
Ogni tanto incappo in discussioni che mi appaiono sul video, quando mi connetto a Facebook.
“Le parole sono importanti. Basta! Proviamo a non usarli più? Diversamente abile, invalido, disabile: basta! Le parole sono importanti. Di più, le parole mostrano la cultura, il grado di civiltà, il modo di pensare, il livello di attenzione verso i più deboli. Non è una esagerazione. Cambiamo il linguaggio e cambieremo il mondo. Ci sono parole da usare e non usare. E quelle da non usare non vanno usate. Hai voglia a dire: chiamami come vuoi, l’importante è che mi rispetti. No! Se mi chiami in maniera sbagliata mi manchi di rispetto. Se parliamo di disabilità, proviamo a usare termini corretti, rispettosi? Parole da usare e non usare. Concetti da esprimere o da reprimere. Semplicemente: persona con disabilità. L’attenzione sta lì, sulla persona. La sua condizione, se proprio serve esprimerla, viene dopo. La persona (il bambino, la ragazza, l’atleta ecc.) al primo posto. Questa è una delle indicazioni fondamentali che giungono dalla “Convenzione Internazionale sui diritti delle persone con disabilità” (New York, 25 agosto 2006, ratificata, e quindi legge, dallo Stato Italiano). Non: diversamente abile, disabile, handicappato (ma lo usa ancora qualcuno?)”
“L’inglese to handicap – che in italiano ha dato origine prima al verbo handicappare ‘porre in stato di inferiorità’ e poi al participio con funzione sia sostantivale sia aggettivale handicappato…” E ancora: “Nelle loro accezioni medico-sociali handicap e handicappato (in forma quest’ultimo tanto di sostantivo quanto di aggettivo) sono stati avvertiti come legittimi (e semanticamente neutri) almeno fino agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso. Non a caso, ancora nel 1992, la Legge quadro 104 si proponeva di normare “l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”. Tuttavia, durante lo stesso decennio, si è assistito a un significativo avvicendamento tra le coppie handicap/handicappato e disabilità/disabile. Lo si evince non solo dalla stessa giurisprudenza, ma anche da altre forme di testualità (basta inserire i binomi in un motore di ricerca di un qualsiasi quotidiano nazionale per fare una prima sommaria verifica), che documentano piuttosto chiaramente la novità nel paradigma.”
Maggio 2016. Rilanciamo la campagna GLH dei Genitori Tosti “GLH in tutte le scuole: la disabilità con orgoglio!”
Un po’ di storia
Dal 2011 i Genitori Tosti promuovono la campagna “GLH in tutte le scuole: SI PUO’ FARE!” con il fine di informare le famiglie su questo fondamentale strumento che, per legge, deve essere istituito e convocato in ogni scuola, pubblica o paritaria che sia. Il Gruppo di Lavoro sull’Handicap Operativo (GLHO) lavora insieme alle famiglie sul singolo alunno con disabilità; il GLHI, gruppo di lavoro sull’handicap di Istituto, è invece mirato alla gestione della disabilità nella scuola, Istituto Comprensivo o Circolo, nel quale partecipa una rappresentanza delle famiglie.
Nel 2013 la campagna “GLH in tutte le scuole: si può fare!” è tornata con gli ultimi aggiornamenti normativi (sui quali abbiamo già scritto qui e qui), per ribadire che il GLH è il momento previsto dalla normativa sull’integrazione scolastica per il confronto tra tutte le parti che concorrono a realizzare il Progetto di Vita dei nostri figli. Serve a fare il punto della situazione per trovare le strategie più idonee, sia per correggere il tiro quando necessario. Crediamo che il GLH possa diffondere la partecipazione nella scuola delle famiglie; con l’auspicio che sia la scuola a chiamarle nei GLH e non il contrario come troppo spesso ancor’oggi accade.
Abbiamo assistito a GLH di ogni genere, da quelli dove si trovavano famiglia e il solo docente di sostegno, a gruppi con la partecipazione di tutto il team docente, incluso gli assistenti (OSS, AEC e Operatori scolastici all’autonomia e alla comunicazione), e degli specialisti. Quelli senza prospettive di miglioramento, sia, invece, riunioni dove si sono coralmente individuati gli obiettivi e le strategie per raggiungerli. Questi ultimi rappresentano lo scopo della campagna GLH 2016!
La nuova campagna 2016: GLH, criterio per il comitato di valutazione e alternanza scuola-lavoro
Alla luce delle novità introdotte con la Legge 107/2015, soprannominata “Buona scuola”, ma anche per il reiterarsi della scarsa applicazione delle norme basilari dell’inclusione in molte scuole, è necessario un nuovo impulso rivolto alle famiglie, alle stesse scuole e al MIUR.
Ecco quindi la nuova campagna imperniata sì sui GLH ma che sfrutta la nuova norma andando a incidere sul cuore della scuola: la capacità inclusiva quale criterio della qualità didattica che determinerà la premialità ai docenti indicata dai neonati Comitati di Valutazione.
In secondo luogo la gestione dell’alternanza scuola-lavoro, rilanciata dalla Legge 107/2015, che per la disabilità è un’occasione preziosa per legare il periodo scolastico al futuro sociale dei nostri figli.
I tre punti della campagna, strettamente legati e complementari tra loro
Tutti i tre aspetti, GLH, criteri dei Comitati di Valutazione e alternanza scuola-lavoro, non possono prescindere da un rigore applicativo di tutti gli strumenti che la normativa prevede, a partire dai PEI. Il Piano Educativo Individualizzato è il documento fondamentale su cui si fonda il percorso inclusivo nel piano di vita dei nostri figli; è la bussola grazie alla quale potranno essere tratti gli spunti per il progetto educativo scolastico, sia per strutturare il progetto formativo dell’alternanza scuola-lavoro e, quindi, le coordinate del progetto di vita. Ma a condizione che tutto sia compiuto con rigore e qualità. Quella qualità inclusiva che potrà costituire il peso sulla bilancia della premialità per i docenti: quanto più inclusiva sarà la scuola e i suoi docenti, tanto più questi potranno essere premiati sulla base del criterio stabilito dal Comitato di Valutazione. Con la conseguenza che la scuola potrà Continue reading