Sempre avanti mai indietro – Due chiacchiere con… Paolo Vezzani

A dicembre dello scorso anno, quando eravamo tutti ignari che di lì a qualche settimana sarebbe scoppiata una pandemia a livello globale, la sottoscritta insieme al consiglio direttivo dell’associazione pensava alle attività dell’anno successivo e una di quelle messe sul tavolo era fare un incontro al mese, da gennaio a giugno, per presentare un libro. Uno dei libri cui avevamo pensato era proprio quello di Paolo Vezzani (in foto), un signore di Ferrara davvero molto tosto. L’ho scoperto a causa della mia curiosità quando leggo una notizia e voglio approfondirla: Paolo era un consigliere comunale, persona con disabilità. Lo cerco su Fb, lo trovo, gli chiedo amicizia e gli propongo di venire a Verona a presentare il suo libro. Accetta e decidiamo di parlarne al telefono un certo giorno, perché noi GT all’epoca eravamo tutti impegnati con la campagna per la legge sul caregiver, avevamo l’incontro a Roma in ballo e quindi fissammo di sentirci a partire dal 10 febbraio non sono mai riuscita a fare quella telefonata, poi venne l’emergenza Covid. Solo due settimane fa ho recuperato Paolo – anche perché nel frattempo mi era finalmente arrivato il suo libro. In barba ad emergenze e limiti tecnologici – avevo ipotizzato anche un evento online ma proprio non ce la faccio , ecco qui una bella intervista e una rubrica nuova di fiamma “Due chiacchiere con…”
La sua storia, così come è scritta nel libro merita davvero di essere conosciuta perché non è la solita storia della persona colpita da un evento imprevedibile ed avverso, potenzialmente letale, che poi ce la fa. E instilla a noi ignari estranei a questa esperienza, l’energia per affrontare il nostro quotidiano appannato. Questa storia non solo colpisce ma è affascinante per il particolare punto di vista del suo autore. Ho cercato di figurarmelo spesso, come può essere Paolo dal vivo. La prima cosa che colpisce è la calma serena che ti pervade leggendo. Appena ricevuto il pacco dal postino ho praticamente divorato 30 pagine per poi addormentarmi di colpo: a petto di un argomento così drammatico mi sono talmente rilassata nella lettura, al punto di fare l’unica cosa che mi manca davvero, dormire. Quindi a fine libro mi sono immaginata una persona che tutti giudicano impulsiva e grintosa quasi testarda forse, apparentemente, ma che in realtà è un osservatore e un soppesatore e quando agisce è perché ha affinato la sua decisione e forse gli serve anche poco tempo rispetto alla media per compiere tutto questo processo. Sembra infatti che tutto quello che si prefigge riesca a farlo ed anche brillantemente. Sia come sia, bando alle ciance.

Ciao Paolo, come stai? Cosa stai facendo al momento?
Ciao Ross sto bene i controlli vanno bene e in questo momento sto ragionando ad un progetto 2022.

Allora parliamo di questo libro: come e quando ti è venuta la voglia di concepirlo e farlo?
Diciamo che che il primo “la” me lo ha dato Carla, poi ho ragionato e pensavo fosse inarrivabile per me, poi un giorno per il caso della vita, parlando con un amico grande fotografo della MotoGP, mi dice che la sua ragazza scrive libri e il resto è storia.

Il libro è uscito nell’autunno del 2019, hai fatto in tempo a fare qualche presentazione dal vivo e poi il Covid 19 ha bloccato tutto. Pensi che riprenderai durante l’estate, da qualche parte? O magari userai lo streaming online come stanno facendo un po’ tutti?
Il libro è uscito il 3 dicembre, giornata mondiale della disabilità. La presentazione in anteprima mondiale fu fatta in occasione di Eicma a Milano, in quell’occasione presentai il mio libro, e lo ringrazio ancora, nello stand del mio caro amico e fratello Vittorio Brumotti e poi dagli amici di moto.it Poi dopo ci fu un susseguirsi di presentazioni ma poi, per colpa del virus mi sono fermato e penso che adopererò i social e se potrò mi sposterò.

Una delle tante cose che mi ha colpito leggendo è che tu dici che nessuno ti ha aiutato a superare tutto quello che stavi affrontando, nessuno che abbia passato un’esperienza analoga alla tua. Tu con questo libro invece vuoi essere d’aiuto e penso proprio che l’obbiettivo sia pienamente centrato. Ma tu come hai fatto, da dove hai tratto la forza? Davvero è stato sufficiente il percorso motivazionale che hai fatto per altri motivi, tra l’altro, era per lavoro se non sbaglio. Non pensi che in Italia manchi proprio il servizio di supporto psicologico alle persone con diagnosi di tumore oppure che, per salvarsi, devono essere amputate?
Si nessuno mi ha aiutato. Sono passato dal fare tutto quello che volevo, avere affetti, un amore avere qualsiasi cosa… all’essere dentro un tunnel esagerato. Non ne vedevo la fine, ma poi mi sono fermato e ho ragionato, perché questo male ti toglie tutto, molte volte ti porta ad essere solo, quindi devi essere carico, pronto e preparato. Capisco che non sia facile parlare con chi sta affrontando la tua malattia o il percorso per operarsi. Quindi sì ero solo ma lì ho capito che serviva qualcosa, perché sì esistono lo psicologo e lo psichiatra ma ho capito che serviva qualcosa che andasse oltre. Ecco perché il libro lo chiamo uno strumento per darsi la carica. Io ho fatto per quasi 20 anni il l’agente di commercio. E ho fatto molti corsi motivazionali che poi mi sono serviti. Ma il grande aiuto mi è arrivato dal motomondiale, il grande Dottor Costa. Ho avuto la fortuna di poter vivere il motomondiale dal suo interno e ho avuto la fortuna di conoscere il grande Dottor Costa. Lui mi ha dato quella carica in più che mi mancava. Penso che manchi a livello nazionale un supporto alle persone con diagnosi da tumore, come la mia figura che dia quel quid in più è essenziale, perché io ho sempre ottenuto il risultato, cioè premetto non sono nè uno psicologo nè uno psichiatra. Ma logicamente la mia forza è il mio passato il mio vissuto, quindi quando parlo con una persona che si deve amputare, è più tranquillo e sereno perché vede un collega. E se ce l’ho fatta io perché non devi farcela tu? Questo è quello che dico, anzi devi fare meglio di me. Infatti come Onlus stiamo portando avanti questo progetto perché vengo non sempre, ma a volte capita di essere chiamato da altri ospedali per dare supporto anche telefonico. Il risultato è sempre lo stesso.

Bellissima questa cosa che grazie alla tua carica positiva i medici ti cambiavano di stanza per “contagiare” gli altri degenti. Hai mai pensato di fare dei corsi o dei seminari per formare per esempio i volontari di associazioni o anche medici/infermieiri per assumere questo approccio che è fondamentale in un luogo come l’ospedale? Ogni tanto nel libro citi Patch Adams…
Non ho mai pensato di fare corsi o seminari per formare dei volontari o medici e infermieri. Cito patch Adams perché un po’ ho preso spunto da lui dal film. Quindi si ci vuole sempre più Patch Adams. Perché è ora di finirla a mio avviso di dire paziente, siamo persone sia medico e paziente.

Quindi poi hai pensato di fondare una onlus per aiutare l’ospedale a migliorarsi e per raccogliere fondi per la ricerca sui tumori. Quali sono i prossimi eventi in programma per questi obbiettivi?
La onlus è stata pensata il giorno successivo alla prima operazione insieme al mio medico che mi ha operato entrambe le volte, il Dott.Massimiliano De Paolis.
Il prossimo evento sarà il 2022 un progetto importante di grande portata. Ma non dico nulla per scaramanzia.

Hai mai avuto dei feedback da parte dei lettori? Proposte? Nuove amicizie?
Si ho avuto tanti commenti positivi da parte di chi ha letto il libro, ho la fortuna di aver conosciuto Pietro Sini superstite di Nassyria, ho avuto il piacere e l’onore di ricevere i complimenti da un grande magistrato antimafia Dr. Sebastiano Ardita, ho avuto l’onore di avere gli amici alpini per sostenere la beneficenza  ed è corso in supporto il coro della tridentina ora siamo grandi amici.  Per ultimo un collaboratore di giustizia mi ha voluto chiamare e ringraziarmi e farmi tanti complimenti per quello che sto facendo anche sul tema legalità.

Vuoi parlarci di Carla, alla quale hai dedicato il libro? L’hai sognata di recente?
Carla è stata per me la carica oltre al dottorcosta, la mia adrenalina. Carla è e sarà sempre una parte di me anche se non c’è più, come la mia gamba, per usare un paragone. Carla mi è, e io per lei, stata vicino sempre, nel mio record Bologna-Monaco lei appena potevo la chiamavo e lei era sempre lì con me.Ricordo quando sono arrivato a Monaco lei era felicissima perché sapeva avevo fatto qualcosa di unico al mondo era emozionatissima.Carla era lei che mi ha spinto a fare tutte queste cose, in un certo senso, se sono quel che sono e se ho fatto quello che sto facendo, lo devo anche soprattutto a lei.

Un’altra cosa che mi ha colpito è che nel tuo libro non citi mai nessuna canzone. Non ti piace la musica? Che cosa ascolti?
La musica si mi piace tutta, pensa che la mia carica su quel letto la prendevo dalla musica rock e i film di Bud Spencer Terence Hill e Don Camillo. Ascolto tutta la musica indistintamente.

L’augurio che fai e ti fai è:
L’augurio che faccio è che un giorno possiamo dire abbiamo sconfitto i sarcomi. L’augurio che mi faccio è sempre avanti mai indietro…

Trovare Paolo è facile a mezzo Facebook. Lascio qui il link al sito della sua ONLUS che finanzia proprio gli scienziati che studiano come sconfiggere i sarcomi.


Il libro è “Sempre avanti mai indietro” Paolo Vezzani, Diarkos editore.

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Anche noi facciamo un evento online

In era Covid19 dove tutto è stato squadernato e reinterpretato, osservando le distanze e le precauzioni, anche noi Genitori Tosti ci abbiamo provato e quindi saremo visibili online, sulla piattaforma Zoom, il prossimo giovedì 25 giugno 2020.
Più sotto daremo tutti i dettagli.

Quello di cui vogliamo parlare è il backstage al nostro preparare e mettere a punto questa, che sarà la nostra campagna per il 2020 e cioè i concerti accessibili.
Abbiamo scritto ad un sacco di associazioni, enti, soggetti del mondo della musica, giornali, promoter e anche artisti.
Riserviamo i commenti alla fine.
Invece i ringraziamenti doverosi e sentiti vanno: a Miss G e le Barriere Architettoniche,  che può sembrare il nome di una band e invece è una ragazzina di Novara che ha iniziato una cosa bellissima ed importante come la mappatura delle barriere nella sua città: lei esce e si filma, mentre affronta strade e luoghi. Da Nobel!
In seconda battuta ringraziamo Carmelo Comisi e Riccardo Rozzera rispettivamente presidente e responsabile per la comunicazione di Disability Pride Italia che è quella cosa fantastica come l’happening per i diritti delle persone con disabilità che si tiene a Roma e coinvolge decine di organizzazioni italiane.
Infine, the last but not the least, la pagina Fb WFR acronimo per “We Fucking Rock” e cioè una pagina di oltre 4000 persone che suonano e amano e scrivono di musica metal: il supporto che ci hanno dato è pazzesco! Grazie!
Poi ci sono tutti gli aderenti alla campagna che presenteremo in seguito e che sono preziosi partner per la nostra campagna, che mira ad ottenere il protocollo unico per tutta l’Italia dell’accessibilità ai concerti/eventi dal vivo.
A questo link trovate le istruzioni per seguire la diretta del 25 giugno.
Un ultimo pensiero: l’accessibilità degli eventi riguarda anche, per esempio, le persone sorde, che possono partecipare o con la sottotitolazione o con la traduzione in LIS. A questo proposito linko un video esplicativo – due anni fa, proponendolo agli organizzatori di un festival, non ricevemmo reazioni concrete di sorta.
Infine: il disegno usato per questo post ritrae un cantante americano, che è sulla sedia a rotelle. Ci pensiamo a come deve essere l’accessibilità ai concerti anche per gli artisti? Saluti a Steve Becerra dei Possessed che ha continuato a fare concerti ovunque.

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Il frutto maturo, marcio, del welfare italiano

Parto da qui (link alla notizia)per brevi ragionamenti sul fatto descritto nell’articolo e concludere con una considerazione che va oltre la disabilità.
Una famiglia non vuole più il figlio con autismo. O non ce la fa più. Perché? Perché siamo sempre più abbandonati a noi stessi nella gestione dei figli con disabilità?
Quali sono i motivi di questa situazione? Una domanda che credo tutte le famiglie con disabilità abbiano fatto o possano fare; ragionamento che è anche una denuncia che, dai tempi del gruppo Genitori Tosti e poi con l’associazione Genitori Tosti, è stata costantemente ripetuta da oltre dieci anni.

Il fatto non è successo in Trentino, regione considerata essere un esempio positivo cui tendere per migliorare la situazione sociosanitaria (e scolastica) delle altre regioni. Per trovare una soluzione al caso si chiede aiuto in una residenza specializzata in Trentino. La realtà mostra il territorio italiano abbastanza omogeneo nel non essere in grado di dare risposte concrete alle strategie di gestione delle disabilità, che diventano abbandono via via che la disabilità è più grave. Le ventilate “ipotesi temporanee” dimostrano la tardiva presa di coscienza dello stato in cui versa il sistema e il suo fallimento. Come abbiamo purtroppo tante volte scritto, evidentemente i piani, le strategie, le professionalità, i numeri odierni non bastano più.

In altre parole, significa che se la disabilità è una sola e facilmente gestibile, allora fino alla maggiore età c’è un sistema che, pur con grossi buchi, segue la persona. Pensiamo alla sordità, oppure alla cecità; a un autismo lieve, a una paraplegia. Ma se la disabilità e complessa, grave, o plurima, allora sono guai grossi. Come nell’articolo.

Il nostro sistema si sta disintegrando. Venti/venticinque anni fa aveva ben altre, migliori, potenzialità. Con l’avvento delle politiche anti-welfare, con l’epoca dell’economia egemone su tutto e tutti, con i tagli graduali o a mannaiate: scuola e socio-sanitario ne han pagato sempre più le conseguenze. La sostanziale mancanza di protesta e la conferma del voto politico degli italiani conduce all’erosione senza fine dello stato sociale. Verso un sistema privatistico sfrenato, nemmeno lontanamente parente di quello nord americano. Intendiamoci: dare consenso all’una o all’altra parte politica non ha minimamente cambiato la situazione: vivere la disabilità permette di capire forse un po’ prima che sono facce della stessa medaglia.

Quella italiana, nonostante momenti di rilievo, è una cultura basata su un’educazione diffusamente discriminatoria e razzista. Pensiamo ai testi originali della Costituzione oppure della Legge 104/92: troppo aperti a una società altruista e troppo frettolosamente modificati per arginarne le potenzialità antidiscriminatorie. Invece bisogna andare oltre, rivedere il sistema esaminando tutte le dinamiche disgreganti. Tenendo sempre ben presente che la componente economica è di gran lunga la più importante.

Oggi per i casi più complessi non esiste personale sociosanitario in grado di gestirli. Con la maggior età arriva l’emarginazione e la sostanziale impossibilità di accedere alla sfera lavorativa.

Togliere risorse alle politiche sociali e all’educazione (e inclusione) scolastica conduce inevitabilmente all’odio verso tutto e tutti. La disabilità è uno degli ambiti sociali fragili che ne paga le conseguenze: stress, povertà, abbandono, omicidi/suicidi. Per sopravvivere bisogna essere veramente tosti, non certo in solitudine e con disponibilità economiche.

La disabilità costa, tanto. Ma costa enormemente di più non investire adeguatamente nella disabilità.

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All’ultima cena c’erano tutti, però.

Abbiamo letto che il Viceministro  Vincenzo Zoccano ha sollecitato un tavolo di confronto per discutere sulle tematiche inerenti alla disabilità, in relazione alle manovre deliberate nella legge di bilancio. E chi siederà a questo tavolo insieme al Ministro Di Maio e al Ministro Fontana (supponiamo rappresentato da Zoccano )?Ci saranno gli esponenti delle federazioni per la disabilità, che in Italia sono due.La Fish e la Fand, quest’ultima anagraficamente più antica perché riunisce le associazioni sorte all’inizio del secolo scorso: UICI, ENS, ANMIL ,ANMIC, UNMS, ANGLAT, ARPA.E già qui sorge spontanea una domanda, che, noi GT ci facemmo nel 2008: perché esistono due federazioni e non una?Comunque: queste federazioni non comprendono TUTTE le associazioni che in Italia si occupano di disabilità o meglio di diritti delle persone con disabilità e loro tutela. Noi GT per esempio sono dieci anni che chiediamo di essere ammessi (anche solo come uditori, al limite) all’Osservatorio per gli studenti con disabilità, istituito presso il MIUR (ricordiamo che l’80 per cento della nostra attività riguarda proprio l’integrazione scolastica e noi siamo genitori di figli con disabilità, i figli che li abbiamo a scuola e ci occupiamo di risolvere tanti casi che le  famiglie ci sottopongono, nonché facciamo anche dei progetti nelle scuole). Chi meglio di noi , tra i cui soci ci sono anche docenti ed ex docenti e pure di sostegno, conosce effettivamente la situazione nelle scuole e quello che succede? Bene, dopo 10 anni di richieste alle quali non abbiamo avuto nemmeno risposta, finalmente in questa legislatura ci hanno replicato: non possiamo sedere a quel tavolo dell’Osservatorio perché il requisito minimo per accedervi è avere 5000 soci. E qui si apre una parentesi: avete idea della cultura che la  gente mediamente ha sulle associazioni? Diciamo pure che in Italia non c’è cultura associazionistica: c’è o il volontariato ( faccio del bene gratis) o le aziende.La filantropia a prescindere non è nel DNA italico, l’impresa sociale è un concetto astruso.Importiamo qualsiasi modello dal mondo anglosassone, anche deleterio, ma il modello della filantropia no.Inoltre pensiamo a che tipo di suggestioni rimandano tutti quegli scandali legati alle associazioni: per stare dentro i nostri confini nazionali l’ultima truffa in ordine di tempo riguarda la sede AIAS di Avellino in cui è coinvolta anche un’altra  onlus e i reati contestati sono gravissimi e riguardano sempre lo stesso argomento: i soldi, la gestione finanziaria degli enti. Tutti possono fare una ricerca sul web semplicemente digitando “onlus truffa” e si renderanno conto dell’elenco, vergognoso e lungo.Di questo passo chi ha fiducia e quindi si affida alle associazioni?

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Lettera aperta sui diritti dei Caregiver familiari

Pubblichiamo la lettera aperta sui diritti dei Caregiver familiari che abbiamo inviato ai politici che potete vedere di seguito e alle maggiori testate giornalistiche. La lettera è stata ripresa anche da Superando, che ringraziamo.

 

 

Lettera aperta.

Illustrissimi

Sen. Maurizio Sacconi

On. Ileana Argentin

On. Ignazio Angioni

On. Edoardo Patriarca

On. Renato Brunetta

On. Angelino Alfano

On. Giorgia Meloni

On. Luigi Di Maio

On. Matteo Salvini

Verona, 28 settembre 2011

OGGETTO: Lettera aperta sui diritti dei Caregiver familiari

I Caregiver membri dell’associazione Genitori Tosti in tutti i posti accolgono con favore la decisione della Commissione Bilancio di stanziare un fondo di 60 milioni di euro, per i prossimi 3 anni, da destinare a favore dei Caregiver familiari italiani.

Prendersi cura di un proprio caro, finalmente non è più considerata esclusivamente una scelta d’amore, un dovere, un obbligo totalmente a carico del Caregiver, ma una corresponsabilità ed un dovere anche dello stato verso un suo cittadino che si trova a vivere condizioni di criticità.

Finalmente, con questo primo passo, viene riconosciuta, garantita e preservata la figura del Caregiver familiare come soggetto che assicura e tutela i diritti e il benessere di un cittadino dello Stato italiano, e non solamente di un proprio famigliare.

Noi ci auguriamo che, finalmente, lo Stato italiano abbia preso atto che i Caregiver familiari hanno:

  • diritto al riposo, quindi, alla salute;
  • diritto al lavoro, quindi, ad avere un reddito;
  • diritto ad avere riconosciuti i contributi figurativi per chi è impossibilitato a svolgere una regolare attività lavorativa, dovendosi occupare del proprio caro con disabilità H-24;
  • diritto alle tutele assicurative nel caso in cui il Caregiver familiare, per necessità legate alla cura dell’assistito, si dovesse assentare per un lungo periodo dal lavoro;
  • diritto ad usufruire delle necessarie opportunità formative al fine di sviluppare maggiore consapevolezza e competenze rispetto al ruolo svolto;
  • diritto alla tutela delle esigenze personali di vita sociale e lavorativa.

Si informano i destinatari della presente che, poiché l’associazione Genitori Tosti in tutti posti intende e ritiene opportuno farsi portavoce degli interessi dei propri associati e dei tanti altri cittadini che vivono la condizione di Caregiver familiare, si propone, insieme a tutte le altre Associazioni che ne faranno parte, di poter partecipare alla definizione dei criteri che stabiliranno chi avrà diritto e con quali tutele ogni Caregiver familiare potrà accedere al sopra citato fondo.

Si ricorda infine questa petizione attivata dalla presidente Genitori Tosti:

https://www.change.org/p/maurizio-sacconi-caregiver-familiare-una-legge-giusta-e-a-tutela-di-tutti

 

Certi di un vostro interessamento su un tema di importanza vitale per centinaia di cittadini,

Distinti saluti

Alessandra Corradi, presidente Associazione Genitori Tosti in Tutti i Posti ONLUS

Rosario Pullano

Giovanni Barin

____

Qui di seguito il testo della petizione, che al 30 novembre 2017 conta 3.380 firmatari. Anche a loro il nostro sentito ringraziamento.

Per chi come me e almeno per altri 9 milioni di persone in Italia, assistere un familiare stretto, un figlio non autosufficiente o un genitore o il proprio partner,  è un lavoro non riconosciuto, che impiega 24 ore al giorno, tutti i giorni, per sempre. Chi svolge questo lavoro di cura si chiama “caregiver familiare”. Non esistono ferie e non esistono tutele, di nessun tipo, specie quando si è costretti ad abbandonare il proprio lavoro perchè è incompatibile con il careviging familiare. Non esistono scuole o corsi di formazione che ti preparino per questa professione di cura, che non è una scelta ma un obbligo, in quanto non esistono reti di servizi, a partire da quello psicologico per finire con quello economico, passando per tutta una serie di ausili fondamentali per la persona che svolge un lavoro di cura di un proprio caro. Il caregiver familiare è spesso abbandonato al suo destino e quando l’età avanza chiunque può immaginare l’epilogo obbligato, per tacere di quando il caregiver viene a mancare all’improvviso. Inoltre la durata di vita, proprio per il tipo di lavoro molto usurante, è notevolmente più corta del resto della popolazione . Per rimediare alla situazione in cui versano 9 milioni di italiani e relative famiglie al Governo è in itinere, dal 2015, una legge che per la prima volta normerebbe la figura del caregiver familiare in Italia e, di conseguenza, tutto quanto pertiene a questa professione non riconosciuta. Al momento è in esame al parlamento uno schema di testo unificato che si compone di 4 articoli e che avrebbe dovuto riunire 3 DDL precedenti sullo stesso argomento, ma il risultato annulla le aspettative e i diritti di tutti i caregiver familiari italiani. Per una legge giusta e di tutela si chiede all’On. Maurizio Sacconi, al relatore Giuseppe Pagano di accettare ogni emendamento ragionevole, proposto direttamente dalle associazioni di caregiver e non da qualcun altro che dica di rappresentare questa categoria, senza averne i titoli. Si chiede anche al Direttore della Conferenza delle Regioni  e delle province Autonome di accertarsi sul contenuto della Legge in quanto, logisticamente ed economicamente, la sua attuazione sembrerebbe ricadere sulle Regioni. Il tempo non è molto per fare una buona legge, solo fino a dicembre 2017, chiedo perciò la solidarietà di tutti per essere in tanti a sostenere questa petizione perché, volendo, si può fare una buona legge che tuteli tutti.

Qui lo scritto tema che ha visto la presidente GT Alessandra Corradi intervistata da Radio CittàdelCapo:

Careleaver e caregiver: la politica si sveglia ma i soldi sono sempre pochi

 

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