La bacchetta magica per l’inclusione [di Maria Grazia Fiore]

Articolo dal sito di Maria Grazia Fiore, Speculum Maius (prima parte di una serie di articoli coordinati sulla Direttiva Ministeriale (e annessa circolare) sui BES, emanata dal MIUR a dicembre scorso.

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I nostri modelli educativi sono, in un certo qual modo, il prodotto del sistema sociale e contemporaneamente il mezzo privilegiato della perpetuazione di questo.
J. Ardoino, Educazione e politica, 2001

Prologo: “Che cosa vogliamo creare?”

In un interessante post di qualche giorno fa, Galatea Vaglio sottolineava come il problema dei tagli continui di risorse (finanziarie e “umane”) al capitolo “istruzione” sia certamente importante in questo momento ma non meno di quello della mancanza di consapevolezza sul “dove stiamo andando” (quella che i patiti di teorie organizzative chiamerebbero banalmente vision).

I soldi, dunque servono: servono per dare continuità ai progetti, servono per far funzionare a regime le sperimentazioni inventate per spirito di servizio dai docenti e dai dirigenti illuminati, servono per l’organizzazione ed il mantenimento delle buone pratiche. Ma non sono solo quelli il problema. Il problema fondamentale, secondo me, è che noi tutti, docenti, dirigenti, anche genitori, vorremmo sapere e capire, prima di avere i soldi e presentare i progetti, che cavolo di scuola si vuole in Italia

A scuola, come in ogni altro settore dell’economia italiana (e la scuola è un settore dell’economia, anzi, è quello che deve dare il la allo sviluppo economico) si naviga a vista, e ognuno un po’ facendo come gli pare. Le indicazioni ministeriali e le riforme arrivano, vengono applicate anche, ma un po’ così come capita, anche perché un po’ così come capita paiono fatte. Un anno ci dicono che dobbiamo digitalizzarci, e noi ci digitalizziamo: mettiamo le lim in classe, ci arrivano i nuovi libri in formato ebook, ci dicono che quello è il futuro ma non ci mandano un “foglio del come”, fidandosi nell’italica arte di arrangiarsi ad imparare cosa serve, o sul tacito patto che il docente che non vuole in realtà adottare la novità si limiterà ad adottarla per pro forma continuando a fare come ha fatto prima.

Quando mi innamorai delle Learning Organization (ho avuto passioni teoriche che neanche potete immaginare…), il concetto di visione condivisa descritto da Peter Senge ne “La quinta disciplina” mi fulminò e rimane ancora un punto di riferimento fondamentale nella mia maniera di approcciarmi alle problematiche organizzative (scolastiche e non). Secondo questo autore

al suo livello più semplice, una visione condivisa è una risposta alla domanda: “Che cosa vogliamo creare?”… le visioni personali derivano la loro potenza dalla profonda sollecitudine dei singoli per la loro visione. Le visioni condivise derivano la loro potenza da una sollecitudine comune. In effetti, siamo giunti a credere che uno dei motivi per i quali le persone cercano di creare delle visioni condivise è il loro desiderio di essere connesse ad un’iniziativa importante.

Ritornando alle osservazioni di Galatea (e correlandole con quelle di Senge) ne emerge chiaramente la totale mancanza di condivisione dei diversificati “disegni riformatori” che si sono susseguiti negli ultimi decenni a carico del sistema di istruzione pubblico, “tagliando” senza alcun criterio di merito e imponendo per via burocratica i nuovi assetti da far applicare agli operai/docenti alla catena scolastica di montaggio.

Il sistema di istruzione viene governato a botte di decreti, direttive, circolari (che talvolta cercano addirittura di intervenire su aspetti normati da leggi…) senza che nessuno, neanche nella stanza dei bottoni, sembri almeno avere un quadro complessivo del risultato che si vuole ottenere. Non credo che nessuno possa obiettivamente affermare che esista qualcosa che assomigli minimamente a una visione condivisa di ciò che la scuola può e deve fare.  In questo, il nostro modello educativo rispecchia lo stato del nostro sistema sociale e rischia di esserne uno strumento di perpetuazione. La prospettiva non appare rosea…

In questo quadro di confusione e incertezza in merito a fini, strumenti e risorse, ultimo fulgido esempio di questa politica di  non condivisione culturale (non sappiamo ancora se destinata anche al risparmio, alla luce delle fosche previsioni contenute nel DEF del 2013) è la Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 [pdf] sui Bisogni Educativi Speciali (BES) e la successiva Circolare 8/2013 [pdf], entrambe emanate da un Governo dimissionario senza confronto o discussione alcuna. Continue reading

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Scuola e disabilità. Uniti ma divisi

Uniti ma divisi, un ossimoro che pare essere in voga come non mai in quest’ultimo periodo. Che la storia del nostro Paese sia percorsa da moti che da un lato perseguono lo scopo di unirlo e dall’altro creano malcontenti che dividono, non è certo una novità. A chi non vive in prima persona l’esperienza della disabilità sembrerà un paradosso: questa condizione dovrebbe avvicinare tra loro i familiari delle persone disabili. Invece essere uniti ma divisi è ormai una consuetudine anche in questa realtà. E questo nonostante l’Italia sia un esempio invidiato ben oltre l’Europa per il panorama normativo vigente.

Una condizione che le famiglie di figli con disabilità conoscono bene, potendo constatare l’enorme iato tra normativa pubblica e triste realtà quotidiana, scandita dallo stillicidio di grandi e piccoli ostacoli che nessuna norma da sola potrà mai eliminare senza il naturale senso civico, senza l’educazione e la cultura di ogni cittadino di questo Paese. Qualità, queste ultime, sempre più rare in Italia, dalle quali discende l’imprescindibilità delle leggi a difesa dei diritti dei propri figli. Una società che non ne vuol sapere di considerare la disabilità come una condizione di normale vivere in comunità, conduce necessariamente a dover ergere la normativa a baluardo difensivo di diritti che, lo ripetiamo, si è portati a pensare essere una realtà consolidata. Quale stupore invece nel constatare il contrario quando si valutano numericamente ricorsi, esposti e denunce dei genitori!

Lo abbiamo già scritto e detto più volte: le nostre famiglie offrono a chiunque lo Continue reading

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Una lampadina blu in casa…

C’è chi, in casa, una lampadina blu ce l’ha accesa sempre. Non solo oggi, che è 2 aprile, giornata dedicata alla sensibilizzazione e all’informazione circa la condizione delle persone autistiche e, indirettamente, delle loro famiglie.
Sembra che i genitori con figli autistici, soprattutto se benestanti e “alternativi”, siano le vere star del momento… Sarà per questo che non ho voglia di scrivere oggi: non vorrei entrare nel novero delle celebrità, mio malgrado. Continue reading

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App…però! Le app guardate con occhi speciali

[Dal blog Speculum Maius]

E allora cominciamo a rompere i recinti di dottori che parlano solo con dottori, di genitori che parlano solo con altri genitori (magari solo se interessati alla stessa patologia), di docenti che parlano solo con altri docenti. Rimescoliamo gli interlocutori per capirci e conoscerci meglio.
Questo post, ad esempio, è in un luogo della Rete in cui passano gli interessi più svariati. Ognuno di noi può trovarci qualcosa su cui riflettere. Ognuno può proporre qualcosa di costruttivo. Ognuno può partecipare. Ognuno di noi può andare oltre.

Da: Un blog per l’integrazione: (ri)cominciamo dall’inizio

Rimescolare gli interlocutori e i punti di vista è stato fin dall’inizio l’orizzonte di senso delle mie riflessioni sull’utilità della Rete e degli strumenti di condivisione e comunicazione che ci mette a disposizione. Nel post da cui ho tratto l’incipit di quello che state leggendo, ho distinto quelle che secondo me sono le tre sfere d’azione in cui può fare la differenza integrare la comunicazione in presenza con uno spazio di comunicazione online in:

1) azione e comunicazione del singolo;

2) comunicazione tra i soggetti (istituzionali e non) che “tessono” il progetto di vita della persona con disabilità;

3) visibilità/vivibilità sociale della disabilità tout court.

Chi frequenta questo blog dovrebbe conoscere anche L’officina di Jacopo, primo blog sperimentale per l’integrazione, nato per collocarsi nella seconda sfera d’azione ma rientrato quasi subito anche nella terza, conseguentemente alla mia scelta di non chiudere l’ambiente all’esterno.
Un seme gettato nel web che ha dato i suoi frutti. E’ nato Apperò – Le app guardate con occhi speciali, blog in cui un gruppo di persone che si confrontano con la disabilità tutti i giorni (per lavoro o come care giver), ha deciso di condividere con gli altri ciò ha imparato (e continua a imparare) usando il tablet anche con le app non create specificatamente per i Bisogni Educativi Speciali.

E’ per questo che abbiamo pensato di arricchire i nostri post con dei simboli (collezione ARASAAC) che diano ulteriori informazioni aggiuntive su quella app, derivate direttamente dalla nostra esperienza. La scelta di queste etichette è dunque frutto di un utilizzo quotidiano, condiviso con adulti o bambini con bisogni educativi speciali: non hanno un valore assoluto né vogliono rendere un accezione negativa o positiva… Sono solo etichette che servono ad orientarsi nella giungla delle applicazioni e a condividere con i nostri colleghi/amici velocemente “la prova sul campo”. [da Legenda Apperò]

Ci piacerebbe creare una rete di lettori/fruitori che ci aiuti in questo lavoro di riflessione su/segnalazione di app, commentando le nostre “recensioni” e aiutandoci ad allargare sempre più la visuale, contaminando i punti di vista. Ovviamente è un ambiente ancora work in progress (come è mio stile), ma un blog è qualcosa di vivo e non un ambiente imbalsamato: al più presto vi mostrerò la sua architettura comunicativa e gli strumenti di cui si avvale.

Chi fosse interessato a collaborare o volesse contattarci, può utilizzare il form su questo blog o farlo al seguente indirizzo email:

indirizzo email di Apperò

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