una riunione con tutti, ascoltando le istanze della categoria, dato che si tratterebbe di mettere in regola milioni di persone. Ovviamente non abbiamo avuto nessun feedback. Così abbiamo iniziato a telefonare alle segreterie dei vari ministeri. A quella del premier ci fanno sapere che, poiché abbiamo incluso anche dei ministri, la competenza è loro – come scaricare il barile, insomma. ” E signora, non me lo faccia ripetere per la quinta volta!” mi sono anche sentita replicare, quando ho chiesto spiegazioni. Perbacco evviva l’educazione e la forma, nel rispondere all’utenza. Lì per lì sembrava che la nostra pec fosse stata inglobata in una specie di “sacca” che hanno chiamato “petizione” e che invece riguardava la nostra iniziativa, attivata a settembre 2019, di scrivere in massa al premier Conte, utilizzando il modello di lettera che avevamo messo a disposizione per sensibilizzarlo sulla tematica. Sappiate che in tantissimi hanno inviato questa e-mail, ma è stata catalogata come “petizione”. E buonanotte.

La nostra pec invece, dopo alcuni scambi in tempo reale, al telefono,  tra la dipendente con la “dirigente”, finalmente è stata trovata e letta e ci hanno detto che è stata protocollata e che il premier ne è a conoscenza. Uh.
Ma che dobbiamo rifarci ai ministri.Quindi ho iniziato a chiamare le segreterie.
Al Miur non hanno mai risposto.Al ministero della famiglia un signore un po’ stanco ma gentile ci ha detto che se volevamo avere un appuntamento (come era scritto nel testo della nostra lettera!) dovevamo scrivere a … ah. E-mail che non appare da nessuna parte, tra l’altro. Certo. La burocrazia killer.
Al ministero delle Politiche Agricole abbiamo ascoltato delle belle musichette preregistrate, ma poi tutto è stato interrotto. Poi è saltata anche la connessione, che è andata avanti a singhiozzo per tutta la mattinata, chissà i cantieri per il filobus a Verona?
Fattostà che è desolante che tu, cittadino, scrivi all’istituzione e questo è il feedback.Dovrebbe essere che appena ricevono – e non importa quante lettere/email ricevono, sono lì, pagati per quel lavoro e non per girarsi i pollici – dovrebbero notificare ai mittenti. Esistono anche le risposte automatiche, immagino esistano tante cose tecnologiche  che andrebbero in aiuto a queste persone, per raggiungere un minimo di efficienza. E invece.

A corollario del tutto possiamo dire (e lo diciamo perchè sappiamo quel che diciamo, non spariamo a vanvera) che la questione del caregiver familiare, che investe molteplici ambiti della politica, in realtà è in mano ad un solo partito, a poche persone e che quindi non avrà mai l’attenzione e l’importanza che si merita. Non lo sa nessuno e infatti nemmeno sui giornali o in tv nessuno ne parla. Non stiamo parlando di agevolare una manciata di persone, ma di normare tutto un ambito del sociale/sanitario/lavoro etc della nostra Repubblica. Chiedo la mobilitazione generale di tutti i caregiver italiani.
Perchè questo “sottosilenzio” e “far finta di”  è vergognoso!

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Il frutto maturo, marcio, del welfare italiano

Parto da qui (link alla notizia)per brevi ragionamenti sul fatto descritto nell’articolo e concludere con una considerazione che va oltre la disabilità.
Una famiglia non vuole più il figlio con autismo. O non ce la fa più. Perché? Perché siamo sempre più abbandonati a noi stessi nella gestione dei figli con disabilità?
Quali sono i motivi di questa situazione? Una domanda che credo tutte le famiglie con disabilità abbiano fatto o possano fare; ragionamento che è anche una denuncia che, dai tempi del gruppo Genitori Tosti e poi con l’associazione Genitori Tosti, è stata costantemente ripetuta da oltre dieci anni.

Il fatto non è successo in Trentino, regione considerata essere un esempio positivo cui tendere per migliorare la situazione sociosanitaria (e scolastica) delle altre regioni. Per trovare una soluzione al caso si chiede aiuto in una residenza specializzata in Trentino. La realtà mostra il territorio italiano abbastanza omogeneo nel non essere in grado di dare risposte concrete alle strategie di gestione delle disabilità, che diventano abbandono via via che la disabilità è più grave. Le ventilate “ipotesi temporanee” dimostrano la tardiva presa di coscienza dello stato in cui versa il sistema e il suo fallimento. Come abbiamo purtroppo tante volte scritto, evidentemente i piani, le strategie, le professionalità, i numeri odierni non bastano più.

In altre parole, significa che se la disabilità è una sola e facilmente gestibile, allora fino alla maggiore età c’è un sistema che, pur con grossi buchi, segue la persona. Pensiamo alla sordità, oppure alla cecità; a un autismo lieve, a una paraplegia. Ma se la disabilità e complessa, grave, o plurima, allora sono guai grossi. Come nell’articolo.

Il nostro sistema si sta disintegrando. Venti/venticinque anni fa aveva ben altre, migliori, potenzialità. Con l’avvento delle politiche anti-welfare, con l’epoca dell’economia egemone su tutto e tutti, con i tagli graduali o a mannaiate: scuola e socio-sanitario ne han pagato sempre più le conseguenze. La sostanziale mancanza di protesta e la conferma del voto politico degli italiani conduce all’erosione senza fine dello stato sociale. Verso un sistema privatistico sfrenato, nemmeno lontanamente parente di quello nord americano. Intendiamoci: dare consenso all’una o all’altra parte politica non ha minimamente cambiato la situazione: vivere la disabilità permette di capire forse un po’ prima che sono facce della stessa medaglia.

Quella italiana, nonostante momenti di rilievo, è una cultura basata su un’educazione diffusamente discriminatoria e razzista. Pensiamo ai testi originali della Costituzione oppure della Legge 104/92: troppo aperti a una società altruista e troppo frettolosamente modificati per arginarne le potenzialità antidiscriminatorie. Invece bisogna andare oltre, rivedere il sistema esaminando tutte le dinamiche disgreganti. Tenendo sempre ben presente che la componente economica è di gran lunga la più importante.

Oggi per i casi più complessi non esiste personale sociosanitario in grado di gestirli. Con la maggior età arriva l’emarginazione e la sostanziale impossibilità di accedere alla sfera lavorativa.

Togliere risorse alle politiche sociali e all’educazione (e inclusione) scolastica conduce inevitabilmente all’odio verso tutto e tutti. La disabilità è uno degli ambiti sociali fragili che ne paga le conseguenze: stress, povertà, abbandono, omicidi/suicidi. Per sopravvivere bisogna essere veramente tosti, non certo in solitudine e con disponibilità economiche.

La disabilità costa, tanto. Ma costa enormemente di più non investire adeguatamente nella disabilità.

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