“Vecchi” e nuovi compiti del GLI (già GLHI)

Il sacro furore che sembra pervadere il MIUR e i suoi dirigenti in merito alla questione dei Bisogni Educativi Speciali (BES) sta incontrando comprensibili resistenze e, al tempo stesso, sta rivelando l’ignoranza che tanta parte della scuola ha rispetto ai processi di integrazione e agli organi inter-istituzionali che li devono attuare. In un post introduttivo sulla questione, scrivevo:

Il sistema di istruzione viene governato a botte di decreti, direttive, circolari (che talvolta cercano addirittura di intervenire su aspetti normati da leggi…) senza che nessuno, neanche nella stanza dei bottoni, sembri almeno avere un quadro complessivo del risultato che si vuole ottenere. Non credo che nessuno possa obiettivamente affermare che esista qualcosa che assomigli minimamente a una visione condivisa di ciò che la scuola può e deve fare.  In questo, il nostro modello educativo rispecchia lo stato del nostro sistema sociale e rischia di esserne uno strumento di perpetuazione. La prospettiva non appare rosea…

In questo quadro di confusione e incertezza in merito a fini, strumenti e risorse, ultimo fulgido esempio di questa politica di  non condivisione culturale (non sappiamo ancora se destinata anche al risparmio, alla luce delle fosche previsioni contenute nel DEF del 2013) è la Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 [pdf] sui Bisogni Educativi Speciali (BES) e la successiva Circolare 8/2013 [pdf], entrambe emanate da un Governo dimissionario senza confronto o discussione alcuna.

Per chi vuole approfondire l’argomento, oltre all’ottima sintesi di Franco Castronovo (qui sotto), consiglio anche la lettura di questo documento della LEDHA scuola, che riassume le principali obiezioni in merito.

Ho ripreso questo pezzo con i riferimenti principali alla normativa esistente perché è il caso di sottolineare che la trasformazione del Gruppo Lavoro Handicap di Istituto (GLHI) in Gruppo Lavoro per l’Inclusione (GLI) è una questione delicata perché una direttiva ministeriale non può cambiare la natura di un organo i cui compiti sono definiti per legge.

Il GLI è un’estensione del GLHI e, in quanto tale, non può essere inteso come qualcosa di nuovo in assoluto nell’organizzazione scolastica (leggo e sento di scuole che hanno “creato” il GLI ignare dell’esistenza – almeno sulla carta – di un GLHI)  anche perché tutti i compiti definiti dalla normativa sull’integrazione scolastica rimangono tali, così come i diritti e i doveri nei riguardi degli alunni e degli studenti con disabilità.

A questi si aggiungono, estendendo in maniera ipertrofica i suoi compiti, quelli derivanti dai BES che possono essere ben compresi leggendo, ad esempio, la circolare emanata dall’USR Puglia in merito, che recita:

Il Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI), in sostituzione e ampliamento del Gruppo di Lavoro per l’Handicap di Istituto, si propone quale soggetto promotore e coordinatore di tale azione di sistema, nella misura in cui, dando voce a tutte le componenti intra- e inter-istituzionali responsabili della presa in carico dei bisogni educativi del territorio di riferimento della singola istituzione scolastica, si qualifica come il luogo per antonomasia donde muove l’impulso all’autodiagnosi e in cui si raccolgono le proposte di azione per sintetizzarle in kit metodologico-strumentali capaci di farsi bussola strategica per la promozione di apprendimenti di qualità.

Per chi conosce bene il funzionamento dei GLH, il GLI diventa (per i BES senza certificazione) una specie di GLHO collettivo (i GLHO sono gli incontri in seduta dedicata ai singoli studenti con disabilità), che deve addirittura produrre kit metodologico-strumentali buoni per tutti gli studenti con BES presenti nella scuola…

Poiché lo “strumento principe per favorire l’implementazione di detta azione di sistema è il Piano Annuale per l’Inclusività (PAI)”, in cui vengono elencate le risorse e i punti qualificanti per questo ciclopico lavoro (secondo l’avv. Nocera pienamente giustificato dallo stesso art.15  della L.104 – vedi punto 6 dell’articolo), ci permettiamo di suggerire un paio di punti fermi che ci rivengono dalla normativa esistente.

1. Le risorse rivenienti dalla L. 104/92 non possono essere utilizzate in maniera impropria.

Ciò significa che nulla cambia rispetto all’assegnazione dell’organico di sostegno “globalmente” alla scuola (così come già previsto all’articolo 19, comma 11 della Legge 111/11) o alle risorse AEC (Assistenza Educativo Culturale) che, ricordiamo, sono figure assegnate ad personam e quindi per i bisogni specifici di un certo bambino o ragazzo con disabilità. Del resto, la questione è implicitamente confermata dalla circolare USR di cui sopra in cui si legge che il PAI

“è funzionale alla riorganizzazione qualificata delle risorse in campo per la realizzazione della dimensione inclusiva della scuola e non per la giustificazione di richieste, ad esempio, di dotazioni organiche ulteriori”

e che

“Ciascuna istituzione scolastica è pertanto invitata ad avviare un processo di messa a sistema delle risorse (infrastrutturali, strumentali, professionali), degli strumenti progettuali, di ricerca, valutativi), dei soggetti e dei luoghi istituzionali, intra- e inter-istituzionali, funzionali alla definizione di un progetto curricolare, dapprima, quindi, di un’offerta formativa, integrata di tutte quelle azioni rivenienti anche da misure sussidiarie di finanziamento (FSE e FESR, per citarne solo alcune) unitariamente e stabilmente orientata a non lasciare indietro nessuno e a valorizzare il potenziale di ciascuno, ivi comprese le eccellenze.”

2. Il modello di PAI deve rilevare anche lo stato di attuazione della normativa sull’integrazione nella singola scuola.

Nel modello di PAI proposto dal dott. Ciambrone e riproposto dall’USR Puglia, manca  il  riferimento alla rilevazione della partecipazione dei docenti curricolari ai GLHO e alla ricognizione sui PSP (Piani di Studio Personalizzati) che derivano dal PEI (Piano Educativo Individualizzato). Se tanti abusi sono stati e sono tuttora permessi in materia di integrazione scolastica (continuiamo a usare questo termine dato che la querelle integrazione/inclusione la lasciamo ai teorici di professione) è stato proprio a causa della mancanza di valutazione e di controllo su come venivano applicate le norme così ben riassunte nelle Linee Guida dell’Integrazione scolastica del 2009. In parole povere sarebbe il caso di capire come i Dirigenti Scolastici (che, non dimentichiamo, hanno il dovere di istituire i GLHI per legge) e i docenti curricolari partecipano e contribuiscono al processo di integrazione degli alunni e studenti con disabilità, inserendo nella valutazione indicatori quali il grado di stabilità dei docenti nominati sul sostegno e il possesso di specializzazione. Potrebbe essere un punto di partenza per avere un quadro globalmente (e doverosamente) più completo.

Maria Grazia Fiore
docente curricolare
referente regionale per la Puglia dei Genitori Tosti

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