Dis-……

Dal sito Treccani https://www.treccani.it/vocabolario/dis-1/

dis-

dis-1 [dal lat. dis-, che si riduceva a di- davanti a consonante sonora (v. di-1), si assimilava davanti a f (come in differredifficĭlis), e in qualche caso si mutava in dir– (come in emĕre – dirimĕre)]. – Prefisso verbale e nominale che in molti vocaboli derivati dal latino o formati modernamente indica separazione (per es. disgiungere), dispersione (per es. discutere, che propr. significa «scuotere in diverse parti»), e più spesso rovescia il senso buono o positivo della parola a cui si prefigge (per es., onore – disonoresimile – dissimilepiacere – dispiacere). In molti casi il vocabolo nuovo si forma non per aggiunta, ma per sostituzione del prefisso (per es., accostare – discostareassennato – dissennato). ◆ In moltissimi verbi, e nei loro derivati, il pref. dis– si alterna col più comune s-; si rinvia a queste forme per quei vocaboli, di uso assai raro, che non fossero registrati qui di seguito.

dis-² [dal gr. dys-]. – Pref. usato in molti termini del linguaggio medico per indicare alterazione, malformazione, anomalia e sim.

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SAN REMO è accessibile?

Scritto pubblicato l’8 febbraio sul blog

Come sapete dal giugno 2020 abbiamo lanciato la campagna, tuttora aperta, per i concerti e gli eventi dal vivo accessibili in Italia, cioè per fare in modo, finalmente, che anche in Italia il settore del divertimento, declinato in ogni sua accezione, sia fruibile anche dalle persone con disabilità.

Da allora abbiamo scritto, telefonato e contattato un sacco di interlocutori. Ma i risultati sono stati molto differenti da quanto ci aspettavamo e stiamo pensando di raccontarli tutti in un prossimo libro.

Avevamo già scritto in passato alla Rai per il festival di San Remo, quest’anno abbiamo deciso di scrivere direttamente al suo direttore artistico cioè Amadeus, che è anche concittadino della scrivente.

“Caro Amadeus,
mi chiamo Alessandra Corradi e sono veronese.
Ti scrivo a proposito di un tema a me molto caro, in quanto presidente di un’associazione di genitori di figli con disabilità (qualunque tipo) e cioè l’accessibilità del festival di San Remo.
Tutti in questi giorni stanno leggendo articoli riguardanti la performer interprete LIS che viene affiancata ai cantanti in gara e quindi si fa un gran parlare di accessibilità per le persone sorde.
Sappiamo che la Rai ha un sistema di sottotitolazione per le persone sorde non segnanti, cioè tutte quelle persone sorde che non parlano la LIS e che sono la stragrande maggioranza.
Non so se esiste un sistema, offerto dalla Rai, di audio-descrizione per le persone cieche .
Sul sito web del festival invece non mi risulta che siano applicati gli standard di accessibilità digitale per cui persone con disabilità (tutte, esistono anche le persone con limitazioni cognitive che devono comunque avere diritto alle informazioni online) riescono a fruire correttamente dei contenuti.
Infine arriviamo all’accessibilità “fisica” del festival, cioè il luogo in cui si svolge la nostra più importante kermesse musicale italiana: il teatro Ariston.
Suppongo che essendo uno dei teatri più rinomati del Paese e sede del festival, sia super accessibile con bagni attrezzati e con il personale formato adeguatamente nell’accoglienza delle persone disabili. Nemmeno sul suo sito web, però, a partire dalla home page non c’è nulla che faccia capire che è un sito accessibile secondo la Legge Stanca (che risale al 2004) e poi in base alla recente legge 120/2020 (art.29).
Infine: sappi che il festival di San Remo è stato scelto come decisore nella petizione, lanciata dalla associazione che rappresento per la campagna concerti ed eventi accessibili in Italia, che puoi leggere qui:
https://www.change.org/p/concerti-ed-eventi-dal-vivo-accessibili-in-tutta-italia
Sperando che questa mia non venga eliminata e cancellata, ma che sia il punto di partenza per un confronto concreto, finalizzato a rendere sia il festival di San Remo che l’intrattenimento in generale, accessibile in Italia, ti auguro ogni successo e riuscita al debutto della 73treesima edizione del festival della canzone italiana: in bocca al lupissimo!
Cordiali saluti.”
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Che cosa abbiamo chiesto, noi GT, al Parlamento Europeo

Di seguito il testo (*) della petizione che abbiamo inviato al Parlamento Europeo a settembre 2021 che è stata accolta a fine marzo 2022.

L’effetto principale è stato quello dell’avvio di un’indagine per verificare che il nostro Governo avesse applicato ogni legge/direttiva e quant’altro in merito.

Vale davvero la pena rileggerne il testo, in un periodo in cui si parla di giustizia nel lavoro, di reddito minimo, di diritti dei lavoratori, di dignità delle persone, di pari opportunità,di politiche a favore delle donne e delle famiglie, di Europa.

Cogliamo anche l’occasione di augurare a tutti un sereno Natale.

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In Italia la Costituzione dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (art. 1).

La Costituzione, in Italia, dice anche che:

-Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (art.3)

– La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. (art.35)

– Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

– La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

– Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali

retribuite, e non può rinunziarvi.

– La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. (art.37)

Inoltre ricordiamo che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – OHCHR recita:

1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. (art.23)

– Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite. (art.24)

– 1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

– 2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale. (art.25).

In Italia esistono almeno un milione di persone che hanno rinunciato al proprio lavoro e quindi non hanno reddito, per prestare assistenza continuativa h24 ad un proprio familiare coabitante.

L’ordinamento giuridico italiano ha definito queste persone caregiver familiari in base a quanto scritto nel comma 255 della Legge Finanziaria del 2018.

Il 90% di queste persone sono di sesso femminile.

Nel caso di donne/mamme di persona non autosufficiente dalla nascita, accade che l’assistenza dura anche 40 e più anni. Queste donne non percepiscono nessuno stipendio per il loro lavoro di cura e non hanno nessun tipo di riconoscimento per cui i servizi sociali territoriali o centrali predispongano interventi di tutela, sostegno, affiancamento, formazione e nel caso di malattia, sostituzione con personale adeguatamente formato. Spesso rinunciano a curarsi perché non sanno a chi affidare il proprio caro così come non si riposano mai, nemmeno la domenica, nemmeno di notte.

Nel caso di morte del caregiver e nel caso in cui il caregiver sia tutto il nucleo parentale esistente, l’assistito finisce chissà dove, in quale struttura e assistito chissà come.

Lo Stato Italiano non è in grado di fornire strutture, servizi e personale per sostituire l’encomiabile lavoro svolto dai caregiver familiari al proprio domicilio, che non si limita solo all’accudienza, ma si occupa di qualsiasi settore della vita compresa l’istruzione se il proprio caro è in età scolare.

L’associazione Genitori Tosti In Tutti I Posti

chiede

che il Governo italiano riconosca i caregiver familiari italiani che hanno rinunciato al lavoro per assistere il proprio caro come lavoratori e quindi li doti di ogni tutela connessa a questo status che significa stipendio, malattia, ferie e pensione.

Al Senato è tuttora giacente la legge che dovrebbe dare questo riconoscimento ma lo Stato italiano attraverso i suoi organismi non intende riconoscere il lavoro di queste persone, dichiara che non ci sono soldi per una simile operazione e che il massimo che si può fare è un bonus mensile fino a 500 euro, ovviamente con il meccanismo della richiesta ad esaurimento del fondo stanziabile che, in base alla legge finanziaria 2021 è di 30 milioni all’anno per il triennio 2021-22-23.

Però a livello regionale e comunale ci sono già assegni mensili, che non risolvono assolutamente il problema posto dall’assistenza e dal tipo di lavoro svolto dai caregiver familiari.

La legge italiana invece dovrebbe normare la categoria, dare la dignità di lavoratore a queste persone smettendo di discriminarle ed impedendo loro di avere un reddito dignitoso; inoltre la legge dovrebbe gestire le risorse e coordinare gli interventi sul territorio attraverso le leggi regionali – che mancano nel 70% del Paese.

L’associazione Genitori Tosti In Tutti I Posti chiede al Parlamento Europeo attraverso la commissione dedicata, ed in base alla Direttiva (UE) 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza recentemente approvata, di sollecitare al Governo italiano il riconoscimento dei caregiver familiari (intesi come persone che si occupano di un parente, con il quale coabitano e per il quale hanno rinunciato a lavorare, alla propria vita e a tutto per fare in modo che il proprio caro avesse un tenore dignitoso e il più possibile inclusivo) come lavoratori, in modo che queste persone abbiano un reddito come chiunque che svolge un lavoro e che sia loro riconosciuto il valore sociale del lavoro che svolgono.

Lo scorso anno una sentenza della corte costituzionale ha imposto al Governo italiano di aumentare la pensione delle persone con disabilità maggiorenni in stato di gravità (art.3 comma 3 legge 104/92) al minimo considerato dignitoso per vivere nel nostro paese e quindi oltre il doppio di quello che invece sarebbe la pensione mensile (287 euro).

Si parla, a livello europeo, di approvare il salario minimo, cioè un reddito da lavoro sotto al quale non si può scendere.

Noi crediamo che sia possibile trovare un reddito mensile dignitoso per i caregiver italiani e che sia sostenibile dalle casse statali del nostro Paese.

(*) questo testo è contenuto nel saggio “L’esercito silenzioso- i caregiver familiari italiani” di A. Corradi e G. Barin, disponibile qui

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FINALMENTE IL NOSTRO LIBRO!

Con enorme gioia e un pizzico di orgoglio comunichiamo l’uscita de “L’esercito silenzioso – i caregiver familiari” scritto in tandem con il vicepresidente Giovanni Barin.

A questo link potete ordinarlo su Amazon – c’è anche la versione digitale e Amazon rende disponibile una APP gratuita che consente di leggerlo anche sul cellullare o sul pc senza avere il lettore di Kindle.

Si può acquistare anche con il bonus cultura e con il bonus docente.

L’abbiamo scritto perché siate in tanti a leggerlo, perché se in tanti sapete tutto quello che è successo, avrete un quadro chiaro e potrete così agire di conseguenza.

Abbiamo cercato di ricordare tutto e tutti se ci sono dimenticanze chiediamo scusa, non abbiamo avuto la tranquillità e il tempo di chi abitualmente scrive per cui si richiude nello studiolo e, per tot ore di fila, scrive.

Come immaginerete abbiamo sfruttato ogni ritaglio di tempo e spesso in ogni condizione, non ottimale né favorente, per buttare giù i periodi e poi metterli a posto sempre verificando fonti, nomi , date etc.

E adesso vorremmo che tutto questo nostro lavoro diventi di dominio pubblico perché “la gente deve sapere”, per citare Michela Murgia.

Perché se quello che abbiamo scritto può apparire romanzesco invece si tratta proprio del nostro vissuto e del nostro agito, così magari una volta per tutte, anche, diventa chiaro a che cosa serva un’associazione in Italia e che cosa sia l’attivismo.

Nei 7 mesi in cui abbiamo assemblato quello che ora è possibile riversare sul proprio hi-phone o sfogliare tra le mani, abbiamo ulteriormente rinsaldato frequentazioni, sfaldato altre non sicure e fatto nuove scoperte, magari in ambiti contigui al nostro: un grazie gigante a tutti voi che ci avete voluto bene, ci avete sostenuto, aiutato e compreso anche nei momenti più critici in cui abbiamo dato magari i numeri perché stremati da troppe pizzate in faccia.

Adesso viene il bello però: dovete farci saper cosa ne pensate, che effetto fa leggere i pensieri di oltre 2000 caregiver familiari italiani, lì nero su bianco.

Abbiamo creato anche una pagina FB dove raccogliere le eventuali recensioni e le date delle presentazioni che, per il momento, saranno solo online fino alla primavera inoltrata – pare che i virologi abbiano indicato quel periodo come il momento di quiescenza, fino a tutta l’estate.

Inoltre bisogna che si riapra il dibattito e sui giornali e in tv sul tema, stavolta, non solo nel ristretto ambito della “disabilità” dato che manca solo un anno a fine legislatura e o la legge viene licenziata entro questo lasso di tempo oppure slitta tutto alla prossima, il che significa ricominciare daccapo magari con una compagine politica rinnovata, magari totalmente a digiuno della materia.

Uno slittamento non è assolutamente concepibile nè tollerabile così come non lo sarebbe una legge fatta male: adesso è tutto lì, nel nostro libro, nero su bianco, nessuno ha più scuse. 

Nemmeno il presidente della Regione Veneto: non potrà più chiamarci gli “autisti dei disabili”.

Per info, interviste e presentazioni: genitoritosti@yahoo.it – wp 3392118094

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Le barriere nella /dalla disabilità

Nella disabilità la complessità è rilevante, mutevole e crescente nel considerare le gravità, le pluridisabilità, le implicazioni con il socio-sanitario e gli altri ambiti di vita. Parlarne senza discriminare non è semplice, ma si può senza dubbio basarsi sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che si fonda, tra gli altri, sui principi del rispetto per la dignità intrinseca, della piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società, sul rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa.

A scanso di equivoci e di pressapochismi o imprecisioni che riguardano la disabilità, da tempi non sospetti Genitori Tosti e il sottoscritto hanno affermato che sia giusto e doveroso fornire ogni supporto necessario alla disabilità. Anche oltre il concetto di “accomodamento ragionevole” quando questo non sia sufficiente. Senza vincoli di bilancio, di cultura, di tempo. Stando con i piedi nella realtà complessa della disabilità, con l’obiettivo di eliminare quelle barriere culturali, fisiche e sensoriali che l’ignoranza concorre a creare.

Ignorare l’evoluzione della disabilità, e più in generale della società, equivale proprio a generare quelle barriere culturali che conducono alla mancata partecipazione e inclusione nella società, come purtroppo capita di leggere anche nelle testate giornalistiche più note. Come nel caso di questo articolo https://www.corriere.it/sette/attualita/21_dicembre_11/silenzio-assoluto-chi-non-ha-mai-sentito-provate-vestirvi-sordita-94a3082e-567a-11ec-a4e5-d793da90387e.shtml che propone una visione di una disabilità, in questo caso la sordità, distorta e limitata. Proponendo quella visione la come “la” sordità.

In un paragone con altre disabilità, equivarrebbe a dire che non esiste l’ipovisione ma solo la cecità. Oppure che nell’autismo non esistano le numerose variabili che, invece, conosciamo. Ignorando, tra l’altro, le disabilità associate che aumentano ancor più la complessità del discorso.

Nella sordità equivale a ignorare le tante persone che hanno lavorato sull’oralismo, che l’articolo esprime così: «Oltre alla lingua dei segni, … i non udenti utilizzano il sistema oralista, ossia la lettura dei labiali del proprio interlocutore, esercizio reso impossibile dalle mascherine.»

A contrario di quanto scritto, oggi la maggior parte delle persone con sordità utilizza sì il sistema oralista, ma sfruttando il canale uditivo per sviluppare la parola grazie alle protesi acustiche, agli impianti cocleari e alle strategie riabilitative (logopedia, logogenia, Auditory Verbal Therapy, ecc), con l’obbiettivo di mescolarsi nella società di tutti e di ognuno, ognuno con le proprie caratteristiche e volontà.

Alcune persone con sordità utilizzano la lettura labiale, altre la Lingua dei Segni Italiana, altre l’oralismo. C’è chi utilizza tutte o in parte le strategie comunicative, secondo le scelte prese durante il proprio percorso di vita.

D’altro canto, se l’obiettivo inclusivo sancito dalla Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità è modificare il contesto affinché non diventi esso stesso vettore della disabilità, una comunità che per svariate ragioni non è parte del contesto sociale di tutti, deve far riflettere in merito alle scelte compiute da chi deve tutelare la disabilità.

Ciò nella consapevolezza che non è purtroppo raro che le famiglie debbano, obtorto collo, scegliere di isolare i figli con disabilità togliendoli da un contesto discriminatorio diventato troppo difficile da rendere inclusivo. Pur comprendendo queste scelte, si deve ammettere il fallimento della società che non riesce a includere rendendo pari, a mescolare le persone con disabilità nell’insieme di tutte le persone, con e senza disabilità.

E proprio qui sta l’inghippo: una società che non governa adeguatamente le necessità abilitative personali non può dirsi inclusiva ma, al contrario, è discriminatoria. L’obiettivo di includere le persone con disabilità nella società di tutti, resta lo scopo principale del percorso inclusivo delle famiglie con figli con disabilità, delle azioni che sempre più spesso devono intraprendere senza l’adeguato supporto che anche le associazioni potrebbero/dovrebbero offrir loro.

Abbiamo fior di Leggi sulla disabilità che restano largamente inapplicate soprattutto a causa della scarsa cultura inclusiva e del mancato controllo sulla loro applicazione, generando l’isolamento sin da bambini delle persone con disabilità.

Giovanni Barin

Vice presidente Genitori Tosti in Tutti i Posti APS Onlus

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