Card per tutti

Non credo di sbagliare nel considerare o uno dei principi cardine dell’inclusione il concetto del “ciò che fai tu devo poterlo fare anch’io”. Che significa anche che qualsiasi servizio, luogo, informazione deve essere accessibile a tutti. Laddove possibile, nello stesso modo.

L’ingresso a un ospedale, un ufficio, una chiesa, un museo, deve avvenire per tutti dalla stessa porta. Non dal “retro”.
Il tracciato/mappa per raggiungere quel luogo deve tra l’altro essere anche tattile, descritto in braille e con il percorso in loges.

Un notiziario, un film, uno spettacolo devo poterlo fruire dalla medesima interfaccia, con ciò che serve: sottotitoli (che possono servire a tutti), LIS.

L’informazione/descrizione di un monumento, di un quadro, di una statura, deve poter essere fruita contemporaneamente tramite braille, con sottotitoli, in CAA.

E si potrebbe proseguire con molti altri esempi, generali o di dettaglio.

Si va verso un utilizzo sempre più diffuso della digitalizzazione delle informazioni. Buona cosa per agevolare molti processi complessi: quelli burocratici ad esempio, che consentono di ottenere documenti in poco tempo, sempre più spesso semplicemente da casa, senza neanche più dover “autocertificare” il dato.

Tralasciamo volontariamente di affrontare l’aspetto delicato di “chi” detiene quei dati e le possibili implicazioni, visto che i nostri dati personali possono essere (anche) sensibili.

Il punto sta, piuttosto, su “dove” e “come” possiamo utilizzare i nostri dati; come ce li portiamo appresso?

I soldi in contanti sono sempre meno utilizzati, a favore di carte di credito e debito.

Per risparmiare nella spesa accediamo a sconti personalizzati con una carta.

E tutte questa miriade di carte con i loro dati può ormai essere inserita nei nostri -anche se è riduttivo chiamarli così- telefoni. D’altro canto anche la banca si sta trasferendo dentro le loro memorie affidandogli la segretezza dei codici per l’accesso ai conti correnti: quanto di più (economicamente) sensibile ci sia.
Ma si è già andati oltre, in un intreccio di reti-dati impressionante: le automobili funzionano con una chiave virtuale contenuta negli smartphone. Gli elettrodomestici conoscono le nostre abitudini e aiutano a capire quando proporre di approvvigionare ciò che manca. Tutta la casa reagisce alle nostre azioni donandoci comfort sulla base dello scenario in corso. Un microchip contiene ormai innumerevoli informazioni.

Oltre a quelli “finanziari”, gli altri dati importanti sono ovviamente quelli della nostra persona e quelli sanitari. Il “chi siamo e dove siamo nati” c’è nella carta di identità elettronica, nota con l’acronimo CIE. L’accesso alla sanità avviene grazie alla tessera sanitaria, anch’essa dotata di microchip. E già qui ci si dovrebbe chiedere come mai c’è un doppione di carte.

La carta di identità si può utilizzare per un buon numero di cose. Si legge nel sito del Ministero dell’Interno che può essere utilizzata come strumento di verifica dell’identità, come chiave di accesso ai servizi online e per la fruizione di servizi ad accesso veloce (p.es.: badge identificativi e abbonamenti elettronici). Insomma, racchiude l’identità fisica e digitale dei cittadini nello strumento più sicuro oggi disponibile. Ma c’è di più: la CIE diventa chiave d’accesso ai servizi online degli Stati europei. Si legge nel sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale che “da oggi i cittadini italiani potranno accedere ai servizi digitali dei Paesi europei anche attraverso la carta d’identità elettronica. Una possibilità attualmente già valida per i servizi online degli Stati connessi al nodo eIDAS italiano: Austria, Lussemburgo, Danimarca, Estonia, Grecia, Lituania, Lettonia, Malta, Olanda, Norvegia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Regno Unito. Così come SPID, anche la CIE diviene quindi uno strumento per attestare la nostra identità digitale in tutta l’Unione Europea.”

Ottimo, ovunque sarà sufficiente questa tessera per identificarsi senza patemi di conoscenza della lingua.

Però… e se ci ammaliamo? Semplice!, c’è la tessera sanitaria, forse uno strumento ancora più importante dato che serve in momenti di fragilità della propria salute. Sul sito del Ministero della Salute si legge che grazie a questa card, istituita nel 2004, “per ottenere le prestazioni, puoi recarti direttamente presso un medico o una struttura sanitaria pubblica o convenzionata ed esibire la TEAM, che dà diritto a ricevere le cure alle stesse condizioni degli assistiti del Paese in cui ti trovi.”

Ok, tutti abbiamo l’armamentario per accedere ai servizi europei. Efficiente ed efficace sburocratizzazione, finalmente. Due tessere ma pazienza, poca cosa per servizi preziosi.

Ma adesso ne arriva una terza, per molti ma non per tutti: la “disabilty card”. Che si legge nell’apposito sito web, serve per “l’accesso alle persone con disabilità a una serie di servizi gratuiti o a costo ridotto in materia di trasporti, cultura e tempo libero sul territorio nazionale in regime di reciprocità con gli altri Paesi della UE.” Con “l’obiettivo è garantire la piena inclusione delle persone con disabilità nella vita sociale e culturale delle comunità. Lo strumento, una Card unica appunto, dovrebbe essere uguale in tutti i Paesi aderenti e rilasciata sulla base di criteri omogenei. Partecipano al progetto 8 paesi dell’Unione: Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Malta, Slovenia, Romania e, naturalmente, Italia.”

E qui sorgono alcune domande: non bastava la carta di identità elettronica o quella sanitaria per inserire i dati che andranno nella disability card? Perché per accedere a un museo e aver rispettati i diritti bisogna identificarsi con questa ulteriore carta di identità?

È chiaro che comunque viene richiesto di dichiarare la propria disabilità, ma perché non usare quella carta che già tutti hanno? D’accordo che probabilmente la carta di identità elettronica non ha un funzionamento omogeneo in Europa. Ma non è un dover passare dal “retro”?

Va beh, basta fare i no-card. Buon 3 dicembre a tuttƏ

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3 dicembre 2021: mai fermarsi!

Il 3 dicembre si celebra la giornata internazionale delle persone con disabilità.

Quest’anno il tema della giornata è la “Leadership and participation of persons with disabilities toward an inclusive, accessible and sustainable post-COVID-19 world”, come riportato nel sito web delle Nazioni Unite.

La nostra chiave di lettura verso un mondo inclusivo, accessibile e sostenibile è sempre stata di coinvolgere le persone con e senza disabilità, sensibilizzandole a una cultura realmente inclusiva. Stimolando una riflessione su sé stessi, sul proprio percorso culturale. Sulla condizione del presente che ci vede con o senza disabilità. Sulla prospettiva di un futuro che, prima o poi, ci porta in una condizione che diventa “fragile” soprattutto per un contesto che ci porta e essere tali.

Scuola4ALL è nata nel 2017 proprio con questa finalità: rivolta ai giovani alunni e alunne, studenti e studentesse, nella certezza che solo i giovani possono cambiare la cultura fortemente discriminatoria dell’Italia.

Da quest’anno inizia “Scuola4ALL: EsploraLO”: nell’ambito dei PCTO, Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, e in collaborazione con CLEBA, Comitato Lodigiano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, EsploraLO è destinato alla promozione del turismo accessibile nella città di Lodi e del suo territorio.

EsploraLO origina da due principi: l’attività del blog http://lodialisblog.wordpress.com/ che narra il risveglio del territorio lodigiano, e l’iniziativa della Provincia di Lodi “SculturiAmoLo, Un museo a cielo aperto”, conclusa nello scorso luglio 2021, che ha visto l’elaborazione di un itinerario virtuale visitabile via web con una descrizione storico-artistica inerenti 36 siti tra sculture, monumenti e statue. EsploraLO ha l’obiettivo di estendere l’accessibilità di questi siti, coinvolgendo e destinando i risultati del progetto a un’utenza più ampia possibile. Al contempo, si potrà valutare di estendere le finalità ad altri contesti: l’iniziativa potrà essere in seguito estesa a luoghi e edifici affini alle finalità del progetto, sempre sotto il profilo della gestione ed eliminazione delle barriere.

EsplaraLO verrà presentato il prossimo 3 dicembre in seno all’iniziativa “Risvegliamoci tutti” nel Festival dei Diritti 2021 organizzato dal CSV Lombardia SUD:

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GT con il CNS, Coordinamento Nazionale Sordità

Dal luglio 2021 Genitori Tosti partecipa ai lavori del neonato Coordinamento Nazionale Sordità (CNS), costituito, inizialmente, da associazioni che si occupano (in via esclusiva o meno) della sordità.

Il Coordinamento ha il fine di tutelare i diritti delle persone con sordità che, grazie in particolare alla tecnologia delle protesi acustiche e/o agli impianti cocleari, hanno in questi decenni raggiunto la possibilità di una reale inclusione e integrazione sociale, ma che una diffusa politica inappropriata ha deciso di non voler riconoscere.

Lo scopo di Genitori Tosti è sempre stato quello di tutelare il diritto di tutte le persone con disabilità, dialogando, quindi, con tutti a 360° nel reciproco rispetto. Abbiamo sempre scritto che nella disabilità (come in qualsiasi altro contesto) ogni necessità, diritto, ausilio, anche quelli più marginali, devono essere rispettati e garantiti, a prescindere da qualsiasi ragione o termine economico.

La garanzia dei diritti delle persone con disabilità nel nostro Stato è sbilanciata da quando, nel dopoguerra, furono riconosciuti quegli Enti che ancor oggi raggruppano una parte -non certo tutti- delle disabilità; per la sordità l’Ente Nazionale Sordi (ENS). I recinti non riescono quasi mai a contenere tutti, e nel corso dei decenni sono nate associazioni, gruppi di associazioni, coordinamenti, federazioni a causa, evidentemente, del mancato riscontro di un’adeguata tutela o riconoscimento da parte dei suddetti Enti, che troppo spesso hanno mantenuto, oltre agli ingenti finanziamenti dello Stato, il ruolo senza la necessaria evoluzione. Rappresentando, oltretutto, ormai un’esigua parte delle persone che pretendono di tutelare.

Con il Decreto Sostegni-bis (articolo 34 ter della legge 69 del 21 maggio 2021) prima dell’estate è arrivato il riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana. Un’iniziativa che appare superata dalla sempre innovativa Legge 104 del 1992 che, unica nel panorama internazionale, tutela già in nuce tutte le persone con disabilità. Questo è infatti il vero principio del riconoscimento dei diritti: la loro universalità e uguaglianza. Tra i quali, quindi, anche quello della Lingua dei Segni Italiana.
Mancano, invece, nella legislazione odierna gli strumenti attuativi per garantire il diritto delle persone con sordità che grazie ai dispositivi tecnologici sentono e utilizzano la lingua parlata; tra i principali:

  • l’inclusione sociale, scolastica e lavorativa della persona sorda con un’appropriata informazione alla popolazione;
  • lo screening neonatale per tutti;
  • una rete di centri audiologici capillare, organizzata negli ospedali, indipendenti dai reparti di otorinolaringoiatria;
  • la formazione dei pediatri e, in generale, di tutto il settore della sanità e, ancor più diffuso, di tutti gli Enti pubblici;
  • il diritto all’aggiornamento tecnologico dei dispositivi (leggi: LEA adeguati e adottati in tutta Italia);
  • luoghi con un comfort acustico corretto;
  • la sottotitolazione;
  • assistenti alla comunicazione professionalizzati e riconosciuti dallo Stato.

Ne abbiamo parlato alcuni mesi fa più diffusamente, a questo link.

Sono elementi che, beninteso, vanno oltre la sordità e richiamano battaglie di Genitori Tosti sin dalla sua costituzione. Non sono, insomma, una novità. Ma il fatto che si voglia a tutti i costi puntare su una forma di “abilitazione” dimenticando il progresso scientifico, medico, pedagogico, tecnologico, nonché la statistica degli ultimi cinquant’anni è una discriminazione, e come tale va contrastata.

Ci piacerebbe, invece, una maggior attenzione al cuore della questione con un approccio scientifico e inclusivo per tutti, come avviene al di la dei nostri confini. Ci piacerebbe parlare di comunicazione, elemento comune a tutte, e non solo, le disabilità. Purtroppo, constatiamo ancora una volta come nel nostro Paese si punti sempre meno alla cultura offrendo, invece, spunti per la pancia, ai quali la massa si attesta senza tanta fatica di ragionare. Tant’è, non senza una certa fatica noi andiamo avanti.

Tornando al Coordinamento, questo ha natura temporanea ed è aperto a chiunque, famiglia, associazione, persona, che volesse attivarsi e lavorare assieme per il raggiungimento degli scopi illustrati.

Per chi volesse ulteriori informazioni, può contattarci (lombardia@genitoritosti.it) oppure inviare una mail direttamente al CNS: coordnazionale.sordita@gmail.com

ELENCO DELLE PRIORITÀ INDIVIDUATE DAL COORDINAMENTO NAZIONALE SORDITÀ:

1. Creare una rete tra le associazioni per condividere e raggiungere più efficacemente obiettivi già definiti e in itinere.

2. Collaborare con il mondo scientifico per convergere su medesimi obiettivi. In particolare, per diffondere una cultura della sordità aperta a superare lo stigma della sordità. Comunicare in modo semplice e chiaro per coinvolgere l’opinione pubblica sulla sordità.

3. Operare nell’interesse di tutte le realtà associative aderenti, armonizzando e superando istanze personali e locali.

4. Coinvolgere la classe politica per promuovere una politica globale (sanitaria, scolastica, sociale, previdenziale, lavorativa, ecc.) di parità di diritti.

5. Coinvolgere e formare il personale che opera nell’ambito della sordità (Docenti universitari, Pediatri, Medici specialisti, Insegnanti di ogni ordine e grado) o che deve affrontare professionalmente il la sordità (progettisti, costruttori, informatici, uffici del lavoro, aziende).

6. Informare e sostenere le famiglie e le persone sorde sulle metodiche riabilitative della comunicazione.

7. Promuovere la copertura del territorio nazionale con centri di livello attrezzati e adeguati alla popolazione per la diagnosi e la cura della sordità.

8. Promuovere i nuovi LEA su tutto il territorio nazionale per garantire la loro completa applicazione, in particolare lo screening universale con la conservazione dei dati alla nascita, la fornitura di protesi, ausili e servizi in modo adeguato ed omogeneo e la raccolta completa dei dati epidemiologici per un monitoraggio delle attività e dei risultati.

9. Partecipare alla definizione delle norme attuative e della applicazione dell’articolo 34 ter della legge 69 del 21 maggio 2021.

10. Istituire una giornata dedicata alla sensibilizzazione nazionale sulla sordità con iniziative locali e centrali attraverso il coinvolgimento delle realtà associative aderenti.

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PARATOKYO 2021

Il prossimo 24 agosto iniziano le paralimpiadi.

Il 23 ci sarà la sfilata.

Quest’anno noi Italia partecipiamo con ben 113 atleti, in maggioranza donne.

Speriamo che in tanti seguiremo i nostri atleti.

Speriamo anche che tutte le gare vengano trasmesse, in maniera che la gente normalmente avulsa dal nostro mondo possa seguirle: vedere è 100 volte più didattico che spiegare, l’inclusione si fa anche grazie ai video.

A questo link potete leggere il programma.

Un pensiero: pensate a questi atleti che chissà che sacrifici e in che condizioni si allenano.

E poi pensate ai tanti ragazzini/e ragazzine con disabilità che vorrebbero fare sport ma non ce la fanno perchè non esistono le società (ASD) che sono formate per essere inclusive e quindi accogliere atleti con disabilità

Poi pensiamo all’accessibilità degli impianti sportivi che spesso è sotto lo zero Kelvin.

In bocca al lupo quindi ai nostri paratleti.

Un pensiero poi all’immenzo Alex Zanardi: sarebbe lì anche lui.

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Apprendisti stregoni e inclusione scolastica.

Erano anni che non vedevo una concentrazione di articoli allarmistici e senza fondamento come quelli che sono usciti la settimana scorsa sul nuovo PEI. 

Titoli come “Scuola, Azzolina taglia il sostegno per i disabili” (Cronachedi) oppure “Scuola, Elio contro i nuovi piani di studio per i disabili: «Alunni discriminati»” (Il Corriere della Sera), “Nuovo PEI, l’associazione CIIS attacca: “Gli alunni con disabilità penalizzati e messi ai margini”” (orizzonte Scuola) oltre alla svagonata di post su Fb  fanno, alla sola lettura del titolo, tremare i polsi. 

Poi si va a leggere il contenuto e quello che affiora è un sorriso sulle labbra che si tramuta poi in riso. Può essere che il periodo abbia messo così a dura prova tutti che si sfinisce a sragionare. Oppure può essere che si abbia la memoria corta, un’infarinatura spicciola e soprattutto non si sia letto il decreto in oggetto che va a definire il PEI. Ci sembra giusto e corretto fare presente che questo decreto è stato approvato nel 2017, quando il Ministro dell’istruzione era Valeria Fedeli (PD) e non Lucia Azzolina. Giova anche sapere che tale decreto è stato approvato dalla commissione istruzione al Senato, presieduta da Sergio Pittoni (Lega). Furono audite un sacco di associazioni pure. 

Noi Genitori Tosti, anche, ci mobilitammo all’epoca, per mesi cercammo di aprire un dialogo per mettere sul tappeto certe questioni nodali. Scrivemmo addirittura a Papa Francesco (219 genitori firmatari), al presidente della Repubblica oltre che a tutti i senatori che formavano la commissione. Partecipammo anche ad un incontro con la ministro Fedeli. Nessuna delle nostre istanze fu mai presa in considerazione. 

Giova ricordare anche che quanti di quelli che oggi urlano allo scandalo e alla discriminazione, erano quelli che all’epoca facevano le audizioni oppure erano nell’Osservatorio per l’integrazione scolastica. Su questo decreto ne abbiamo già parlato, sapientemente, qui . 

Mi chiedo a chi giovi tutto questo che articoli allarmistici contribuiscono a creare: la situazione dell’inclusione nelle scuole italiane è SEMPRE stata critica. Ogni anno da SEMPRE veniamo a conoscenza di numerosi e diffusi abusi di ogni tipo. Ormai è dal 2007 che noi Genitori Tosti ne parliamo e cerchiamo di offrire soluzioni e gli strumenti per difendersi da una parte e strumenti per costruire le buone prassi dall’altra (i seminari di in-formazione o i progetti nelle scuole o le campagne come quella quinquennale dei GLH). Non abbiamo mai aperto gruppi di sostegno dove far affluire genitori  in ambasce per poi buttare fuori un libro da rivendere a questi genitori, nè abbiamo mai chiesto 5 cent a nessuna delle famiglie che, pur non iscritte all’associazione, hanno chiesto il nostro aiuto. Abbiamo persino creato posti di lavoro mediando tra le scuole e le famiglie là dove appunto mancavano le ore o le figure che dovevano essere assunte per consentire il pieno diritto all’istruzione e allo studio degli alunni con disabilità. 

Ci sembra inconcepibile che chi dovrebbe dare le informazioni, invece, crei confusione e alimenti  paure. Invitiamo i genitori a leggere bene il decreto. E prima di fasciarsi inutilmente la testa invitiamo ad  informarsi correttamente, magari si perde un po’ di tempo, è difficile etc ma solo l’informazione corretta e non mediata da terzi che possono erroneamente interpolare aiuta a sapersi destreggiare in quello che purtroppo è il far west scolastico italiano.

Finalmente per legge si prevede che venga steso questo documento fondamentale che è il PEI, oggi il GLO amplia la collaborazione con le famiglie e si potrò finalmente ragione su un modello di PEI uguale in tutta Italia! Prima succedeva che la stesura del PEI venisse rifilata al solo docente di sostegno o peggio all’ASACOM e una volta assemblato veniva fatto firmare in piedi all’uscita di scuola ai genitori, poichè nemmeno il GLHO facevano le scuole e i genitori manco sapevano che cosa firmavano! 

Quindi: attendiamo il prossimo settembre per esprimerci e, nel frattempo, in bocca al lupo a tutti e non perdete la ciribicoccola.

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