L’esercito delle caregiver, che lavorano con i familiari (senza essere pagate)

Da “Il Fatto Quotidiano” del 23 marzo 2022

VOLONTARI PER NECESSITÀ – Alessandra Corradi e Giovanni Barin hanno condotto uno studio approfondito sulla categoria, definita per legge, che deve prendersi cura di un parente non autosufficiente. Nell’80% dei casi – secondo la loro indagine – si tratta di donne, che sacrificano il proprio mestiere e la propria indipendenza economica. Solo l’Italia non riconosce loro un sostegno consistente.

DI ELISABETTA AMBROSI
23 MARZO 2022

“Viviamo in un paese con una cultura obsoleta e maschilista, dove la donna è
‘ancilla’ per antonomasia, la serva, nel senso che si occupa di chiunque in
famiglia ed è normale che lo faccia, ci si aspetta questo da lei in quanto donna e per
‘amore’. L’uomo è quello che procura il reddito e quindi va al lavoro, così come
l’uomo preistorico usciva a cacciare. Ancora nel 2022, nel nostro paese è così:
indistintamente a nord, centro e sud”. Alessandra Corradi, mamma di tre figli, di
cui uno tetraplegico e cieco di diciassette anni, fondatrice dell’associazione
“Genitori Tosti” è anche autrice, con Giovanni Barin, del saggio denuncia
appena uscito “Caregiver. L’esercito silenzioso”. Libro in cui, tra le altre cose, è
possibile trovare i risultati aggiornati di un sondaggio condotto dai due autori su un
campione di 2000 caregiver, una piccola ma rappresentativa fotografia di questo
esercito di persone che lavorano nell’ombra. Da cui emerge che l’80 per cento dei
caregiver che hanno risposto è donna e due terzi di questo 80% non
lavora per assistere il familiare non autosufficiente e non ha dunque alcun
reddito. Dati che si avvicinano a quelli di recente pubblicati dal Centro Studi di
Senior Italia FederAnziani, secondo cui il 71% dei caregiver familiari è donna e 3 su 4
familiari che si occupano di un anziano che ha bisogno di cure sono donne, che sei
volte su dieci (60,9%) sottraggono tempo alle proprie attività per curare.

Se il 60% dei caregiver ‘non lavora’

Alessandra Corradi tiene a precisare che il caregiver è una figura definita: non sono, secondo le norme, caregiver le madri di neonati, e neanche le nonne di nipoti, anche se, nonostante questo, avere una stima dei numeri è difficile. “No, il caregiver è una categoria precisa, con una definizione legale per cui non sono più ammissibili lacune o confusioni: quanto recita il comma 255 della legge finanziaria del 2018, descrive chi è e cosa fa il caregiver familiare”. Ovvero persona che si prende cura e assiste un familiare che, a causa di malattie, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non è autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé. Insomma, spiega sempre Alessandra Corradi, “la tipologia deriva dalla condizione del familiare assistito: se ti nasce un figlio con gravi e multiple disabilità sei caregiver da subito, senza scampo. Ma può essere il tuo coniuge, che si ammali di una di quelle patologie a esordio tardivo ma progressive, che subisca un trauma da incidente o pesanti decorsi a causa delle cure oncologiche.
Ci sono anche fratelli e sorelle (i cosiddetti “sibling”) caregiver, e quindi esistono anche i caregiver minorenni, che sono i figli che accudiscono i propri genitori, spesso con patologia psichiatrica. Solo una parte sono figli anche molto adulti che hanno i genitori anziani con patologie dovute all’età. Eppure dappertutto si parla solo ed esclusivamente di quest’ultima tipologia, ignorando e contribuendo a far ignorare tutte le altre. Esistono anche uomini caregiver, ma sono una percentuale
molto inferiore”.
Sempre secondo il censimento pubblicato nel libro, il 58,9% dei caregiver non lavora e tra questi il 22,9% non ha mai potuto lavorare, il 67,9% ha dovuto abbandonare e il 9,2% è in pensione. “Chi ha una mole di assistenza H24 lascia il lavoro, non è una scelta o una opzione, è un’imposizione dovuta al nostro sistema sanitario che non prevede tutto quello che serve per dare una vita dignitosa a queste famiglie”, spiega ancora l’autrice. Famiglie che sono spesso lasciate con la sola opzione di istituti come ghetti segreganti separati dalla società, mentre basterebbe una rete di servizi organizzata ed efficiente, con assistenti
qualificati a domicilio, con un’assistenza da remoto grazie alla tecnologia che possa dare supporto ogni momento, per evitare l’alternativa tra dover lasciare il lavoro e confinare un malato per sempre.

Il rischio del burn out e qui 68 milioni scomparsi

Il problema di fondo è la qualità di vita di chi assiste. “Bassissima, molti caregiver
spesso finiscono per strada, per non parlare del burn out del caregiver, che spesso fa
sprofondare nella depressione o nella psicosi. Alcuni di noi per questo uccidono il
proprio caro assistito e si suicidano perché non reggono il carico psicologico e non
vedono via d’uscita”, spiegano gli autori.
Ma cosa vorrebbero i caregiver? Basta scorrere le risposte al questionario per
avere un’idea chiara e univoca: “riconoscimento della fatica”, “part time senza dover
ridurre lo stipendio”, “stipendio adeguato per chi non può lavorare”, “possibilità di
farsi assumere dal parente disabile”, “figura a domicilio in caso di malattia del
caregiver”, “diritto alla salute e al riposo”, “canale preferenziale per fare analisi e
controlli perché i caregiver si ammalano”, figura a domicilio per 6-8 ore settimanali
per permettere al caregiver di fare una doccia e uscire”, “assistenza nelle faccende
domestiche”, “formazione per i caregiver”, “reversibilità ai figli”, “nessuna
penalizzazione se si prende congedo straordinario”, “riconoscimento dei contributi
figurativi”, “tutela pensionistica”, “pensione anticipata”, “scorporo dei risparmi del
disabile dal calcolo Isee perché le famiglie risparmiano per il futuro di chi assistono”,
“diritto alla pensione sociale”, “assicurazione infortuni/vita”, “una tutela per il “dopo
di noi”.
Se le richieste sono chiare, al momento purtroppo sostegni strutturali ai
caregiver non esistono, come non esiste neanche un censimento che dica quanti
siano effettivamente. Sempre nella finanziaria 2018 è stato stabilito che il fondo
creato dalla legislatura precedente dovesse finanziare la legge, i cui lavori sono
iniziati con la nuova legislatura. Poi con il coronavirus si è fermato tutto (e tra l’altro
i caregiver e i disabili sono gli unici a non aver ricevuto alcun sussidio durante la
pandemia) e verso la fine del 2020 la ministra Bonetti ha deciso di dirottare il fondo
di 75 milioni alle regioni stesse perché lo distribuissero ai caregiver con esiti per
nulla chiari. Ebbene, “al momento, marzo 2022 non si sa chi ha usufruito o
usufruisce da questi soldi dati alle regioni. Stiamo chiedendo a tutti gli
assessori, i soldi non si sa dove siano finiti e perché da 75 milioni siano passati a 68”,
spiega sempre Corradi. Ad oggi solo tre regioni hanno utilizzato i fondi, con
criteri di volta in volta in volta diversi. Non solo: come evidenziato dal
direttore del sito specializzato in disabilità HandyLex.org, Carlo Giacobini, i fondi
destinati alle Regioni sarebbero limitati solo a chi assiste congiunti con disabilità
gravissima, “escludendo tutte le situazioni, pur impegnative, in cui un familiare sia
‘solo’ disabile o borderline o altro”. Inoltre, come sempre in Italia, occorre come al
solito passare sotto la tagliola dell’Isee, che spesso taglia fuori chi abbiente non è o
sta cercando di accumulare risparmi per il futuro. Esiste ad esempio un bonus per
genitori soli, occupati disoccupati con figlio disabile a carico: gli importi sono
ridicoli (150 euro al mese), la percentuale di disabilità alta e l’Isee
assurdamente basso (3000 euro). In breve, di fatto, ad oggi quindi le misure
sono a discrezione di regioni e comuni: l’Emilia Romagna ha una legge regionale, la
città metropolitana di Roma prevede un assegno mensile di 700-800 euro. Ma non
c’è una misura universale.

Il caregiver è un lavoratore. Punto

Il problema che causa dispersione di fondi e abbandono dei caregiver è a monte: il
caregiver, questo chiedono tutte le associazioni, deve essere riconosciuto come
lavoratore, e quindi avere stipendio, malattia, ferie e pensione, oltre a
riconoscere prepensionamento e anni di contributi utili alla pensione per chi il
lavoro è riuscito a conservarselo. Sono persone che non possono lavorare e che,
dunque, hanno diritto a un lavoro. Nel manifesto dei caregiver
dell’Associazione Gilo Care si chiede anche che non solo venga riconosciuto
come lavoro usurante, ma che lo stipendio venga completamente svincolato dalla
verifica del patrimonio esistente, perché ciò lede i diritti costituzionali di uguaglianza
dei cittadini di fronte alla legge. Infatti “non è che un qualsiasi altro lavoratore viene
retribuito solo se entro certe fasce Isee”, si legge.
Attualmente, i disegni di legge sui caregiver in esame al Senato sono tre e
sono stati unificati in un unico testo, che, spiega sempre Carlo Giacobini,
“restituisce la responsabilità e le iniziative alle singole Regioni ed evita di fissare un
qualsiasi obiettivo di servizio, mentre rimanda sine die l’impegno dello Stato di
intervenire in ambiti delicati come quelli previdenziali, di tutela della salute, malattie
professionali, infortuni e altro”. Non solo. Resta nei disegni di legge il retropensiero
di fondo per cui l’attività di caregiving “vada incentivata in quanto scelta volontaria e
apprezzabile (…) anche se in moltissimi casi non è una scelta ma il risultato
dell’assenza o della carenza di servizi territoriali sufficienti, adeguati, efficaci al
sostegno delle persone e delle famiglie. Una condizione che – è utile ribadirlo –
colpisce soprattutto le donne”.
Manco a dirlo, all’estero tutti hanno riconosciuto i caregiver familiari.
“L’Inghilterra addirittura riconosce tutti gli anni in cui si è fatto caregiving ai fini
pensionistici, cioè li riconosce come lavoro – qui da noi inizialmente c’era la
proposta di riconoscere tre anni di contributi lavorativi ma poi ci hanno detto di aver
fatto i conti e che assolutamente non ci sono i soldi. La scusa dei soldi è sempre
buona nel nostro arretrato paese, ma a tutti fa comodo sfruttare milioni di persone,
all’80 per cento donne e sgravare il bilancio dalle spese per l’assistenza alle persone”,
conclude Corradi. Oggi, i caregiver, che chiedono un sostegno di tra 1000 e
1500 euro al mese, sperano nella petizione depositata a Bruxelles e nel lavoro di
network delle associazioni di familiari assistenti di tutta Europa. Lavoro da cui
scaturiranno nell’autunno linee guida elaborate dal Parlamento europeo a cui il
nostro Paese si dovrebbe allineare. Mettendo fine, si spera, all’abbandono di chi ha
dovuto lasciare tutto per dedicarsi notte e giorno alla cura sfinente di un malato
cronico o disabile grave. Fantasmi, appunto, invisibili alla nostra politica e alle
nostre istituzioni.

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CORRO DA TE – ma fammi vedere come cammini

Lunedì sera ero in missione GT, per l’anteprima del film “Corro da te” proiettata al Cinema The Space Odeon in centrissimo a Milano, a due passi dal Duomo. 

Questo film è stato girato nel 2020, ma per tutto quanto ha causato il Covid, è stato presentato solo adesso e oggi 17 marzo, uscirà in 500 sale italiane.

Riccardo Milani, il regista – che ha diretto tra l’altro anche il fantastico “Benvenuto presidente” o i due favolosi “Come un gatto in tangenziale”, nel fare la presentazione, ha detto una cosa che, all’inizio non ho capito, ma poi, nel corso del film era evidente: “Per rappresentare l’Italia nei miei film uso la parte peggiore”.

In effetti nell’originale francese di cui questa pregevole pellicola è un remake, non c’era tutta quella cattiveria nel protagonista, anzi lui era più un pasticcione involontario che un bugiardo pianificatore. 

Noi italiani ci distinguiamo sempre, nel bene e nel male, e quando si tratta di disabilità siamo appunto cattivi, discriminanti, abusanti, abilisti, falsi, prepotenti, ignoranti.

Il protagonista, interpretato da un Pierfrancesco Favino che non necessita di nessuna presentazione, è la quintessenza del gravemente normodotato, ricco imprenditore spocchioso, emulo di Don Giovanni alla vaccinara.

La sua partner è una dolce, angelicata ma assolutamente realista e solida Miriam Leone – sulla sedia a rotelle.

Il cast, a cornice dei due protagonisti, è tutto bravissimo – Vanessa Scalera che canta al karaoke mi mancava, il venetissimo Andrea Pennacchi in abito talare anche – menzione a Piera degli Esposti, non solo perché è stata la sua ultima interpretazione ma proprio perché il suo personaggio nel film è mitologico.

Non sono qui per fare una recensione cinematografica, perché non mi compete, posso dirvi che il film è ben fatto, si ride, godevole soundtrack, ottima fotografia.

Il motivo per cui ne sto scrivendo è perché speriamo sia la volta buona che serva anche a cambiare la cultura corrente nel nostro Paese, dando finalmente un forte segnale – così come successe per “Quasi amici”, altra bellissima pellicola francese.

Quello che non potete sapere di questo film è che ci sono state delle associazioni che hanno fatto consulenza al cast per affrontare al meglio la tematica e risultare credibili e veritieri e non produrre invece la solita concentrazione di pessime figure, come spesso accade, del tipo di quelle che abbiamo visto a San Remo oppure alla semifinale di GF Vip, dove Signorini ha intervistato Manuel Bortuzzo suscitando la legittima reazione del  Comitato Nazionale Antidiscriminatorio per Persone con Disabilità

Per i cosiddetti normo, forse, questo film  sarà una bella “sberla” specie per certi luoghi comuni, per noi che invece bazzichiamo il mondo della disabilità applaudiamo forte.

E ringraziamo di tutto questo Peba Onlus: grazie a tutti i soci che hanno contribuito a diffondere la giusta cultura sulla disabilità, che significa anche sdrammatizzare e ironizzare: sono stati talmente bravi che in alcune occasioni abbiamo riso solo noi di GT e il nostro vicino, il cantante lirico Federico Martello (che è in sedia a rotelle).

Per me, che ho un figlio tetraplegico, per cui indirettamente sperimento tutte le situazioni che emergono nel film, è stata una specie di “rivincita” di tutte quelle troppe volte che ci siamo dovuti sorbire il comportamento abilista delle persone.

Questa anteprima è stata importante anche perché in sala erano presenti membri delle istituzioni locali, del Comune e della Regione, associazioni da tutta Italia e aziende che, sicuramente, grazie alla settima arte, hanno imparato molto sull’inclusione sociale. 

Un grazie al personale del cinema, organizzazione perfetta e grazie ad Andrea Ferretti, il presidente di Peba ONLUS che ci ha offerto questa esperienza importante e per me nuova.

Se da stasera fino a domenica non sapete cosa fare andate a vedervi questo film e soprattutto testate anche l’accessibilità dei cinema. 

Ci siamo capiti. 

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-Webinar- Sordità infantile: Prevenzione e Screening audiologico 2/4/2022 alle 17

Locandina prima giornata di sensibilizzazione sulla prevenzione dei danni da rumore in età scolastica

Genitori Tosti organizza per il 2 aprile 2022 il webinar “Sordità infantile: Prevenzione e Screening audiologico”. A partire dalle 17 sarà possibile seguire il webinar direttamente qui di seguito:

L’ipoacusia infantile non ha cause esclusivamente genetiche.
Soltanto nel quaranta per cento dei casi i geni risultano essere i responsabili della sordità. Per questo è necessario informare pediatri, famiglie e scuole, incoraggiando tutti alla sorveglianza continua dell’udito anche dopo la nascita ed anche a seguito di test di Screening Uditivo Neonatale negativo. Un ritardo della diagnosi può impedire uno sviluppo linguistico e cognitivo corretto nel bambino.
L’incontro si articola nell’ambito della “1a Giornata di Sensibilizzazione dell’Udito: Prevenzione dei danni da rumore in età scolastica” organizzata l’1 aprile dalla Società Italiana di Otorinolaringologia e Chirurgia Cervico-Facciale (SIOeChCF) insieme alla Società Italiana di Audiologia e Foniatria (SIAF) e a 23 Associazioni di pazienti e parenti di soggetti ipoacusici operanti sul territorio Nazionale.

Costituisce inoltre un’ideale continuità con la Giornata mondiale dell’Udito del 3 Marzo istituita dall’OMS.

Durante l’incontro sarà presentato il Dossier: “Stato attuale delle politiche Sanitarie Italiane in tema di Sordità” scritto dai medici aderenti a SIOeChCF e dalle associazioni. Genitori Tosti si è occupata del rumore nelle scuole, grazie a Nicoletta Wojciechowski, e sui luoghi di lavoro, grazie a Giovanni Barin.

I relatori previsti nel webinar:

Relatori:
Vittorio Pietro Achilli – Direttore SC di Otorinolaringoiatria – Ospedale Maggiore di Lodi
Dott.ssa Federica Di Berardino – Specialista in Audiologia e Foniatria Policlinico di Milano, Ricercatore universitario – Università degli Studi di Milano, Audiologia
Il ruolo del pediatra di vigilanza attiva sulle ipoacusie postnatali

Umberto Ambrosetti – Professore Associato di Audiologia e Foniatria Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità Università degli Studi di Milano – U.O.S.D. Audiologia Fondazione I.R.C.C.S. Ca’ Granda Ospedale Policlinico di Milano
Stato attuale delle politiche sanitarie Italiane in tema di sordità

Emilia Tinelli Bonadonna – Presidente A.L.F.A. Associazione Lombarda Famiglie Audiolesi
Il ruolo delle famiglie e delle Associazioni

Giovanni Barin – Vicepresidente Genitori Tosti APS Onlus e consigliere A.L.F.A. Associazione Lombarda Famiglie Audiolesi
Presentazione del Dossier SIO – Rumore nei luoghi di lavoro

Nicoletta Wojciechowski – Genitori Tosti APS Onlus
Presentazione del Dossier SIO – Rumore nelle scuole e capacità di apprendimento

Di seguito la locandina del webinar e, dopo, quella dedicata alla giornata di sensibilizzazione

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Legge sulla Non Autosufficienza: come ti invado il campo dei caregiver familiari

La notizia è stata diffusa solo tra gli addetti al settore: è pronta la bozza del DDL sulla non autosufficienza, una legge attesa da anni e anni, come tante leggi che riguardano la disabilità.

Chissà perché in Italia si riempie la non autosufficienza di due categorie che tra loro non hanno nulla da spartire e cioè anziani e persone disabili.

A suffragare quanto affermo è il fatto che non si possono ricoverare nella stessa struttura anziani e disabili, perché se è vero che l’anzianità è uno status anagrafico la disabilità è una condizione che tocca anche ai neonati, per dire.

Comunque: il Ministro del Lavoro Orlando a maggio 2021 istituisce, con un decreto specifico, la commissione straordinaria e ne elenca i componenti:

– don VINICIO ALBANESI – Comunità di Capodarco

– dr. PIERO BARBIERI – CESE

– dr. FABRIZIO BARCA – Forum Disuglianze Diversità

– dr. ALDO BONOMI – Consorzio A.A.S.TER

– prof.ssa NERINA DIRINDIN – UNITO

– prof.ssa CRISTINA FREGUJA – ISTAT

– dr. ALESSANDRO GORACCI – Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

– prof. Cristiano Gori – UNITN

– dr. ANGELO MARANO – Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

– dr. PAOLO ONELLI – Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

– dr.ssa ANTONELLA PEZZULLO – ASL 1 Napoli

– dr. FRANCESCO POLI – Ordine Assitenti Sociali

– dr.ssa ALFONSINA RINALDI – Esperta Politiche Sociali

– dr. NINO SANTARELLI – Regione Marche

– dr.ssa MIRIAM TOTIS – Regione FVG

– dr. TIZIANO VECCHIATO – Fondazione ZancanA presiedere il tutto Livia Turco, l’ex ministra della salute che da novembre 2021 il presidente della regione Lazio, Zingaretti, ha messo a dirigere “La più grande Azienda Pubblica di Servizi alla Persona (ASP) di Roma, per rilevanza patrimoniale e attività di assistenza svolta.” come si legge dal sito web della stessa che è l’Istuto Romano di San Michele.

Leggiamo la bozza e all’arti. 7 troviamo questo:

“Art.7 (Misure di sostegno ai familiari conviventi impegnati nell’assistenza diretta alla persona non autosufficiente)

1. Entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento il Governo, su iniziativa del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro per le disabilità e il Ministro dell’economia d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni, gli Enti Locali e le Province Autonome, è delegato ad emanare un apposito decreto legislativo al fine di migliorare e sostenere le condizioni di vita individuali delle figure di cui all’articolo 1, comma 255 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), nonché di riconoscerne le esperienze e le competenze acquisite – in quanto persone conviventi nel nucleo familiare della persona non autosufficiente e impegnate nell’assistenza diretta alla persona non autosufficiente nell’ambito del PAI – nella qualità di componenti della rete di assistenza alla persona e risorse del sistema integrato dei servizi sociali, sociosanitari e sanitari, attraverso la previsione:

a) dell’introduzione di specifiche tutele nell’ambito previdenziale e assicurativo e per l’inserimento e il reinserimento nel mercato del lavoro;

b) interventi di formazione e di certificazione delle competenze professionali acquisite nel corso dell’esperienza sviluppata;

c) interventi di sostegno anche psicologico, evitando che dal loro impegno assistenziale possa derivare un pregiudizio alla vita lavorativa, al completamento di percorsi di studio e  formazione, nonché all’esercizio delle responsabilità genitoriali e educative nei confronti dei figli minori di età.

Le rappresentanze delle figure di cui al citato articolo 1, comma 255 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, sono sentite nell’ambito della programmazione sociale, sociosanitaria e sanitaria a livello nazionale, regionale e locale.”

Il primo pensiero è stato: ma tutti i caregiver che non lavorano, perchè fanno assistenza h24, non sono considerati? Quindi esistono caregiver familiari di serie A e di serie B?

Il secondo è stato: ha senso dedicare un articolo ai caregiver familiari in una legge sulla Non Autosuffcienza quando esiste una legge dedicata (il DDL 1461) che attende di essere perfezionata? Perchè seminare altrove quello che riguarda i caregiver, che lo sono sempre indipendentemente dalla tipologia di familiare assistito?

Inoltre ricordiamo che tuti gli emendamenti presentati sul caregiver familiare nella discussione della legge delega sulla disabilità, lo scorso dicembre, sono stati tutti fatti ritirare dalla Ministro Stefani con la motivazione che appunto esiste la legge, o meglio il DDL giacente al Senato – che andrebbe approvato.

Abbiamo già fatto presente la cosa al ministero del lavoro e chiesto, appunto, quando e se riprendono i lavori per il DDL 1461.

Intanto cercate di leggere in tanti il nostro saggio e lasciatene un feedback nella pagina Amazon: più recensioni avremo più la consapevolezza e l’attenzione sul tema si accresce, per arrivare ad una legge fatta bene.

Abbiamo anche una pagina FB dedicata dove potete lasciare il feedback.

In foto il tifoso che ha invaso il campo durante la finale Italia-Inghilterra a Wembley per gli Europei 2020, svoltisi a luglio 2021 causa Covid.

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Due chiacchiere con Viviana Locatelli – Per sempre Giò

In una delle mie surfate online notturne ad un certo punto si inquadra sul monitor la copertina di un libro che ritrae un ragazzo di schiena nell’atto di saltare e tuffarsi : sembra mio figlio, se stesse in piedi. E la gioia che trasmette questa foto è irradiante!

Subito dopo focalizzo un particolare della foto e cioè il pallone da calcio nell’angolo in basso a sinistra e poi i colori dei caratteri che formano il titolo: l’INTER!

Automatico che quel libro doveva essere mio e, dopo averlo letto, ho molto pensato.

Quindi mi sono messa alla ricerca dell’autrice (che vedete nella foto) che è una mia collega e cioè una mamma caregiver e il Giò del titolo era suo figlio.

Inutile dirvi che dovete leggere in massa questo libro che non è l’ennesima storia biografica tipica del genere ma è  qualcosa di ben più prezioso, soprattutto è qualcosa di molto autentico, non costruito a tavolino, non affinato da addestrati professionisti o gosth writer che antepongono il bello e omologato stile, magari drammatizzato per confezionare un prodotto che venda. 

No. ‘E una storia, una vita, tanta roba.

Viviana Locatelli lo dice lei stessa che, su suggerimento di una persona a lei vicina, ha iniziato a scrivere per trasmettere alle persone  non  solo una storia ma anche l’emozione che accompagna questa storia, che si riassume nella persona di Giorgio: la gioia personificata. 

So bene cosa significhi il sorriso di cui parla Viviana nel suo libro: è quello che vedo ogni giorno sul volto di mio figlio, la beata pura gioia con la quale sorridono questi nostri figli noi normo non la possediamo. E come la gioia ti pervada all’improvviso, quando vedi questi sorrisi, è qualcosa che si deve provare!

Non mi dilungo oltre e lascio la parola a Viviana.

Ciao Viviana, allora che cosa ci dici del tuo libro uscito da qualche mese? Che feedback hai avuto?

Scrivere questa storia e pubblicarla non è stato semplice emotivamente e la felicità di essere riuscita a portarlo a termine è già molto per me. Sicuramente non mi aspettavo di ricevere cosi tanti giudizi positivi e sentire cosi tanta vicinanza da parte dei lettori, ma sono molto contenta che sia successo perché ‘ mi è stato di grande aiuto.

Ci racconti come ti è venuta l’idea di scriverlo

Quando Gio se n’è andato (uso questa frase appositamente come se si fosse solo allontanato) mi sono sentita mancare la terra  sotto i piedi. Credevo di non reggere ad un dolore cosi grande, anche se come ho scritto, forse ero già preparata a quel momento. Mi mancava la sua voce, il suo sguardo e il suo odore. Una sensazione animalesca  con la quale non riuscivo a fare i conti. Un medico mi consigliò di scrivere tutto quello che  mi veniva in mente e passavo le notti sveglia nella sua stanza. Di notte, non so il perché, mi venivano in mente  un sacco di immagini  e nel silenzio assoluto riuscivo a sentire la sua voce. Un giorno in auto ascoltando la musica ho pensato che scrivere la sua storia sarebbe potuto essere importane per molte ragioni. Cosi una notte gli feci una promessa. “Gio’ non sarai mai dimenticato e se anche spesso sei stato invisibile saremo ancora insieme per fare la differenza” (a lui piaceva questa frase perché le attribuiva una connotazione  sportiva. 


Il tuo libro ha anche una colonna sonora: ogni capitolo è introdotto dalle parole di una canzone. Doctor and the Medics, The beatles, The Way Not, Bob Mc Ferrin, Sinead O’Connor, Francesco de Gregori, Whitney Houston, Eric Clapton.Sembra quasi di avere la musica di sottofondo mentre si legge. A Gio piaceva molto la musica o è qualcosa di solo tuo? Giorgio aveva una canzone preferita?

A Giorgio piaceva molto la musica anche senza avere una canzone preferita. Il motivo per cui all’inizio di ogni capitolo ho inserito frasi  tratte da canzoni  è che molto del tempo che ho vissuto con Gio l’ho passato in auto ascoltando la musica in sottofondo. Spesso non sapevamo nemmeno dove andare, ma il solo fatto di uscire per ascoltare la musica in macchina lo rendeva felice. In casa non l’ascoltava….l’autismo è cosi. 

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