Caregiver, questi sconosciuti a Scanzi.

Pubblicato sul blog GT il 23 marzo 2021

“Faccio il giornalista dal 1997. Ho cominciato nel Mucchio Selvaggio, dopo alcuni articoli nella fanzine universitaria Zonedombra curata dall’amico Gianluca Dejan Gori. Negli anni ho scritto per Il Manifesto, Il Riformista, L’Espresso, Rigore, MicroMega, Hard Gras (pubblicazione olandese), Linea Bianca, Tennis Magazine, Grazia, Donna Moderna, etc.

Dal 2005 al 2011 ho firmato su La Stampa. Mi occupavo principalmente di cultura e spettacoli, ma tra il 2009 e il 2011 ho fatto anche l’inviato per il motomondiale. Da settembre 2011 sono definitivamente passato al Fatto Quotidiano,(…)”.

Questo è ciò che si legge sulla pagina “chi sono” del sito andreascanzi.it

Chiedo scusa, ho dovuto andare a documentarmi perchè per me Andrea Scanzi era, prima di ieri, solo un nome noto. 

Scopro, quindi, che una persona talmente eclettica, sicuramente coltissima, che fa una vita intensissima, non ha mai perso, manco per sbaglio, 5 minuti del suo tempo, per andarsi a leggere qualcosa sul caregiver. Giusto così, per non andare a scrivere, sul proprio profilo facebook cose del tipo: 

“Leggo persino ironie sul mio “ruolo” di figlio. Premesso che lascio il significato e i confini esatti (assai scivolosi) del “caregiver” ad altri, per una volta hanno ragione i latratori di professione: se caregiver è colui che dà la vita per assistere gli altri, allora sono mio padre e mia madre ad essere i caregiver del sottoscritto. Non viceversa.

Entrambi hanno una cartella clinica che giustifica eccome la qualifica di fragili (e mi perdonerete se non andiamo oltre perché sono cazzi nostri), ma mia madre e mio padre sono molto più forti, giovani, dinamici, grintosi, generosi e caregiver di me. Per distacco.”.

Mi permetto perciò di segnalare al signor Andrea Scanzi che esiste la definizione certa, esatta, perimeratata da confini e assolutamente non scivolosa della parola caregiver che va a designare un profilo preciso e che è contenuta nel comma 255 della legge 205 del 2017.

‘E la definizione giuridica, cioè “per legge”: quello e solo quello contenuto in quel comma significa caregiver.

Invito questo signore ad andare a leggersi il comma.

Lei signor Andrea Scanzi corrisponde alla definizione contenuta in quel comma, o meglio lei assiste entrambi i suoi genitori che non sono autosufficienti e certificati in quanto tali? 

Non è per farsi i fatti suoi, creda.

Immagino che esista una carta in cui è lei o qualcuno che compilava per lei ha barrato l’opzione caregiver, per richiedere e motivare la somministrazione del vaccino. 

E immagino che questa carta sarà stata visionata sia dalla dirigenza sanitaria, sia dalla procura di Arezzo, che ora ha aperto un fascicolo.

Vorrei che fosse chiaro a tutti che questo signore ha fatto benissimo a sfruttare l’occasione di non far buttar via una dose di vaccino che non poteva essere recuperata – ricordiamoci che sono soldi dello Stato che vengono buttati, se una dose non viene utilizzata.

Ciò che non ha fatto bene è stato quello di dichiarare ciò che non è, se davvero non lo è, per ottenerla.

Sta tutto qui il casus belli, eppure in tantissimi, ad iniziare dal diretto interessato, proprio non lo capiscono o fanno credere di non capirlo.

Noi che caregiver lo siamo davvero, che lo siamo da lustri, che pure siamo attivisti e da anni tentiamo di dialogare con i politici perchè scrivano una buona legge su di noi, che finalmente ci permetta di fare una vita dignitosa e ci riconosca il valore di quello che facciamo, siamo rimasti davvero di sasso a leggere tutto quanto abbiamo letto e, in parte, scritto direttamente dal Signor Andrea Scanzi.

Quello che, inoltre, mi fa molto pensare è che il viceministro alla salute, Pierpaolo Sileri, che appartiene al partito 5S, abbia dichiarato che la procedura seguita dal Sig. Scanzi sia corretta. 

Questo viceministro, che è anche un chirurgo nella vita (leggo da Wikipedia), ignora che proprio due sue colleghe di partito, senatrici, sono una (Simona Nocerino) prima firmataria del DDL sul caregiver e l’altra (Barbara Guidolin) presidente del comitato ristretto che ha portato a quel DDL? Ignora anche che la presidente della commissione al Senato (Susy Matrisciano) che esamina detto DDL appartiene allo stesso suo partito? E che codesto partito, l’unico finora del variegato panorama politico italiano, ha dedicato un intero evento, in cui la sottoscritta ha partecipato come presidente dell’unica associazione italiana, regolarmente registrata, che chiede il riconoscimento del caregiver familiare come lavoratore?

L’evento si è svolto due settimane fa, è ancora reperibile online su Fb nel profilo della senatrice Giulia Lupo, anche lei 5S, che ha organizzato l’evento insieme all’assessore del comune di Roma Paolo Ferrara, pure lui dello stesso partito.

Ma se questo viceministro, come il signor Andrea Scanzi, non ha tempo per ascoltare oltre un’ora di evento, in cui tanti hanno partecipato, compresi anche i genitori del Municipio X di Roma che sono tutti caregiver, addirittura organizzati in comitato, può sempre vedersi lo speciale andato in onda domenica 21 marzo su Rai 1 a cura di Alessandro Gaeta, che è uno dei pochissimi giornalisti italiani che si occupa dell’argomento perchè, purtroppo, questo argomento non è considerato interessante per la stampa italiana.

Solo per sbaglio giusto una decina di giorni fa la parola caregiver ha inondato ogni media e ogni social grazie alla colossale gaffe del presidente della regione veneto Luca Zaia, che ci ha definiti autisti.

La sottoscritta, veneta, sta anche tentando di avere un dialogo con la sua regione, il Veneto appunto, sia per i fondi statali che devono essere distribuiti, sia perchè anche a livello regionale, deve essere fatta una legge sui caregiver e deve essere fatta bene.

Pleonastico aggiungere che al tavolo regionale per la disabilità siamo l’unica associazione di caregiver familiari presente.

Perciò  chiediamo a questo signore Andrea Scanzi di informarsi correttamente e portare il legittimo rispetto che si deve a quasi 9 milioni di persone, il 90% donne, che hanno dovuto rinunciare al lavoro per assistere il loro caro NON AUTOSUFFICIENTE, di solito donne abbandonate da istituzioni, parenti, società etc e che assistono persone davvero con gravi o gravissime patologie invalidanti al 100%, completamente in solitudine.

A noi caregiver, quando facciamo domanda per avere una delle poche agevolazioni economiche esistenti (che si chiamano “Assegno di cura” generalmente) dobbiamo passare un esame per cui gli assistenti sociali vengono a casa nostra e ci fanno un sacco di domande, le cui risposte finiscono su un modulo. Poi si riunisce tutta una commissione formata da tanti specialisti che ci giudica e deve motivare perchè ci spetta l’aiuto economico. E stiamo parlando, magari, di 120 euro al mese.

E ogni anno dobbiamo, entro una certa scadenza, ripresentare l’ISEE aggiornato che certifichi che siamo abbastanza poveri e bisognosi per continuare a ricevere i nostri 120 euro al mese.

Immagino non vorrà nemmeno sapere, signor Andrea Scanzi, la fatica che facciamo per avere gli ausili che ci spettano per legge, ci sono caregiver che si sono incatenati alle porte degli ospedali per riavere la fornitura di cannule per l’alimentazione artificiale.

Così come ci sono caregiver che, totalmente sopraffatti e schiacciati dalla loro situazione senza uscite, decidono di uccidere il loro caro e poi di uccidersi a loro volta – ecco, di questo guai a parlarne ai giornalisti, proprio scappano di corsa!

Signor Andrea Scanzi inizia a capire perchè magari ci siamo un pelino imbufaliti a leggere che lei si è definito caregiver? Dice che siamo “latratori di professione” pure noi?

Sa cosa sarebbe davvero bello? Che lei, signor Andrea Scanzi, lei che lo fa di mestiere e sicuramente lo fa benissimo, scrivesse un libro su di noi, così finalmente tutti saprebbero. Ma questo non è un tema interessante, vero?

A beneficio di inventario metto il link al nostro report che grazie alle risposte di 1500 caregiver italiani  ci da inequivocabilmente il quadro di chi siamo, cosa facciamo come viviamo e cosa ci aspettiamo dalla legge che prima o poi uscirà. 

Nella foto in alto siamo noi, genitori e caregiver, con nostro figlio, dopo un soggiorno in ospedale per un suo tagliando.

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RAI con disabilità

Pubblicato sul blog GT il 17 marzo 2021

Abbiamo scritto al presidente Rai Marcello Foa per proporgli di mandare in onda un programma in cui  tutti quelli che ci lavorano, dal cameraman, alla guardarobiera, ai conduttori etc, siano solo persone con disabilità. E che i gravemente normodotati siano la minoranza.

Questo non solo per equilibrare la situazione corrente, che non è affatto inclusiva come dovrebbe essere nel terzo millennio,  ma soprattutto per dare, appunto, un impulso potente al processo inclusivo: la TV accorcia di molto ogni tempistica, raggiunge milioni di persone e fa tendenza.

Gli abbiamo scritto in merito al passaggio televisivo di Donato Grande, che è stato ampiamente commentato da tanti nel mondo della disabilità, mentre sul fronte normodotato non si è levato nessun sopracciglio. Abbiamo accluso i contributi di quanti a noi sono venuti in mente che hanno commentato, che mettiamo in calce al post.

Abbiamo concluso la nostra lettera così: 

“Lei direttore generale della Rai, l’uomo che supponiamo firmi tutte le cose che poi noi, gente comune vediamo in tv, che cosa ne pensa? Riesce a immaginarsi l’impatto che una simile trasmissione potrebbe avere sulla odierna società? E quanto potrebbe aiutare la categoria che ammonta a diversi milioni di persone?Ci permettiamo di rammentarle che la vita indipendente divenne una realtà grazie ad uno studente americano che voleva iscriversi all’università di Berkeley, nel 1962. Il rettore di quella università, che probabilmente era una persona davvero toga, gli disse che nonostante non ci fosse nessuna legge, regolamento o prassi che permetteva la sua iscrizione all’università, voleva aiutarlo e quindi decise di mettergli a disposizione l’infermeria del campus. Edward Verne Roberts, il ragazzo con disabilità che voleva prendere la laurea, era in un polmone d’acciaio. Era il 1962. Grazie a quel rettore, forse creativo o forse umano o forse incosciente, in tutto il mondo si affermò il principio della vita indipendente anche per le persone con gravissima disabilità.”.

Magari è il solito buco nell’acqua o magari qualcosa succede.

La foto ritrae i protagonisti di “Undateables” programma mandato in onda bell’aprile 2012 sulla rete britannica Channel 4.

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Claudio Arrigoni: Bene il powerchair football sul palco di Sanremo, ma va migliorato il linguaggio

Sofia Righetti: Ieri a Sanremo abbiamo assistito alla migliore lezione di abilismo, termini offensivi e discriminatori che ci portiamo dietro dal modello medico assistenzialisti della disabilità, inspiration porn, infantilizzazione, paternalismo, narrazione compassionevole e pietista. È stato invitato sul palco Donato Grande, attaccante della nazionale di Powerchair Football, e già subito il linguaggio utilizzato esemplifica il tipo di comunicazione abilista e pietista utilizzata. “Soffre di una patologia”“Sedia elettronica”“Chi soffre di disabilità”“Bambini portatori di handicap”“I ragazzi come Donato”, tutti termini usciti dalla bocca di Amadeus per parlare di Grande. Il culmine lo abbiamo quando arriva Zlatan Ibrahimovic così “ estremamente sensibile” per un tema che gli sta “molto a cuore”, che fa un regalo a Grande passandogli il pallone, e dicendogli “Fai il passaggio meglio di quelli nella mia squadra”, frase talmente falsa, stucchevole e paternalista da risultare stupidamente irritante.Perfino i vestiti scelti, come mi ha fatto sagacemente notare @immanuelcasto, sono stati scelti nell’ottica di una narrativa infantilizzante e pietista. Tutti gli ospiti in un contesto così istituzionale come Sanremo sono meravigliosamente eleganti, Donato Grande arriva vestito con la maglietta del calcio, i jeans e le scarpe da ginnastica. Ve lo immaginate Ibrahimovic a presentare con la maglia del Milan, jeans e scarpe da ginnastica? Sarebbe stato così fuori contesto da risultare ridicolo.Ed è questo il risultato che hanno voluto ottenere, perché questo è quello che è arrivato al pubblico: un attaccante disabile trattato come un bambino deficiente, togliendo la dignità e ponendo un confine netto tra chi è disabile e chi non lo è. Tra l’oppresso vittima di una narrativa pietista e chi detiene il potere, e decide la narrativa abilista.Io sono stanca, stanca che si possa accettare ancora questo tipo di rappresentazione sulla kermesse musicale più vista d’Italia, stanca che per colpa di questo si amplifichi l’abilismo non solo nelle persone, ma anche l’abilismo interiorizzato nelle persone disabili, perché nessuno vuole essere trattato come un minore a cui fare “pat-pat” sulla testa, denigrando l’orgoglio e la dignità della persona.Per tutt* voi che mi avete scritto che vi siete sentit* male a vedere quei sei minuti, sono orgogliosa di voi, perché avete riconosciuto il perfetto esempio dove il sistema di potere abilista e la narrazione umilia fino al degrado un uomo.Non possiamo e non dobbiamo mai più accettare token e raffigurazioni così vergognose, mai più. Dobbiamo avere persone disabili che vengano ascoltate e vigilino su lessico e concetti ogni volta che una persona con disabilità viene invitata in televisione. Ne vale della nostra dignità di esseri umani.
Mattia Muratore: Dunque, già nei 30 secondi introduttivi, prima ancora dell’arrivo di Donato, Amadeus sgancia due boiate colossali che fanno accapponare la pelle e fanno subito intendere la direzione che verrà data all’incontro:- sedia elettronica (avesse detto direttamente “sedia elettrica” sarebbe stato forse meglio).- soffre di disabilità.Poi entra Donato. Fa quel che può, non si può dire niente, cerca di reggere quell’onda d’urto di tristezza e compassione che aleggia sulla sua testa al meglio delle proprie possibilità. Dopodiché, presentato in pompa magna, fa il proprio ingresso Ibra. Sia lui che Amadeus sono elegantissimi nel loro abito rossonero. Donato, invece, è in maglietta da gioco, jeans e scarpe da tennis. Ad enfatizzare ancora di più la differenza tra lui e loro, tra gli adulti e il bambino, tra i grandi e il piccolo. Anche Ibra è un atleta. Anche lui fa sport. Perché non l’hanno fatto salire sul palco in maglietta, pantaloncini, scarpe con i tacchetti e calzettoni? E poi, dev’essere uno scambio? E allora che scambio sia! Partendo dal presupposto che Donato, per ovvie ragioni, non può alzarsi in piedi e palleggiare con te, Zlatan, presentati tu sul palco seduto su una carrozzina da gioco come la sua e passatevi la palla! Te ne fai prestare una per 5 minuti e tac. Il gioco è fatto. Sarebbe bastata quell’immagine per cambiare il volto dell’incontro. Non solo non succede ma, come se non bastasse, Ibra se ne esce con una perla ATOMICA tipo “passi la palla quasi meglio dei miei compagni” dando così, in un colpo solo, dell’imbranato a Donato e dell’handicappato a tutti i giocatori del Milan. Non era facile. Chapeu! ����Si passa quindi al tema delle barriere architettoniche. Amadeus, testuali parole, dice: “…solamente il 5% dei parchi gioco sono adatti alle esigenze dei bambini portatori di handicap”. Tralasciando un attimo il “portatori di handicap” che gia di per se mette i brividi…PARCHI GIOCO??!! Ma veramente? Cioè noi abbiamo gli edifici pubblici che non sono accessibili, i tribunali che non sono accessibili, i marciapiedi che non sono accessibili, i mezzi di trasporto che lasciamo stare che è meglio e tu, Ama, tiri fuori i parchi gioco?! Con tanto di telecamera che immediatamente indugia sul viso di Donato Grande, che non è certo un bimbo bensì un uomo di una trentina d’anni che, forse, dei parchi gioco anche meno dai. Poi, per carità, ribadire il concetto che chi parcheggia nei posti per disabili è un coglione interstellare va sempre bene. Fare tutto ciò solo perché hai il disabile di turno sul palco e devi ottimizzare al massimo la sua presenza, un po’ meno. Veniamo, poi, allo scambio della maglia. Ibra regala a Donato la sua del Milan, con il numero 11 e il suo nome dietro. Ok. Perché, invece, la maglia di Donato che viene data a Ibra riporta anch’essa il n. 11 (quello di Donato è il 10 – lo si vede da quella che indossa) e soprattutto la scritta Ibrahomovic? È la maglia di Donato Grande? Che ci sia scritto Grande, che cazzo! Insomma, l’unica parola che mi viene in mente per riassumere tutto ciò che è accaduto è questa: PECCATO. È stata, senza dubbio, l’ennesima occasione persa. Sono straconvinto che sia Donato che la nostra Federazione volessero trasmettere un messaggio diverso. Un messaggio positivo, allegro, colorato, fatto di conquiste e cose belle. Sarebbe bastato limitarsi a parlare di Sport. Lo sport è, semplicemente, nella sua essenza più vera e profonda, tutto questo. E invece no. Mamma RAI, evidentemente, ritiene ancora che la narrazione più efficace quando si parla di disabilità sia questa qui. Sia il grande Campione ricco e famoso che regala un attimo di gioia e spensieratezza ad un povero bambino handicappato di 30 anni suonati omaggiandolo della sua maglia autografata. Sia ancora mettere i “disabili” e gli “altri” su due livelli diversi. Sia ancora enfatizzare più la malattia che la persona. Non è così, cazzo. O almeno, non è più così. La storia è cambiata. C’è bisogno di altro. Questa è roba vecchia, bollita, obsoleta. I disabili come Donato sono persone con due palle grandi come una casa, che si fanno un culo quadro ogni giorno per ritagliarsi la loro vita, i loro spazi, i loro diritti, la loro felicità. Per imporsi, al meglio delle loro possibilità, nella società in cui vivono. Per assicurarsi un futuro. Come voi. Come tutti. Iniziate a parlare di questo. Iniziate a parlare di vita vera.
Sorelle Paolini: Facciamo qualche riflessione su Sanremo e l’ospitata di Donato Grande e Zlatan Ibrahimovic, due calciatori – uno in carrozzina e l’altro no. Si presentava il Powerchair Football, ma il linguaggio di Amadeus è stato pessimo: “Soffre di disabilità”, “Portatore di handicap”, “I ragazzi come Donato”, e in generale tutto un atteggiamento paternalistico. Un tono che non sarebbe stato usato con un atleta non disabile. C’era un doppio standard palese. Sanremo è lo spettacolo a tutti i costi, con gli sketch di Amadeus e Fiorello sul fatto che uno dei due potrebbe essere gay ahahah che ridere, con le storie “ispiranti” di realizzazione individuale in ottica capitalista, con la grassofobia e la misoginia, e tanto altro. Con quelle che sono percepite essere le narrazioni “che funzionano”. Ci pare utile, da persone in carrozzina, raccontare che quando siamo state invitate da “grossi” programmi della RAI abbiamo mandato delle linee guida sulla narrazione che volevamo (dopo averci sbattuto i denti, abbiamo cominciato a farlo di routine con i giornalisti). Ma non ci hanno più risposto. Tre inviti e altrettante sparizioni: senza la narrazione che volevano non erano più interessati. Un’altra volta abbiamo pesato i rischi e partecipato a una trasmissione senza anticipare nulla, e ci hanno presentato in modo degradante. Quando è stato il nostro turno di parlare abbiamo sputato fuori con difficoltà anche una frase sulla segregazione delle persone disabili. Dopo quella dichiarazione, il segmento è stato concluso in modo affrettato, tagliando sulla scaletta. Non vogliono rinunciare a delle cose che “funzionano”, e non hanno intenzione di cambiare su incoraggiamento o richiesta del singolo.Facciamo tutti in modo che le narrazioni sopra elencate non funzionino più! Facciamolo in tanti.
Valentina Tomirotti: Il festival dell’abilismo stona
Francesca Cicirelli: Mi ero imposta di non esprimere pubblicamente il mio parere sulla presenza di giovedì sera di Donato Grande sul palco dell’Ariston al Festival di Sanremo per evitare che il mio punto di vista potesse essere erratamente giudicato come una ripicca a dissapori precedenti. Ma ora, considerando il disappunto espresso e motivato da alcuni, ritengo doveroso esprimere il mio parere sulla vicenda e poi lanciare una sfida all’azienda RAI affinché dall'”errore” compiuto da Donato possa nascere una vera opportunità. Premetto che giovedì ho personalmente incoraggiato privatamente Donato e mi sono impegnata attivamente e spontaneamente nella diffusione della notizia riguardante la partecipazione al Festival di Sanremo. Ero veramente felice della sua partecipazione al Festival. Ho visto in questa partecipazione una grande opportunità di promozione di due discipline sportive poco conosciute nella Nazione e una bella possibilità di rendere pubblico, su un importante palcoscenico, una realtà di integrazione riuscita. Ma non è stato così. Si è persa la partita! Ciò che ho visto ieri sera è stato un ragazzo che, con sua silente e accomodante approvazione, ha permesso che si facesse spettacolo della disabilità purché venisse realizzato un suo sogno. Peccato che dietro la realizzazione del sogno e in quella maglia (che tutt’al più poteva essere accompagnata con un abbigliamento più adeguato a un ruolo istituzionale e alla situazione) ci sono i sacrifici di tante persone che non sono state minimamente prese in considerazione. Di questi sport a differenza dal calcio praticato da Zlatan non si vive, non ci si riempie i conti, ma questi aiutano a chi si avvicina ad essi come protagonisti o anche spettatori ad affrontare la vita con più leggerezza, se vissuti con sano spirito sportivo. Credo che nessuno degli spettatori abbia pur vagamente compreso come vengono praticati il Powerchair Hockey e il Powerchair Football, a parte chi già conosce gli sports, di cui Donato avrebbe dovuto farsi promotore, avendo avuto l’appoggio anche di alte cariche sportive e indossando una maglia con simboli federali, non un normale smoking. Forse sarebbe stato più bello e ricco di emozioni mostrare attraverso un video le due discipline sportive, mostrando la grande vittoria della Nazionale di Wheelchair Hockey ai Mondiali 2018 e non battezzando Donato bomber di una Nazionale di Powerchair Football inesistente. Ma questa non è nemmeno una colpa propriamente attribuibile a Donato ma forse a chi gli ha dato carta bianca e troppo fiducia. Non è stata nemmeno vagamente nominata la Federazione sportiva rappresentata, non è stata nominata nemmeno la squadra dove Donato disputa nel ruolo di Capitano, pensare alla vaga nomina di una disciplina sportiva appartenente alla stessa Federazione sportiva ma non praticata da Donato Grande sarebbe utopia. Mi viene spontaneo pensare che l’unico obiettivo della serata di Donato era fare qualche passaggio con Zlatan Ibrahimovic, ricevere la sua maglia e godersi qualche momento di effimera notorietà personale. È normale che questo abbia potuto scatenare la disapprovazione di chi ha fatto forse anche più sacrifici negli anni per lo sport e per permettere che avvenisse un’integrazione schiacciante dello sport verso la disabilità. Andare in una qualunque trasmissione televisiva e parlare di disabilità è un conto, andare su un importante palcoscenico in qualità di atleta e in rappresentanza di una Federazione sportiva è un’altra storia! Puoi strumentalizzare ciò che ti appartiene ma non puoi strumentalizzare i sacrifici di altri atleti, società sportive e società sponsor che in questi anni hanno creduto e si sono impegnati per portare avanti importanti progetti sportivi. Questo è individualismo, tutt’altro che gioco di squadra! Con l’individualismo si perde, insieme si vince sempre! Allora, siccome demolendo senza provare a trovare soluzioni o applaudendo senza avere un’ottica obiettiva e un pò critica credo che non si arriva da nessuna parte, azzardo quella che ritengo essere una proposta abbastanza coraggiosa, consapevole che probabilmente non verrà realizzata o anche non verrà esaminata, ma come canta De Gregori un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia. Pertanto, per quanto sopra esposto, chiedo ai Dirigenti dell’azienda RAI e agli stessi conduttori del Festival di Sanremo 2021 di impegnarsi, sin da ora, a trasmettere, in diretta su una rete RAI, una manifestazione, organizzata in sintonia con la stessa Federazione Italiana Paralimpica Powerchair Sport, in cui verrà prevista una gara di Powerchair Football e una di Powerchair Hockey. Solo in questo modo secondo me sarà possibile trarre da questa vicenda una grande opportunità, offrendo agli atleti che si sono sentiti offesi dalla rappresentanza al Festival quella rivincita meritata, a entrambe le discipline sportive quella giusta visibilità alla pari di altri sport e alla società tutta di uscire da vecchi e vani stereotipi concedendosi la possibilità di conoscere quel bello che ad oggi pochi hanno avuto la fortuna di conoscere!

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REGIONE VENETO E FONDO CAREGIVER

Pubblicato sul blog GT il 12 marzo 2021

Finalmente ieri, nel pomeriggio, ci è arrivata la lettera di convocazione al  “Tavolo Consultivo Regionale per la Disabilità”.

Leggo la lista dei partecipanti: FISH, ANFASS, DOWNDADI e poi una sfilza di cooperative o federazioni di cooperative.

Noi Genitori Tosti siamo l’unica associazione di genitori, caregiver familiari, che non offre servizi di nessun tipo (riabilitazione, centri diurni, istituti) ma si batte per i diritti delle persone con disabilità.

E siamo lì perchè abbiamo scritto una serie di lettere sia alla commissione V della Regione, che ai consiglieri di questa commissione che all’assessore per il socio-sanitario.

Nessuno ha risposto alle nostre lettere, nessuno ci ha, magari, ringraziato perchè abbiamo inviato il report sulla figura del caregiver familiare – un documento che da più parti è stato elogiato.

Ma va bene, l’importante è finalmente avere questo confronto.

Quando, stamattina, mi sono connessa eravamo 8 persone in totale. L’emissario della Regione  non si è qaulificato perciò non so nemmeno cosa faccia e che ruolo ricopra – del resto perchè presentarsi se si conoscono tutti da una vita? Noi siamo solo stati gentilmente “aggiunti”.

A noi non sono state mandate le slide, che invece tutti gli altri partecipanti avevano a disposizione – me le invia, gentilmente, uno dei partecipanti durante la riunione. Grazie.

Deduco da quanto espone questo signore che sono servite al tavolo per elaborare qualcosa, avanzare domande, forse dare suggerimenti. Ma io che non li ho viste come posso quindi interagire correttamente?  

Dopo l’esposizione introduttiva  di questo signore, che fa l’avvocato e più volte rimarca il fatto che lavorando lui 12 ore al giorno non gli verrebbe mai da fare il caregiver, non lo farebbe (lo so cosa state pensando voi genitori, è la stessa cosa che ho pensato anche io ma, del resto, lo sappiamo: chi non vive la nostra esperienza, sebbene dotato di buon cuore, non può sapere e quindi fa anche delle gaffes, è umano) c’è l’intervento della portavoce Fish Veneto che chiede chiarimenti sul “criterio numero 10 delle slide” – per me è arabo.

La risposta è che la Regione Veneto ogni anno (? non sono sicura che sia ogni anno perchè questo signore non lo specifica, forse è il dato dell’ultimo anno?) impiega 80 milioni di euro per le impegnative di cura domiciliare. Qui (il fondo statale) si parla di 1milione e 800 euro all’anno (per tre anni).

Quindi parlo io, mi presento e dico che sono un genitore, che mio figlio ha l’art.3.comma3, che ha 15 anni (=gli anni che sono caregiver) e che non ho mai potuto lavorare perchè devo assistere lui. Quindi mi scuso se, magari, dico cose già dette (del resto le slide non le ho viste e alla prima riunione di questo tavolo non sono stata invitata nè nessuno mi ha edotta in merito) e chiedo: incrociando i dati tra le commissioni UVDM e le impegnative di cura, abbiamo un dato numerico, da cui partire, per capire come si può distribuire quel milione e 800mila euro? E c’è un criterio aggiuntivo all’isee, cioè per esempio il carico assistenziale: se uno è h24 oppure se lavora perciò dedica meno ore etc. In più se è contemplata la casistica, per esempio, delle mamme sole o comunque del familiare unico che si prende cura del proprio congiunto. Concludo il mio intervento dicendo che dato che il fondo è di 1.800.mila euro si dia la precedenza ai caregiver davvero bisognosi che magari sono esclusi o non beneficiano di altri interventi e che non possono lavorare e quindi non percepiscono nessuna entrata.

Il signore mi risponde che sono cose che hanno affrontato già e che:

1) la gravità è la discriminante principale;

2) la domiciliarietà pure – cioè a parità di gravità ha la priorità chi non lavora;

3) i soldi devono andare alle persone che davvero assistono le persone con disabilità.

Interviene quindi un altro signore che ci segnala che ha mandato a tutti una nota della Presidenza dell’ufficio dei Ministri che riporta un’istanza di un comitato di familiari.

Infine interviene la presidente di Anfass Veneto che fa alcune precisazioni sull’impegno della sua associazione.

Quindi intervengo ancora, per chiedere se la Regione Veneto sta pensando alla legge regionale sul Caregiver. E poi se, quanto spediranno il documento a Roma (il signore dice lunedì, quindi il 15 marzo) è possibile visionarlo. 

Sapete che faccio sempre domande tzunami che provocano risposte imbarazzate.

La Regione sta pensando alla legge ma, boh., questo signore non sa nulla e forse ha pure paura di dire qualcosa di sbagliato.

E no, perbacco, quello che lui e quelli che lavorano a questo documento, è assolutamente top secret, è un documento importante e quindi perchè io, putacaso, caregiver, presidente di associazione, impegnata da anni nella questione, dovrei poterlo leggere? Quando poi i giochi saranno fatti, l’atto è pubblico, allora sì.

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Pensieri sparsi: lo so che la burocrazia è killer ma per chi lo fa lo fa di lavoro dovrebbe essere come bere un bicchier d’acqua. Oltretutto che si percepisce pure uno stipendio. 

Le tempistiche forse non sono state larghe ma c’erano 60 giorni di tempo per elaborare il documento richiesto da Roma: la prima riunione di questo tavolo a quando  risale? Ma alla fine un numero certo, per esempio, sui beneficiari delle impegnative di cura? No, non è dato saperlo, questo signore non lo dice mai. E quindi non sapremo, finché l’atto non sarà pubblico  quante persone avranno questo benedetto bonus caregiver e di quanto sarà.

Scusate se sono ripetitiva: lo so che voi, che non siete caregiver, non potete sapere…. ma la persona che assistiamo non è un oggetto. Non si tratta di fare la guardia a qualcosa. Non è detto che si tratti sempre di persone allettate ed immobili. Chi non c’è in mezzo non sa quanto usurante fisicamente e mentalmente può essere il ruolo di caregiver. I caregiver non sono dei poveracci che telefonano tutti i giorni a qualcuno (tipo l’assistente sociale o altri) per sfogarsi e raccontare la loro grama vita… se succede questo, significa che proprio i servizi sono carenti, non esiste manco uno sportello d’ascolto ( e lo so bene che non esiste!) figuriamoci il resto.

Non si può ancora nel 2021, escludere i diretti interessati di un intervento e pensare che sia sufficiente incastrare dati e tabelle etc. Le persone e le realtà sociali vanno oltre un grafico o una statistica.

La strada è lunga.

Se poi abbiamo un presidente di Regione che, nella stessa giornata di oggi, in conferenza stampa, dice che i caregiver sono “quelli che portano in giro, fanno gli autisti” è pure difficoltosa.

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#unaleggebuonaxtutti

Pubblicato nel blog GT il 6 marzo 2021

Venerdì 5 marzo siamo stati coinvolti, come associazione, grazie alla Senatrice Simona Nocerino, in questo molto importante ed unico evento online, dedicato alla figura del caregiver familiare e alla legge giacente al Senato, alle demenze e al cohousing. Evento organizzato da senatrici e politici del Movimento 5 Stelle, l’unico partito politico italiano che si occupi di queste tematiche e non solo a parole. Invito tutti ad ascoltare quanto è stato detto per capire come siamo troppo indietro nel sociale e nelle politiche sulla disabilità in Italia: non è possibile che solo a Roma  (Comune di Roma) ci sia un intervento così bello per i caregiver. Ascoltate cosa dice Germana Paoletti assessore alle politiche sociali ed educative del X Municipio, oppure che cosa racconta Mauro Zoppi che è un padre caregiver che abita in questo stesso Municipio (e complimenti per la laura in legge!) oppure cosa aggiunge un consigliere del Comune di Fiumicino. Davvero ero completamente affascinata dall’ascoltare tutte queste persone e contemporaneamente pensavo a cosa ho nella mia regione, il Veneto e nel mio Comune di residenza, Verona. Penso che ho scritto alla commissione regionale  che si occupa di sanità e sociale per chiedere se sanno che esiste un fondo statale che è stato girato alle regioni (e al  Veneto sono stati assegnati quasi 5 milioni) destinato ai caregiver e se magari non vorrebbero la nostra collaborazione dato che siamo un’associazione di caregiver etc etc etc. Poiché non ho avuto risposta ho scritto anche ad alcuni membri di questa commissione. Ho avuto due risposte, entrambe positive. Quindi dopo una decina di giorni – ogni Regione aveva 60 giorni di tempo per presentare dei documenti in cui dimostra come impegnerà i soldi, insieme a quali enti e con quali destinazioni. I 60 giorni decorrevano dal 21 gennaio 2021- ho scritto anche all’assessore regionale di riferimento, per avere qualche segnale. Sono anni che scrivo alla Regione Veneto, come legale rappresentante di un’associazione, sull’integrazione scolastica, sul caregiver familiare, su varie questioni e non ho mai avuto risposta se non in un caso, riguardante una famiglia – e dopo due mesi e svariate mie telefonate agli uffici. Penso al mio Comune di residenza dove a gennaio 2020 ho subito ( e poi capirete la scelta lessicale di questo preciso verbo) l’audizione nella commissione socio sanitaria, in cui portavamo un bellissimo progetto, a costo zero, per i caregiver veronesi (per i quali nessuno ha mai fatto niente, per cui non esiste nemmeno un censimento e di conseguenza interventi specifici). Un progetto che coinvolgeva più associazioni e una azienda, specializzata nel formare e fornire assistenti alla persona. Un progetto in cui avevo coinvolto anche la CGIL.A parte forse un paio di membri della commissione che hanno ascoltato con attenzione, ce n’erano tre che hanno smanettato sul loro cellullare per tutto il tempo. L’unico commissario genitore caregiver presente non ha fatto un intervento che fosse stato uno, pur conoscendomi benissimo. E questa cosa in cui io esponevo dati, studi etc si è risolta con l’intervento stizzito dell’assessore al sociale che ha parlato della legge nazionale sul caregiver (????), attaccandomi in maniera personale  invece che esprimersi su quanto stavamo illustrando e cosa il Comune poteva/voleva fare. E’ passato un anno e non ci sono stati interventi per i Caregiver a Verona. Nessun consigliere di nessuna parte politica ha mai presentato anche mezza mozione sul tema, in consiglio comunale. La consulta per la disabilità (che è l’organo principale cui fa riferimento la commissione sulla quale ha tanto insistito la presidente – GT fa parte di questa consulta, ma ha smesso di partecipare alle riunioni) non ha mai prodotto nulla al riguardo. Durante i mesi di lockdown non riesco nemmeno ad immaginare cosa abbiano passato le famiglie come la mia. Il pensiero che si poteva fare molto ma è tutto stato rifiutato ed ignorato per questioni politiche e di autoreferenzialità, fa davvero male e dovrebbe far riflettere. Ma, del resto, non essendoci nessuna volontà di aggregarsi da parte dei caregiver locali che, anzi hanno sempre considerato le istanze e l’orientamento dell’associazione Genitori Tosti forse pittoreschi o forse assurdi (chi lo sa?) da noi non si va da nessuna parte. Non dimentico infine come ci ha trattati la sezione veneta dell’Associazione Bambini Cerebrolesi – prendere in giro un’altra associazione di colleghi non so come si può definire. E non dimentico nessuna delle persone con cui mi sono trovata ad interagire per le questioni sul caregiver familiare a Verona ed in Veneto, dal 2019 in qua. Invece, ascoltando quanto è stato detto ieri sera si capiscono tante cose. Ed è chiaro che sia ora di attivarsi in ogni senso e chi riesce costruisca ponti e tutti insieme si contribuisca al meglio. La legge sul riconoscimento della figura del caregiver familiare riprenderà il suo iter ed è necessario che esca in maniera da servire alla gente, alla platea dei beneficiari e non che diventi un’altra legge da perfezionare, come è successo a tante altre. Ascoltatevi tutto l’evento, dura 1 ora e 20 minuti, ne vale davvero la pena. Grazie a chi ha avuto l’idea a chi l’ha organizzato e a quanti stanno lavorando su queste tematiche. Menzione al moderatore Paolo Ferrara che è anche un consigliere del Comune di Roma che ha persino firmato la nostra petizione per i concerti accessibili! Grazie! The last but not the least: grazie a Roberta Piano per tutta l’assistenza. Per qualsiasi cosa: genitoritosti@yahoo.it Qui il link all’evento. A seguire il testo dell’intervento di Genitori Tosti:

#unaleggebuonapertutti

Genitori Tosti nasce nel 2008 ed è diventata un’associazione regolarmente registrata nel 2011. Siamo genitori di figli con disabilità quindi i caregiver per antonomasia.

Seguiamo, dal 2013, l’iter legislativo e l’andamento delle vicende legate alla questione del caregiving familiare in Italia.

Dopo aver sostenuto e promosso le azioni di altri e aver fatto una grande opera di informazione alle famiglie di tutta Italia, nel 2017 abbiamo avviato una petizione per chiedere appunto un testo di legge buona per tutti.

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Sordità infantile. Una discussione partecipata

A partire dal 2 marzo 2021 inizia un ciclo di webinar sulla sordità infantile, organizzati dal Centro Interdipartimentale Mente/Cervello – CIMeC dell’Università di Trento nell’ambito del progetto di ricerca “Sordità infantile. Una discussione partecipata”.

Genitori Tosti, con Giovanni Barin e Nicoletta Wojciechowski, ha contribuito al team per la raccolta delle domande che saranno poste agli esperti nei webinar dedicati ai genitori previsti nel mese di novembre 2021 e alla sua organizzazione.

Il ciclo di incontri prende avvio il 2 marzo 2021 con il webinar dedicato alla tematica dei Linguisti, con il titolo “Lingua dei segni e lingua vocale come risorse nello sviluppo del bambino con sordità”.
Come funzionano le lingue che sfruttano una modalità visivo-gestuale? Quanto input linguistico serve per garantire ai bambini sordi un’acquisizione linguistica paragonabile a quella dei coetanei udenti? Come monitorare tale sviluppo linguistico nel tempo, almeno fino all’adolescenza? Come organizzare percorsi educativi per coloro che vogliono consentire un accesso alle lingue vocali e alle lingue dei segni?

Il webinar è moderato da Anna Cardinaletti (Università Ca’ Foscari, Venezia). Gli esperti Maria Cristina Caselli (ISTC-CNR, Roma) e Carlo Geraci (Institut Jean Nicod, Parigi, Francia) tratteranno il tema e risponderanno ad alcune delle domande raccolte in quest’ambito.

Crediamo che sia un evento di particolare importanza per la caratteristica organizzativa degli incontri, che ha visto una diffusa partecipazione delle persone interessate a vario titolo negli ambiti che sono trattati: professionisti, ricercatori, le persone sorde, le loro famiglie, docenti, assistenti, medici e tecnici operatori.

L’invito a porre i quesiti è aperto sino al giorno dell’evento, quindi le famiglie interessate possono tutt’ora inviarle a lombardia@genitoritosti.it

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