Il Decreto PEI

Nei giorni scorsi è stato emanato il Decreto che definisce i nuovi modelli del Piano Educativo Individualizzato (PEI) che governa la vita scolastica delle persone con disabilità.

Negli anni, Genitori Tosti ha supportato molte famiglie di tutte le regioni italiane, osservando l’incontestabile evidenza di modi di accogliere e gestire la presenza a scuola di bambini e ragazzi con disabilità nei modi più disparati e stravaganti, con il denominatore comune della drammatica carenza, soprattutto dei contenuti, dei Piani Educativi Individualizzati. Che, vale la pena ricordarlo, sono la traccia del primo periodo di vita della persona che deve raccordarsi con il Progetto individuale (o progetto di vita) previsto dalla Legge 328/2000.

Sorge una domanda: fino ad oggi, come abbiamo fatto? Beh, si è lavorato in “ordine sparso”, secondo l’esperienza e, spesso, capacità del singolo docente di elaborare un documento complesso quanto lo è una persona. Sul territorio gli Enti locali talvolta hanno elaborato dei modelli di Pei, oppure ci si aiutava con varie piattaforme online.
Ma assicuro che era assolutamente evidente quella mancanza che portava poi a confronti tanto inutili quanto dannosi per gli stessi alunni: di una base comune chiara nelle premesse per poi lasciare, oggi come allora, ai docenti e assistenti il dovere professionale di inserire contenuti adeguati. Che rimane il punto nodale sul quale discutere: professionalità ed esperienza sono le parole chiave per sapere per descrivere la persona in modo efficace. Ci sono? Sono adeguate?

Cerchiamo di andare alla radice dei problemi, che nella scuola come in ogni altro ambito derivano da come è stata gestita a livello legislativo e politico. Rimane il grande caos portato dalle riforme, ultima la Legge 66/2017. Dov’erano coloro che oggi parlano di esclusione quando le riforme hanno determinato caos gestionale e taglio delle risorse, fattore cruciale senza il quale sono tutte parole al vento? Oppure si preferiva andare avanti in ordine sparso vincolati del marasma delle autonome volontà di dirigenti ed Enti locali?

Per chi ha voglia di leggerle, tante risposte sono negli scritti in questo sito.

Nel testo del Decreto PEI si trovano luci e ombre, come sempre. Ma con un fatto: da questo decreto esiste un documento unico in tutto il Paese che può raccordarsi in modo concreto con il Progetto Individuale, partendo tutti da un approccio condiviso.

È un punto fermo sul quale costruire, non la fine di un percorso.

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La scuola di nessuno, o quasi

Siamo al 23 ottobre 2020 e dopo Campania e Lombardia anche in altre regioni si ventila la possibilità di chiudere delle scuole attivando la DAD, didattica a distanza.

Senza fare valutazioni più ampie, sul sistema politico-socio-economico che ci sta portando a una situazione di pura discriminazione delle persone con disabilità, e più ampiamente per tutti, seppur sinteticamente vale la pena riflettere su alcuni aspetti, validi non solo per alunn* e student* con disabilità.

Il periodo di lockdown ha restituito la segregazione delle persone con disabilità; nella scuola, chi non poteva seguire la DAD ha di fatto perso metà dell’anno scolastico, con un grosso dubbio su come recuperare il periodo qualora non si segua un programma differenziato e la DAD non sia stata proficua. Ma l’aspetto segregante ha colpito chi non ha potuto seguire la DAD. Da qui la presa di posizione di tutti (scuole, famiglie, associazioni) per una ripresa e prosecuzione con la didattica in presenza; per un esame di come gestire ulteriori possibili situazioni emergenziali per evitare ulteriori discriminazioni; per una revisione dei PEI.

Prescindendo da una valutazione di come si sono utilizzati gli scorsi mesi (profondamente negativa) arriviamo ai nostri giorni con il dibattito che verte sostanzialmente su affermazioni come quelle riportate nelle ordinanze campane e lombarde. La Campania, per tutte le scuole prevede:

“…. è confermata la sospensione delle attività didattiche in presenza per le scuole primaria e secondaria, fatta eccezione per lo svolgimento delle attività destinate agli alunni con disabilità ovvero con disturbi dello spettro autistico, il cui svolgimento in presenza è consentito, previa valutazione delle specifiche condizioni di contesto da parte dell’Istituto scolastico.”

Quella lombarda, forse con una razio più vicina al problema dei trasporti e, quindi, per le sole scuole secondarie di secondo grado, sia meno ghettizzante:

Le scuole …. devono realizzare le proprie attività in modo da assicurare lo svolgimento delle lezioni mediante la didattica a distanza delle lezioni, per l’intero gruppo classe, qualora siano già nelle condizioni di effettuarla e fatti salvi eventuali bisogni educativi speciali.

Su ciò si sviluppa la questione se sia giusto o meno la didattica in presenza per la disabilità e il conseguente dibattito.

Facciamo alcune considerazioni, che ovviamente non esauriscono il problema:

  1. I BES, Bisogni Educativi Speciali, abbracciano un numero di studenti ben più numeroso di quelli con disabilità. Quest’ultima fa parte dei BES.
  2. L’integrazione scolastica prima e inclusione poi, comprende sia gli aspetti didattico-educativi, sia quelli socio-educativi. Gli uni senza gli altri non possono funzionare e non funzionano dove si eludono i principi dell’inclusione scolastica.
  3. La didattica in presenza dei soli studenti con disabilità crea di fatto una scuola speciale.
  4. Ridurre il concetto di didattica in presenza ai soli studenti con disabilità significa ignorare decenni di studi e sforzi pedagogici reali per una didattica moderna e inclusiva per tutti, studenti con e senza disabilità.
  5. La DAD per una parte degli studenti con disabilità può essere anche positiva.
  6. Se è vero che le scuole erano sicure fino alla scorsa settimana, lo saranno ancor più se una grossa fetta di popolazione scolastica seguirà la DAD.
  7. Le scuole, i docenti hanno tutte le possibili strategie per applicare in sicurezza una didattica mista.
  8. Non ci sono divieti affinché ci siano classi delle scuole che continuano a frequentare in presenza per soddisfare i principi normativi, di rango superiore, che assicurino l’inclusione scolastica.
  9. Il PEI e la famiglia sono la bussola per gestire la situazione, anche in caso docenti e assistenti supportino gli studenti al loro domicilio in situaizoni di sicurezza.

Dato che il termine “BES” torna ciclicamente alla ribalta, aggiungiamo e ribadiamo ancora una volta che le recenti leggi di riforma della scuola sono da abrogare, per riprendere da dove il legislatore più attento aveva elaborato la prima versione della Legge 104. Era il 1992. Da allora alcuni passi in avanti son stati compiuti, ma troppi sono stati quelli contrari.

Infine non possiamo non evidenziare che quella dei trasporti era una bomba a orologeria che non è stata gestita con un briciolo di lungimiranza. Oggi l’inettitudine fa pagare il prezzo più elevato ancora alle persone che sono il futuro di un popolo, i giovani, e ancor peggio alla parte più fragile; dando l’ennesimo colpo al sistema educativo pubblico statale, risorsa immensa che stiamo perdendo a favore di una scuola per pochi.

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Superare i ritardi virali

Riflessioni su alcune situazioni delle persone con disabilità durante l’emergenza Coronavirus

L’emergenza Coronavirus ha messo in luce le tante criticità del sistema di gestione socio-sanitario nazionale e le sue ripercussioni sulle famiglie, in particolare su quelle più fragili che vivono direttamente la disabilità. Non fanno notizia, allo stesso modo non la fa abbastanza l’inestimabile pregio del Sistema Sanitario Nazionale, pubblico, che ci è stato tramandato e che nonostante le troppe volontà di privatizzazione ma grazie alla volontà di OSS, infermieri e medici, ci tutela ancor oggi in presenza di questa emergenza. La disabilità insegna proprio a capitalizzare quel meraviglioso tesoro che è il valore di tutta la comunità, il bene di tutti e di ciascuno.

Tra le tante criticità emerse, la questione sollevata da tanti sull’assistenza a domicilio come fattore per limitare l’isolamento delle persone con disabilità e le loro famiglie, deve essere affrontata urgentemente. Cercando però  di evitare di considerarla da prospettive personali o di parte. Non si tratta di “egoismi”: ogni punto di vista è valido e portatore di istanze fondamentali. Si tratta di trovare sempre il sistema per soddisfarle in ogni modo possibile. Si parla prima di tutto delle famiglie dei caregiver familiari, già provate dalla cronica insufficienza del supporto al familiare con disabilità e al genitore; spesso monoparentali e recluse in casa a causa delle difficoltà ad organizzare quell’uscita già limitata per le troppe barriere esistenti e oggi “ufficialmente” vietata anche per la temporanea (speriamo) scomparsa dei servizi ospedalieri dedicati.

L’assistenza a domicilio, sanitaria, socio-sanitaria e scolastica, sia per bambin*, alunn* delle scuole, sia mirata a persone adulte, potrebbe essere una soluzione, ma presenta delle evidenti incongruenze con le misure di emergenza stabilite dal Governo per garantire la salute della collettività. Pur limitando il rischio al rapporto assistente-assistito, quindi evitando il contatto tra gruppi di persone, è infatti impossibile garantire con certezza il contenimento del rischio di trasmissione del virus. 

Con l’eccezione di possibili accordi che rientrano nell’organizzazione della progettualità individualizzata, ma che lasciano aperti non pochi interrogativi sulle responsabilità di eventuali contagi a una o entrambe le parti dovuti al contatto ravvicinato. E senza dimenticare che è imprescindibile che tutti, assistiti e assistenti, abbiano i dispositivi di protezione necessari, sia la informazione e formazione per gestire le varie realtà che possono incontrare, ben sapendo che la certezza matematica di evitare il contagio si ha forse solo in ambienti sterili e con i dispositivi di protezione in uso nei reparti ospedalieri dedicati alle malattie infettive.

La problematica origina dal fatto che una parte, le famiglie, che tutti i giorni convive con una certa emarginazione che arriva appunto agli estremi per i caregiver familiari, si è trovata con il nulla, soli senza alcuna azione di sostegno da parte degli Enti; dall’altra gli assistenti -domiciliari, OSS, educatori, all’autonomia e alla comunicazione- ai quali lo “stipendio” (spesso già di importi troppo bassi nonostante la loro funzione preziosissima e che viene riconoscono solo se l’attività di assistenza è effettivamente erogata) rischia di venir meno con le gravi conseguenze facilmente immaginabili.

Per mitigare la situazione l’idea è stata di prevedere l’assistenza domiciliare in regime di emergenza, senza però poter assicurare l’assenza del rischio di contagio reciproco.

In sostanza, l’emergenza Coronavirus ha messo in evidenza che il sistema era stato organizzato ormai da decenni per fornire un livello sempre più precario a entrambe le parti. E in una situazione come quella odierna i continui tagli all’assistenza hanno fatto emergere le criticità di tutti. 

Come uscirne? 

Solo rivedendo radicalmente la gestione scellerata arrivata sin qui, facendo rientrare le figure professionali degli assistenti nelle categorie già presenti nel pubblico e, in particolare per la scuola, nell’organico del MIUR. Immediatamente.

Ma le criticità non terminano certo qui.

Se e quando nel comparto scolastico l’assistenza scolastica domiciliare non può essere garantita, ogni sforzo deve essere fatto per avvicinare la didattica a distanza alle esigenze di allieve e allievi delle scuole di ogni ordine e grado, in particolare per quelli con disabilità. Ricordando sempre che anche per quella a distanza, una didattica inclusiva avvantaggia tutti gli studenti.

Purtroppo in questi anni una larga parte della scuola non ha lavorato o non è stata messa in grado di lavorare alla diffusione della didattica inclusiva che sfrutta le tante tecnologie disponibili per la scuola a distanza. Per farlo adesso con urgenza le scuole devono organizzare dei gruppi di lavoro con i docenti esperti sul digitale. Iniziare è semplice: sul web è disponibile moltissimo materiale gratuito da siti e social network. Le esperienze a livello nazionale non mancano e si possono sfruttare le offerte di editori e software house attivate recentemente. Sono cose note ai referenti per la disabilità come nei CTS/CTI. Mettiamole in pratica, ma cerchiamo di farlo in modo coordinato organizzando il lavoro: che i GLI e GLO si trovino in videoconferenza per individuare e declinare su questa prospettiva gli obiettivi e le strategie dei PEI, valutando caso per caso se e come sia possibile farlo, studiando le modalità inclusive da mettere in atto, includendo la fondamentale partecipazione degli assistenti, educativo culturali e all’autonomia e alla comunicazione. Sono pratiche didattiche anche di semplice attuazione da parte di chi non ha particolari capacità o desideri tecnologici. 

Basta volerlo fare.

I Dirigenti Scolastici devono istituire dei tavoli di lavoro mettendo in rete le tante risorse sui territori, famiglie e associazioni incluse. 

Per finire il discorso scuola, oggi vengono a galla i danni della “buona scuola”, tra i quali uno dei principali è il taglio dei GLIP, Gruppi di Lavoro Interistituzionali Provinciali, dove si discutevano le strategie a livello territoriale. Oggi più che mai sarebbero stati una fonte preziosa di inclusione dove i vari Enti territoriali (ASL/ATS/ASST, Comuni, Provincia, Associazioni, ecc.) avrebbero potuto lavorare per gestire l’emergenza.

Solo un lavoro concertato può gestire le eventuali impossibilità delle famiglie ad accedere ai contenuti online e alla didattica a distanza, vuoi per connessioni dati inadeguate o per hardware e software che hanno costi da affrontare considerati come non prioritari rispetto alle esigenze primarie di assistenza. 

I dirigenti degli Uffici Scolastici devono convocare urgentemente delle videoconferenze con tutti gli Enti un tempo partecipanti ai GLIP/GLIR; il Governo deve ripristinarli immediatamente. E, in prospettiva futura, il Governo deve eliminare la Legge 107/2017 e tutti i decreti applicativi successivi. 

Credo sia l’unico modo per iniziare ad avvicinare tutti gli studenti e le famiglie, alle tecnologie informatiche permettendo di utilizzarle secondo le caratteristiche di ognuno, secondo il principio della “scuola di tutti e di ciascuno”, anche per la didattica a distanza.

Giovanni Barin
Genitori Tosti, vicepresidente

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Inclusione scolastica: tra veri e falsi

Repetita iuvant. Ma forse no.
La storia purtroppo si ripete: la ri/ri-riforma dell’inclusione scolastica si sta concretizzando. Come si temeva, briciole inclusive nascondono una Legge con potenziali distruttivi per l’inclusione, lasciando pieno arbitrio e potere a persone lontane dal contesto locale dove vivono alunni e studenti con disabilità.
Già il fatto che l’atto venga emanato nel periodo estivo, nel solco della peggior abitudine politica di evitare il confronto (famiglie e docenti sono in vacanza) lascia presagire un Atto rischioso.
Quando sarà disponibile faremo l’esame del testo completo, ma fin d’ora la conferma della nascita del GIT e l’assenza di garanzie qualitative del processo inclusivo lascia intravedere grossi problemi gestionali. Esiste una garanzia perché il GIT non diventi l’Ente preposto al taglio delle ore di sostegno e un’ulteriore barriera, assieme a falsi PEI, per rendere difficoltoso il ricorso ai tribunali? Dove sono le garanzie sulla qualità del sistema inclusivo? Quali le garanzie per avere un inizio d’anno scolastico meno disastroso degli scorsi anni?
Genitori Tosti aveva chiesto delle logiche del tutto diverse, innanzitutto con l’abrogazione del DLgs 66. I miglioramenti possibili al sistema scolastico inclusivo sono tanti, ma dovevano partire dal testo originale della Legge 104/92; invece, è stato il ghiotto pretesto per modificarla, diminuendo i diritti di tutti. Tra l’altro, un cambiamento con profili anticostituzionali.
Alla fine non possiamo che constatare amaramente che quanto avevamo scritto qui https://www.genitoritosti.it/?p=2339 il 2 ottobre dello scorso anno è rimasto inascoltato.
Dall’approvazione della Legge 107/2015 “buona scuola” fino a quest’ultima stagione di proposte di modifica del decreto attuativo DLgs 66/2017 con relativi emendamenti ed audizioni, troppi hanno eluso il dovere morale e professionale cercando il consenso, nutrendo il proprio ego nell’apparire a fianco della politica, ben sapendo che la disponibilità a cambiare il testo della legge sarebbe stata ancora una volta una presa per i fondelli. In entrambi i periodi emendativi con entrambe le maggioranze al governo, avevamo proposto a persone, gruppi, associazioni, federazioni di essere compatti nel non partecipare alle audizioni per gli emendamenti, chiedendo, uniti, esclusivamente l’abrogazione del DLgs 66/2017 e, in toto, della Legge 107/2015.
Oggi queste ultime ridicole modifiche al dlgs 66/2017 vengono vendute dai politici come nuovi progressi inclusivi; da chi ha cercato visibilità con le audizioni, come il nuovo male. Tra qualche settimana saremo nuovamente e ancor di più nella melma.
Grazie a chi ci ha portato a questo.

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A scuola zero diritti per i nostri figli con disabilità

Quando sono a scuola, i bambini e i ragazzi con disabilità sono tutelati nel loro diritto allo studio?

Se sono decenni che le famiglie con disabilità si confrontano ininterrottamente su questa domanda, la risposta, scontatamente, è negativa. Forse non del tutto, certo, ma oltre alcuni esempi di buona inclusione, troppi sono i casi di discriminazione, meno o più grave. Recentemente, è con la Legge 107/2015 che si è persa l’occasione per dare una svolta all’inclusione scolastica nel verso del pieno rispetto dei diritti delle persone con disabilità a scuola; anzi, quella Legge ci sta conducendo verso la più bieca discriminazione e non solo per gli alunni ma anche ai docenti di sostegno. Ancora più recentemente, lo scorso 26 giugno abbiamo assistito all’ennesimo scandalo, quando il neo-Ministro Bussetti ha siglato l’accordo coi sindacati: per eliminare uno dei danni della Legge 107/2015, si è scelto ancora una volta di usare il sostegno scolastico per le persone con disabilità come tappabuchi del contratto dei docenti. Giusto è difendere il diritto al lavoro e alla famiglia, ma come la mettiamo con il  diritto di bambini e ragazzi con disabilità e delle loro famiglie che l’anno prossimo vedranno calpestato per l’ennesima volta nell’assistere ad una altra squallida girandola dell’assegnazione dei docenti di sostegno? Già, e quando?, perché dovranno sorbirsi ancora il danno dei mesi iniziali senz’alcun docente di sostegno! E non apriamo qui il tema dell’assegnazione stessa dei docenti di sostegno, dell’assistenza all’autonomia e alla comunicazione ed educativa! Tuttavia, è chiaro che provvedimenti adottati fuori da un discorso unitario ed organico portano solo ad ulteriore caos, come è sempre accaduto negli ultimi anni. Solo risolvendo le problematiche per le persone più fragili si assicura il benessere anche di chi fragilità non ne ha; ma non vale il viceversa.

La scelta di non abrogare la Legge 107/2015 (e i seguenti decreti attuativi) porta con sé queste ed altre gravi problematiche.

Come famiglie avremmo voluto vedere difeso per primo il diritto delle persone più fragili, con una gestione oculata della delicata situazione imposta dall’ex Ministro Fedeli, per poi programmare una road map per risolvere il tutto nel corso dei prossimi anni scolastici e rispettando il fondamentale principio della continuità della Legge 104/92; solo un decreto urgente del Ministro Bussetti può ripristinarlo.

Ci auguriamo che un dialogo costruttivo possa finalmente animare positivamente il rapporto scuola/diritti, nel pieno rispetto di quella legislazione che, sempre più solo sulla carta, è simbolo nel mondo dei diritti delle persone con disabilità. Temiamo, invece, che i nostri figli saranno ancora una volta il capro espiatorio dell’incapacità gestionale a tutti i livelli del bene  pubblico. Corre perciò l’obbligo di ricordare che nel recente passato le famiglie con figli con disabilità a scuola hanno rivolto ai tribunali una variegata serie di ricorsi, nella pressoché totalità vinti e pubblicizzati; non esiteranno a proporne ulteriori per difendere in giudizio ciò che logica e buon senso vedrebbe come normale prassi dello Stato. Nondimeno, sarà interessante vedere il costo che andrà a sommarsi a quello, già enorme, delle precedenti scelte inefficienti e discriminatorie.

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